E si insediarono tutti felici e contenti. E’ nato il governo della XVIII legislatura. Dopo 88 giorni di tempesta, il giuramento al Quirinale ha sancito la fine delle ostilità e, per dirla con il Capo dello Stato Sergio Mattarella, l’inizio di un nuovo tempo della concordia. Chissà quanto potrà durare.

Il dato di fatto è che dopo un lungo tira e molla, una crisi istituzionale senza precedenti, una richiesta di impeachment senza precedenti, il Movimento Cinque Stelle, nato in piazza da un vaffa-day (perché è importante ricordare da dove si viene) ha trovato spazio alla guida del Paese. Assieme a un alleato che di moderato ha poco o nulla: quella Lega privata del suffisso Nord ma che già due minuti dopo l’insediamento lanciava fulmini e saette nei confronti dell’Unione. Ed è solo un antipasto.

Mattarella, troppo preso (e provato) da una settimana infernale, ha evitato il primo richiamo. Ma non è da escludere che nell’arco dei prossimi anni sia costretto a un vociare deciso. Il ritrovo nel salone dei Corazzieri, per l’atto del giuramento, formalizzato tra sorrisi, complicità, battute, look stravaganti (Salvini in un colpo solo ha sfoggiato dei calzini verdi e un braccialetto della propria squadra del cuore, il Milan) ha segnato la conclusione più ovvia dopo il voto del 4 marzo, ma per niente ovvia guardando alla storia di questo Paese.

Due forze populiste nella medesima coalizione di governo è strano a dirsi e a pensarsi. Ma l’uomo che fino a cinque giorni veniva minacciato di linciaggio da un web impazzito, l’uomo che ha messo a rischio l’integrità della democrazia – parole loro – bocciando un ministro, l’uomo che fatto invocare la piazza nel solco dell’hashtag #ilmiovontoconta, bene, quell’uomo ha affermato i suoi diritti costituzionalmente sanciti e non ha costituito un intralcio, dando un governo – di certo non quello che avrebbe preferito, ma non è questa la sua prerogativa – al Paese. Provocando un piccolo assestamento del puzzle e rendendo anche il giorno del giuramento indimenticabile. La stretta di mano più attesa, e non poteva essere altrimenti, era quella fra Mattarella e Savona: fredda, perché le parti in causa hanno un elevato profilo istituzionale, ma accompagnata da un “grazie Presidente” che ha tanto il sapore di uno scoop.

E’ una politica che per un giorno – ma è sempre così quando si insedia un governo (tranne il celebre passaggio di consegne fra Letta e Renzi, impossibile non ricordare) – ritrova compattezza, voglia di lavorare, buoni propositi. Oltre al tempo della concordia è appena iniziato il tempo delle risposte.