Sarà per quell’aria da bravo ragazzo, da persona beneducata che bussa e chiede permesso prima d’entrare, per quel garbo da amico discreto ma Massimo Minutella, nonostante sia titolare di uno dei talk più longevi dell’emittenza televisiva regionale, fondatore-promoter-intrattenitore di un’orchestra che allieta le serate nei teatri e nelle piazze, ideatore-conduttore di un festival canoro che da sette anni riunisce attori e comici siciliani alle prese con le cover di grandi successi, è un uomo di spettacolo che quasi si schermisce dal protagonismo.

Timidezza, riservatezza, pudore. «Quando qualcuno mi riconosce e mi ferma per strada divento ancora rosso». Vita privata top secret. «Ho 45 anni, sono innamorato e per fortuna ricambiato da un anno, un paio di storie importanti alle spalle, sono stato single per molto tempo, non sono il tipo da avventure. Quando “Casa Minutella” era agli inizi e dovevo fare anche il fonico, a microfonare Sabrina Ferilli o Claudia Gerini mi venivano i sudori freddi».

Si scioglie un po’ quando parla di radici. «Sono nato in una famiglia modestissima, quattro figli maschi di cui due gemelli e uno dei due sono io. Il necessario, niente superfluo. Mia madre era bravissima con le patate: in tempi di magra erano la soluzione tra pranzo e cena ma lei non ce ne faceva accorgere perché le cucinava in mille modi diversi. Sono stato educato alla parsimonia, alla condanna dello spreco. Non sono tirchio ma se devo spendere 100 euro, faccio piuttosto un regalo a un amico che comprare qualcosa per me».

«Casa Minutella» ha chiuso su Trm la sua 14ª stagione e ad ottobre partirà con la 15ª come sempre dal martedì al venerdì con tre o quattro ospiti a puntata. Per l’estate Minutella se ne va a spasso per la Sicilia con la sua Lab Orchestra: città, paesi grandi e piccoli, isole minori. Ha cominciato con una radio di Terrasini, Radio Studio Gamma («quando il segnale arrivava a Balestrate era un successo»), ha fatto il dj per le feste nei «villini» di villeggiatura per pagarsi le ripetizioni di matematica perché sempre rimandato a settembre («c’erano serate in cui riuscivi a guadagnare fino a 150mila lire»), poi conobbe Ficarra & Picone agli esordi e gli fece un po’ da manager («gli piazzavo qualche spettacolino qui e lì»). Il debutto nella radiofonia un po’ più titolata è targato RadioMed dove si occupava di calcio ma a latere perché la passione era quella per l’intrattenimento tout court, poi una rubrica a Radio Spazio Noi, l’emittente della Curia dove lo presentò il fratello gemello, sacerdote: «Trasmettevo di notte, una volta ospitai Ernesto Maria Ponte e Sergio Vespertino che fecero volare parole non proprio consone alla linea editoriale di un’emittente come quella, il vescovo si infuriò e mi cacciarono».

“Scomunicato”. Come, qualche anno più tardi, il gemello parroco, Alessandro, stavolta senza virgolette però. Lui ne parla con dolore e con affetto: «Un gemello è più che un fratello, è l’esatta metà di te. A un certo punto lui non si è più ritrovato nella chiesa di Papa Francesco e lo ha manifestato con parole e fatti. Ma della sua vocazione sono sempre stato certo. Da bambini facevamo un baratto: lui stava ad ascoltare me che mettevo sul giradischi i 33 giri e li presentavo come facevano a quei tempi alla radio Federico l’Olandese Volante o Awana Gana, io invece stavo ad ascoltare lui che “giocava” con grande serietà a officiare la Messa.  Ho sofferto parecchio quando a 16 anni ci separammo perché lui partì per il seminario. E mi rattrista la sua situazione adesso. Ma lo rispetto, è mio fratello. E comunque la cifra cristiana me la porto sempre appresso, non è un caso che spesso finisca le puntate di “Casa Minutella” salutando con un “fate i bravi” o “che Dio vi benedica”. Una volta un presentatore di notorietà nazionale mi disse: “Hai la bocca troppo pulita per fare questo mestiere”».

Lui continua a tenerla pulita. «E’ un lavoro in cui devi metterti al servizio di chi ti ascolta, di chi ti guarda». Accentratore però dietro le telecamere di «Casa Minutella»: «Mi occupo di tutto, della redazione, degli ospiti, dell’organizzazione e infine della conduzione». Quattordici anni, centinaia di puntate e di invitati: attori, cantanti, personaggi della politica e della cronaca. E si diverte con il «suo» festival: «Mi sono detto: non presenterò mai Sanremo e così ho inventato “Nonostante tutto noi cantiamo” dove attori, comici, cabarettisti vengono per tre sere e si divertono insieme a me sperimentando un’esperienza per molti inedita». Dal festival è nata la Lab Orchestra: «Una formazione straordinaria di musicisti e un coro con i quali a un certo punto ci siamo chiesti “perché non portare allegria alla gente nei teatri, nelle piazze?”. Io non canto, faccio il capobanda, il giullare, quello che racconta com’erano gli anni in cui avevano successo le canzoni che di volta in volta proponiamo».

Nessun rimpianto: «Avrei potuto bussare a mille porte tanti sono i vip che ho conosciuto, non ho mai fatto la valigia, forse è passato il famoso treno e io non l’ho visto passare, chissà. Ma sono contento così, anche se questo è sempre un mestiere precario tanto che ti chiedono, nonostante ti vedano tutti i giorni in tv, “ma tu che lavoro fai?”. Ho scelto di vivere a Cinisi, dove andavamo a villeggiare in estate, abito in paese, dove non devi litigare per un parcheggio, dove saluti tutti al bar, dove sei lontano dal presenzialismo della movida di città. E dove, se sono triste, al tramonto prendo la bici e vado ad ascoltare il mare a Magaggiari che è la mia spiaggia da quand’ero bambino».