Il tarlo di Gianfranco Micciché ha un nome e un cognome: Matteo Salvini. Leggendaria la “scazzottata” estiva, in cui il presidente dell’Ars – dopo il blocco delle operazioni di sbarco della Diciotti – diede dello “stronzo” al leader della Lega. Ma l’ira e il malcontento del commissario regionale di Forza Italia non si sono esauriti. Così Micciché è tornato sulla questione, a distanza di settimane e in un palcoscenico più “formale”, come la festa degli azzurri organizzata dal presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, a Fiuggi. E in un momento storico particolare, all’indomani cioè dell’incontro fra il Ministro dell’Interno e Berlusconi per definire gli accordi in vista delle prossime Regionali (oltre che su altre questioni non banali).


“Mi hanno rimproverato perché gli ho dato dello stronzo, ma forse è stato poco – ha attaccato Micciché – Per Forza Italia è un momento difficile, siamo diventati servi di Salvini. Ti prego Antonio (rivolto a Tajani), portaci via da questo. Continuiamo a far crescere la Lega e perdiamo voti al Nord. In compenso, se si fa l’analisi del voto, in tutte le regioni del Sud siamo ancora al 20%. E comunque vi avrei invitato tutti a bordo della Diciotti per vedere se Salvini è un leader”. Stando agli applausi e all’ovazione ricevuta dal presidente dell’Ars in alcuni punti, i più taglienti, della sua invettiva, gli umori del popolo di Forza Italia non sembrano poi così distanti da quelli di Micciché. Che ringalluzzito torna a casa: certo che il moderatismo azzurro esiste ancora. “Scusa Tajani se ti metto in difficoltà – ha concluso la sua arringa il leader di FI – Ma a me razzista non mi ci faranno morire”. Sipario.