Un equilibrio delicatissimo, che fatica a reggersi. E, a sentire una serie di diretti interessati, si reggerà ancora molto poco. C’è chi, usando parole d’impatto, forza un po’ la situazione. Ma la sostanza resta la stessa: nell’estate degli oltre 100mila migranti, arrivati mentre è al governo chi voleva il blocco navale e poi si è trovato di fronte alla nuda (e complessa) realtà, tutto ciò che riguarda l’accoglienza si regge su poche risorse e su tanta buona volontà. Che, però, da sola non basta più. E che sta scemando perché tutti – operatori, amministratori locali, privato sociale, ong – lamentano una cosa: l’incapacità del governo di gestire l’accoglienza dei migranti. Perché di questo si parla, di fermare gli sbarchi neanche si parla più. Anche i più duri e puri presenti nelle file della maggioranza e del governo hanno capito che quella era solo un’illusione utile a portare molti voti.

Tolti gli slogan, resta la realtà. E il silenzio di chi dovrebbe governarla: “Creeremo altri posti nell’accoglienza straordinaria, aumenteremo le espulsioni”, sono le parole usate dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Poi il silenzio, da parte di tutto il governo. Un silenzio che in questi giorni di sbarchi e di prefetti che chiamano i sindaci alla ricerca di dieci, venti, cento posti letto da un momento all’altro, si fa assordante. E infastidisce chi si trova in prima linea. Dai sindaci agli operatori delle Ong.

Ma è dai sindaci che bisogna partire per capire la complessità di queste settimane. Sono pochi quelli che dicono apertamente “nel mio comune non voglio migranti”, e sono lontani i tempi delle barricate di Goro. Molti sindaci di centrodestra continuano a essere molto restii all’accoglienza, ma ce ne sono alcuni – primo tra tutti Mario Conte, sindaco leghista di Treviso, che ha favorito la nascita di un protocollo per l’accoglienza diffusa e segnalato più volte che la politica del “no” non giova a nessuno. Perché, ci ha detto qualche settimana fa, “se non gestiamo la situazione la subiamo”. Una tesi, questa, condivisa anche dal governatore leghista del Veneto, Luca Zaia. Alcune crepe – dettate dalla necessità – si creano anche tra i sindaci di centrosinistra. Tanti di questi – come ha fatto il sindaco di Padova, Sergio Giordani, su HuffPost – a volte in asse con i colleghi di centrodestra, lamentano l’assenza di attenzione, la carenza di risorse, la reticenza nelle risposte di Roma, la mancanza di una direzione da parte del governo centrale. Si trovano a fronteggiare flussi mai visti prima e si dicono pronti all’accoglienza dei piccoli numeri. È l’accoglienza diffusa, che è molto praticata dai comuni, ma altrettanto osteggiata dal governo.

L’esecutivo, infatti, punta sulle grandi strutture ed è sordo alle proposte arrivate da più parti – dal Veneto, in primis – di ripensare il sistema. Un sistema che, per usare le parole di Matteo Biffoni, delegato Anci immigrazione, “è sull’orlo del tracollo”. “Tutto è saltato”; aggiunge Biffoni, che è sindaco dem di Prato. E si riferisce soprattutto all’accoglienza dei minori non accompagnati, per i quali il sindaco – spesso nominato tutore – è direttamente responsabile. Biffoni, come tanti altri colleghi, ha scritto al tribunale dei minori e alla prefettura dicendo che “con questi numeri, se ci vengono mandati ancora minori non accompagnati, noi non possiamo garantire che ci siano il rispetto delle condizioni stabilite per legge, e la responsabilità è dello Stato centrale. Non ci sono gli hub di primissima accoglienza, non ci sono le risorse per la mediazione culturale”. Quello della gestione dei minori non accompagnati è forse in questo momento il più sentito dei problemi. Il sindaco di Cremona, città che ne ospita 350 circa, ha già detto che la città – che da sempre accoglie – è “oltre il limite”. A Bologna, invece, come ha spiegato l’assessore Luca Rizzo Nervo, ce ne sono più di 500. Alcuni mandati delle prefetture, altri arrivati spontaneamente. Nel sistema dell’accoglienza, in tutta Italia, ce ne sono 25mila circa, diecimila arrivati dall’inizio dell’anno. A loro si aggiungono gli adulti. Sempre di più, in tutte le città.

