Nel mirino di Fiammetta Borsellino è finito Alfonso Bonafede, fresco ministro della Giustizia. Il motivo lo ha spiegato la figlia del giudice Paolo, che a oltre 26 anni dalla strage di via D’Amelio continua a esigere verità: “Per me esistono i fatti – ha detto durante un appuntamento in Feltrinelli, a Palermo – Il 19 luglio ho avuto un incontro con il ministro della Giustizia, mi è stato detto che si sarebbero aperti gli archivi del Sisde, ma sono passati mesi senza avere risposte di nessun tipo: né su questo fronte né su quello di eventuali procedimenti disciplinari doverosi da parte del Csm”, ha detto Fiammetta Borsellino. “L’intervento del Csm è necessario – ha aggiunto – non perché si vogliano individuare dei capri espiatori, ma perché in uno Stato di diritto si deve partire dall’accertamento delle responsabilità, soprattutto nel momento in cui si sono configurati illeciti così gravi che hanno mandato a monte completamente la possibilità di arrivare alla verità sulla strage”.

Come aveva spiegato Claudio Fava a conclusione delle audizioni in commissione all’Ars, esiste “un concorso di responsabilità che va oltre l’ex procuratore di Caltanissetta Tinebra e l’ex capo della Squadra Mobile La Barbera e chiama in causa magistrati, vertici dei servizi segreti e della polizia di Stato”. I nodi ancora non si sciolgono. E Bonafede farebbe bene (forse) a mantenere le promesse.