C’è chi ne fa una questione di principio e chi i principi li calpesta alla prima occasione utile. Il passaggio da partito di lotta a partito di governo è per il Movimento 5 Stelle un campo minato, in cui la scarsa esperienza grillina rischia di seminare figuracce. L’ultima, in ordine di tempo, arriva da Niscemi. Dopo essersi battuti per un decennio buono a favore della causa ambientalista, il Ministero della Difesa, attraverso l’avvocatura dello Stato, ha presentato una memoria al Cga (che in Sicilia è il secondo grado della giustizia amministrativa) per chiedere di non tenere in considerazione i ricorsi dei No-Muos e, sommessamente, di andare avanti con il radar a emissioni elettromagnetiche, di proprietà degli Stati Uniti, entrato in funzione nel 2016.

Una questione di salute, e di principio, che ha segnato parecchie campagne elettorali. E che puntualmente si è trasformata in enigma irrisolvibile quando il malloppo è finito sui tavoli del governo di turno. A segnalare questa incongruenza atavica è Claudio Fava, deputato dei Cento Passi e presidente della commissione regionale Antimafia: “Si può essere d’accordo o meno con il Muos. Però bisogna conservare con coerenza le proprie convinzioni. Non è possibile cambiare opinione solo perché si passa dall’opposizione al governo. Sembra un film di Totò”. E si addentra subito nella questione: “Quando sedeva fra i banchi dell’opposizione, Musumeci parlava di diritto alla salute dei siciliani e delle ingerenze altrui in una Sicilia militarizzata… Poi scopriamo anche la Regione, oltre che il comune di Niscemi, ha autorizzato i lavori di manutenzione straordinaria e l’allargamento della basa senza che nessuno sapesse nulla. Ci si muove, cioè, nella direzione opposta rispetto a quella auspicata. E lo stesso vale per i Cinque Stelle”.

Segno che all’opposizione è molto più semplice lanciare strali e proclami?

“Prenda Pio La Torre: non era l’ultimo dei dirigenti politici, il suo partito si chiamava Partito Comunista Italiano. Un grande partito di massa, con milioni di iscritti e un segretario come Enrico Berlinguer. Quando nell’ ‘80 Berlinguer decise che la linea del Pc era quella della fedeltà all’Alleanza Atlantica e che a Comiso si dovevano mettere le testate nucleari, La Torre organizzò la più grande manifestazione della storia repubblicana in Sicilia. Mi sarebbe piaciuto che alcuni di questi giovani pentastellati avessero avuto la capacità di continuare a sostenere le loro ragioni, anche quando i loro capetti sono andati al governo e per ragioni di opportunità, di compenso o alleanza politica devono fingere di aver cambiato idea. La storia politica siciliana affonda in questa viziosità di idee affermate come se fossero irrinunciabili e rivoltate come un calzino il giorno dopo, non appena la rinuncia appare utile dal punto di vista delle alleanze elettorali”.

Ha presentato una mozione all’Ars: cosa chiede?

“Chiedo all’Assemblea, nei limiti delle sue competenze, di aprire un’interlocuzione con il governo centrale, di intervenire per le cose di sua competenza (ad esempio le ultime autorizzazioni rilasciate), e soprattutto di dare un segnale politico. Non si può far diventare il Muos un oggetto di cabaret come ha fatto in modo indecente il signor Crocetta che diceva “passeranno sul mio corpo”, salvo poi mettersi sull’attenti dopo aver ricevuto la telefonata dell’ambasciata americana”.

Cosa dovrebbe fare Musumeci?

“Aprire un contenzioso serio con l’ambasciata americana e con il governo centrale, assumendosi delle responsabilità. Un intervento da magnifico oratore dai banchi dell’opposizione è gratis, un intervento di governo, di decisione e di indirizzo politico, gratis non è. Evidentemente non c’è alcun interesse da parte di Musumeci né dei Cinque Stelle, i quali ritengono che essere al governo, a Roma, dia ragioni più che sufficienti per dimenticarsi di tutto ciò che avevano costruito con le battaglie sociali, sul territorio, fino al giorno prima”.

Un altro terreno di scontro è quello dei rifiuti. Lei ha detto no all’ennesima discarica privata a Centuripe, nell’Ennese, e da sempre guarda con sospetto al mondo affaristico che si è sviluppato attorno alla monnezza

“La situazione attuale è il lascito del precedente governo. Circa l’80% dei rifiuti prodotti in Sicilia finiscono in discarica, ed esistono quattro grandi discariche private per un profitto di centinaia di milioni di euro l’anno. Questo quadro andava cambiato, ma non attraverso dichiarazioni e proclami. Piuttosto, invertendo una consuetudine, cioè quella di non investire sugli impianti di compostaggio e sulla raccolta differenziata. Le tre aree metropolitane sono abbondantemente al di sotto del 30% che è la soglia minima per poter ragionare su un altro sistema di smaltimento”.

Dissesto idrogeologico. E’ il tema dell’autunno, in un’agenda politica dettata dal “maltempo”. Il governo sta attuando alcune misure e Musumeci se l’è presa coi burocrati. Provocando scosse anche nel Genio Civile di Palermo e Catania. Condivide la mossa?