Aumentano i migranti e si fa fatica a trovare posti per accoglierli. Non tanto per la quantità – i numeri, con un’organizzazione adeguata, sarebbero ancora ben gestibili – ma perché molti bandi sono andati deserti. Le storiche associazioni del terzo settore – dall’Arci alla Caritas – ai bandi per il Cas non partecipano più. Il decreto Cutro ha abbassato da 35 a 28 euro la cifra che viene corrisposta al giorno per ogni migrante e così, hanno spiegato qui ad HuffPost, non se la sentono di partecipare per poi offrire un servizio inadeguato. Che si limita, parole loro, “all’albergaggio”, senza pianificare una vera integrazione.

E se i sindaci del Centro-Nord se la prendono con il governo, quelli del Sud puntano il dito contro i loro colleghi settentrionali: “Ai sindaci del Nord che si lamentano per la distribuzione dei migranti dico solo che l’Italia è una e deve essere solidale. Quando, nel passato, tutto il carico era dei comuni siciliani, specie quelli di frontiera, noi abbiamo sopportato questo tipo di situazione. I problemi dell’immigrazione non si risolvono con la guerra tra poveri. Nonostante i numeri siano elevati non possono mettere in crisi un paese come il nostro. Insomma, a essere sincero, mi sembrano atteggiamenti demagogici”, dice Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, che tiene a ricordare quanto la prima accoglienza sia sempre stata fatta nei porti del Sud.

E a Sud gli sbarchi continuano, quelli autonomi e quelli delle Ong. La nave Aurora di Sea Watch è riuscita a ottenere il permesso di entrare nel porto di Lampedusa dopo che per molte ore lo aveva chiesto alle autorità. Le era stato assegnato il porto di Trapani per sbarcare i 72 naufraghi salvati nel Mediterraneo, ma l’imbarcazione – secondo quanto sostiene l’equipaggio – aveva pochissima benzina e una modica quantità di acqua. Per il caldo alcune persone iniziavano a svenire. Trapani era troppo lontana. Così, poco prima delle 18, la situazione si è sbloccata: “Stiamo entrando al porto di Lampedusa. Le autorità ci hanno dato il permesso di sbarcare le persone salvate. Non è chiaro se Aurora sarà bloccata. Ciò che è certo è che non avevamo scelta. Salvaguardare le persone è la nostra priorità e Trapani non è mai stata un’opzione praticabile”, hanno fatto sapere dall’Ong.

A Lampedusa, intanto, l’hotspot viene svuotato e subito si riempie oltre la capienza. Quotidianamente vengono effettuati trasferimenti per liberare i posti. Le varie operazioni da effettuare dopo gli sbarchi necessitano la presenza delle forze dell’ordine. E i sindacati di queste ultime fanno notare: “Nonostante la delicatissima situazione nel territorio e le limitate risorse in termini di uomini e mezzi, la polizia continua a garantire la sicurezza dei cittadini e dei migranti. È stato possibile solo grazie ai molti poliziotti che hanno rinunciato alle proprie ferie estive, rientrando anticipatamente per aiutare i colleghi nella gestione dell’emergenza, dimostrando un impegno straordinario e un senso del dovere”, fanno sapere le segreterie regionali del Siap-Sicilia e Anfp-Sicilia. Anche loro si dichiarano perplessi dalle dichiarazioni dei sindaci del Nord sulla redistribuzione.

Mentre il fronte dell’accoglienza fa quel che può, arranca e in qualche caso si spacca, il governo sta a guardare. Il Viminale è al lavoro, certo, e coordina le prefetture. A mancare, però, è la chiarezza sulla direzione che l’esecutivo vuole prendere in materia d’accoglienza. C’è chi tace e chi, invece, si esprime, sorvolando del tutto sul qui e ora. Secondo il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, il vero contrasto al fenomeno dell’immigrazione illegale “si fa a monte, creando condizioni di vivibilità nelle nazioni dalle quali spesso i migranti sono costretti a fuggire, per ragioni legate al dato economico, alla fame”. Il riferimento è al piano Mattei, annunciato dalla premier Giorgia Meloni: “Noi vorremmo liberare l’Africa da questo tipo di necessità e farlo insieme alle nazioni africane e devo dire che il lavoro di Giorgia Meloni è riconosciuto a livello internazionale”, ha concluso Lollobrigida.

Il problema è che questo è un obiettivo di lunghissimo periodo. Il presente, e il futuro prossimo, dell’accoglienza e dell’integrazione sono tutti da costruire. E il governo, composto da persone che sulla propaganda anti immigrati hanno costruito carriere politiche, non sa come si può fare. O, come insinua chi opera nel mondo dell’accoglienza, saprebbe anche qual è la soluzione – più risorse, più accoglienza, ma diffusa – ma non la vuole adottare. Perché le Europee non sono così lontane e la logica dell’emergenza continua a portare un certo consenso elettorale. Nonostante il bagno di realtà di queste ultime settimane.