…Poi lo Spirito sconvolge previsioni e auspici e la Chiesa compie scelte impreviste.

Arriva così il Papa americano e decide di chiamarsi Leone XIV.

Nel nome, come si sa, c’è il destino. Sceglie riferimenti e modelli lontani, forse anche quello di chi fermò Attila alle porte di Roma. Più probabilmente riprende la via tracciata da un Papa che alla fine del XIX secolo chiese ai cattolici di lasciare il recinto dei dogmi e dei rancori, di aprirsi alla umanità perché la forza della Chiesa non risiedeva nel regno che le era stato strappato, ma nel Vangelo e nelle sue Beatitudini.

Spiegò ai cattolici che erano fratelli dei poveri nel mondo, degli sfruttati, dei deboli, delle “misere plebi”, di tutti coloro che il capitalismo sfrenato e senza regole aveva privato dei diritti e delle speranze e trasformato in macchine del profitto.

Con la Rerum Novarum, nel 1891 Leone XIII volle che la Chiesa si mettesse in ascolto del mondo. Spiegò che la tutela dei poveri, le loro lotte, non dovevano essere esclusivamente affidate al socialismo marxista e ateo. Che la religione non era l’oppio dei popoli.

Nacquero allora i vescovi e i preti “leonini”, così furono chiamati. Quelli che anche in Sicilia si fecero carico degli zolfatari, dei braccianti, dei contadini e dei diseredati.

Quei preti che in quasi tutti i paesi fecero nascere le Casse rurali per combattere l’usura e consentire a chi non otteneva credito dalle banche di avere l’indispensabile anche per comprare le sementi. Che fecero le cooperative per mettere insieme risorse e creare comunità di interessi e di valori.

Quel Papa spiegò che lo sviluppo e la giustizia non dovevano essere per forza barattati con il dispotismo e che i cattolici non dovevano rimanere subalterni alla borghesia. Da lì iniziò una storia, in Italia e in Europa, che li vide protagonisti anche di vita politica lungo quel filone che porterà nel tempo alla costituzione in Italia del Partito popolare e altrove di formazioni analoghe.

Con la Rerum Novarum imparata quasi a memoria e con il sunto del pensiero di Giuseppe Toniolo, il sociologo ed economista che affiancò Leone XIII e diede consistenza scientifica al suo messaggio, negli anni Cinquanta andavo in giro nelle parrocchie della Diocesi di Agrigento per diffondere la dottrina sociale della Chiesa. Per dire che la Chiesa era dalla parte della povera gente.

Leone XIII rimaneva ancora a quel tempo un riferimento forte e costante e la Rerum Novarum un deposito al quale attingere per aggiornare un progetto di sviluppo e di giustizia.

Il nuovo Papa appartiene ad un’epoca del tutto diversa. È a capo di una Chiesa sempre più universale, cattolica appunto, Leone XIV è “l’altro americano” e ha parlato subito di “pace disarmata e disarmante”, di ponti e non di muri, ha dato un segnale a quegli uomini e a quelle donne che ha conosciuto in Perù, a quelli che vivono in tante periferie della terra e cercano di trovare speranza e rifugio venendo respinti e umiliati.

Il nuovo Papa ha scelto un nome che ha un senso opposto alla bieca logica di chi vuole egemonizzare il mondo con la ricchezza e con il monopolio della tecnica e già si è “meritato” l’accusa di comunista da quella virago, da quella erinni della corte di Trump e di Musk che si fa fotografare felice davanti la gabbia dove sono rinchiusi i disperati da deportare.

Parla di “pace disarmata e disarmante” Leone XIV, a chi, per un disegno imperialista, violando il diritto internazionale, ancora una volta usa le “plebi” come carne da cannone per aggredire e conquistare. Parla di ponti a chi immagina deportazioni di massa per far sorgere sulle terre antiche dei loro padri lussuosi resort. Parla di giustizia a tutti coloro che restano convinti di poter godere le loro ricchezze allontanando dalla vista gli scarti del mondo.

Di Papa Prevost occorrerà conoscere ancora la forza spirituale, la visione teologica, l’energia morale, il vigore profetico. C’è da sperare comunque che, anche con modi diversi, prosegua lungo il cammino tracciato da Francesco. Che anche lui, nel nome, aveva scelto un destino.

Con il nuovo Pontefice la Chiesa continuerà ad accogliere, riconoscere e curare tutti, chi ha fede e chi non ce l’ha, chi è cattolico e chi professa altre religioni.

Leone XIV dovrà dare ancora voce a tutti coloro che voce non hanno, rendendola più alta e più vera di quella della prepotenza. Egli potrà ricordare Agostino: “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio di cambiarle”.