“In parte. E’ evidente che ci siano responsabilità gravi da parte della burocrazia. Ma non si può scaricare le proprie inerzie sulla incapacità della burocrazia. Non è la burocrazia del Trentino o della Val d’Aosta ma della Sicilia. Musumeci è il capo del governo regionale. Aveva promesso una riforma globale della pubblica amministrazione, ma dopo un anno siamo ancora al palo e ci ritroviamo con il 70% dei dirigenti nelle sedi periferiche, uno squilibrio imbarazzante nelle risorse umane fra un assessorato e l’altro: ad esempio quello al Lavoro conta 2500 dipendenti, mentre quello alle Attività produttive, che si deve occupare di più di 400 mila aziende siciliane, ne ha appena 150 dipendenti”.

Cosa farebbe al suo posto?

“Io, da presidente della Regione, o decido di candidarmi dicendo “subirò le storture e le malattie congenite della pubblica amministrazione”. Oppure, se prometto una riforma della pubblica amministrazione, sapendo che è un fatto determinante per i nuovi assetti della Regione, pongo questa come la battaglia prioritaria, da cui dipende la mia permanenza alla guida del governo. Se non riesco a mantenere gli impegni, faccio le valigie e vado via”.

Mettere in sicurezza il territorio, anche alla luce della disgrazia di Casteldaccia, è davvero la priorità?

“E’ la più importante delle priorità. L’80% dei comuni siciliani si trova su un territorio a rischio idrogeologico grave. Siamo ostaggio di un temporale che diventa calamità naturale a causa della mancata manutenzione dei fiumi, delle rive, delle pendici, delle colline. Tutto questo deve diventare oggetto di una grande iniziativa del governo regionale”.

Spostiamo, per un attimo, il focus sulle vicende che riguardano la commissione Antimafia da lei presieduta. Crocetta vi ha dato buca perché diceva di trovarsi all’estero, in realtà era a mangiare al ristorante dell’Ars. Come l’ha presa?

“Ci sono rimasto male per lui. Si poteva risparmiare una figura da pirla di queste dimensioni. Poteva dire “non vengo perché sono imputato” o “non vengo perché prima preferisco parlare coi magistrati”, evitando queste pantomime che gli si ritorcono contro. Il giro delle audizioni sul caso Montante terminerà fra due settimane. Molti elementi raccolti fin qui rinviano a una sostanziale inadeguatezza del governo Crocetta. Sarebbe stato utile avere l’ex presidente per capire come questo governo parallelo potesse interferire direttamente con l’agenda del governo regionale. Ci mancheranno le sue controdeduzioni, ma ce ne faremo una ragione”.

Tra poco, a Roma, sarà in discussione il testo del decreto Salvini, che somma le questioni legate a immigrazione e sicurezza. C’è anche un accenno al potenziamento dell’agenzia dei beni confiscati alle mafie. Un reale progresso nel contrasto alla criminalità organizzata?

“Non credo che la lotta alle mafie trarrà giovamento da questo decreto. Trarrebbe giovamento se fosse considerata una priorità. Priorità vuol dire mettere in relazione strutture, mezzi, risorse, leggi, intenzione politica di un governo che dice “questo è il punto su cui ci giochiamo la faccia e il futuro”. Che la presenza delle mafie nell’economia reale del paese sia un elemento distorsivo di impoverimento sociale, è un fatto inoppugnabile. Eppure nessun governo ha mai pensato a indicarla come priorità assoluta e inevitabile. Noi continuiamo a pagare in termini di pedaggio alla corruzione 80-90 miliardi l’anno. Abbiamo una parte significativa del Pil subordinata all’economia mafiosa, che è parallela e devastante. L’Agenzia così com’è non funziona, ma non credo sia sufficiente il suo potenziamento se manca tutto il resto”.

Il Pd è in fermento e tutto il mondo politico guarda con interesse al congresso di febbraio. Pensa cambierà qualcosa nei rapporti di forza tra le sinistre? Vede all’orizzonte un ricompattamento?

“Sento che questo fermento è tutto dentro il Pd. Mi sarebbe piaciuto da Zingaretti, che è una persona che stimo e che ritengo un eccellente candidato, cominciasse a proiettarsi all’esterno di questo congresso. Per evidenziare che tipo d’Italia vuole costruire il suo Partito Democratico e in che modo intende azzerare una pratica che l’ha fatto diventare soltanto un ceto di eletti e non una risorsa al servizio della comunità. In questo mi pare che siano tutti con lo sguardo retroflesso. Ma è una condizione che accomuna tutta la sinistra. Liberi e Uguali è in agonia ed è diventata una zattera su cui ci si aggrappa per sopravvivere. C’è molto egoismo, individualismo e miopia in questo momento. E Salvini ha la strada spianata”.

A maggio è probabile che il quadro europeo esca modificato dalle urne. Come si contrasta il sovranismo imperante?

“Questa Europa, quella di Moscovici, è prigioniera di burocrati e burocratismi. Un’Europa in cui lo sforamento del debito di bilancio diventa un reato di lesa maestà. Ma è anche vero che la risposta offerta da Lega e Cinque Stelle è lontana dal nostro modo di pensare. Occorre trovare un terreno sul quale ricostruire un fronte che non è soltanto “contro”. Ma che vuole rappresentare un’idea di Europa che intende condividere quote di autentica sovranità sulle politiche sociali, previdenziali, sull’istruzione, sulla lotta alla criminalità organizzata. Uno scatto che fin qui non s’è visto. Non credo si possa costruire un’idea forte ed eticamente alta di Europa solo dicendo che non siamo né sovranisti né populisti. Per sottrazione non costruisci mai la buona politica”.