Deve fare prima un lungo respiro. Bersi un caffè, in una saletta con Ignazio La Russa, uno che mette buon umore. Sarà un pomeriggio complicato. Giorgia Meloni lo sa. E’ in Senato per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Tuttavia da 24 ore ha una mosca (ma si può usare anche la m maiuscola) che le ronza in testa: Matteo Salvini, il suo vicepremier. L’unico esponente di punta di un governo occidentale che ha fatto i complimenti a Vladimir Putin per la rielezione. Sono passate 24 ore. I due non si sono ancora incrociati. E nel corso di questa giornata non lo faranno. Salvini non viene a Palazzo Madama. In mattinata ha gestito una fondamentale cabina di regia a Palazzo Chigi sull’emergenza idrica, di pomeriggio è rimasto al ministero. Il capo della Lega non è un pivello. Sa che il suo scranno vuoto ha un valore politico. Forse uno sfregio. O comunque un messaggio, l’ennesimo. Distanza. Meloni mette su uno dei migliori sorrisi. Entra in Aula. Sui banchi del governo l’unico leghista è Calderoli. Davanti, tra gli scranni, c’è Giorgetti. Continua su ilfoglio.it