I toni alti per rimarcare i concetti. Le parole decise per sancire la distanza. L’umore a pezzi. Quella con Antonello Cracolici non è la classica discussione sul momentaccio del Pd. E’ qualcosa che va oltre, che fa intravedere la fine di una storia per come l’abbiamo conosciuta. E maschera, tuttora, le decisioni da prendere per il futuro. A fissare il presente sono stati da un lato Teresa Piccione, che ha annunciato il suo ritiro dalla corsa per la segreteria dopo aver appreso, dalla commissione nazionale di garanzia, che la data per le primarie sarebbe rimasta invariata (il 16 dicembre); dall’altro la commissione regionale per il congresso che, all’indomani di questo ritiro, ha sancito – ma non ancora proclamato, perché spetta ad altri farlo – il nuovo segretario regionale del Partito Democratico: si tratta di Davide Faraone.

Lo stesso Faraone che per tutto l’arco della campagna congressuale è stato nel mirino di Cracolici: “Ma sapete – puntualizza subito l’ex assessore regionale all’Agricoltura – che a me non interessa attaccare le persone. Ma molte di queste sono interpreti di un pensiero: ossia costruire un Pd fuori dal Pd. Cioè un soggetto politico da concepire assieme ad alcuni attori del centrodestra”. E’ stato il tormento di Cracolici, della Piccione, di Lupo e di tutto il contenitore politico che ha sostenuto l’idea di un partito identitario e di sinistra, contro qualsiasi ipotesi di trasformismo.

Onorevole, siete reduci da uno sconquasso. Qual è il suo stato d’animo?

“Dire che sono disgustato è dire poco. Siamo di fronte a un atto di protervia, di arroganza, di assoluto disprezzo”.

La commissione avrebbe già deciso: Faraone segretario senza passare dalle primarie…

“Ma qui il tema non è il metodo. Il tema è che la rinuncia di Teresa Piccione inficia il percorso e delegittima chiunque possa essersi autoproclamato segretario di non so bene cosa… La decisione di ieri notte acuisce ulteriormente lo scontro. Ecco, direi che la parola giusta è sconcerto. Sono sconcertato per la irresponsabilità con cui è stato gestito il momento. Chiedo scusa a tutti quelli che pensavano al Pd come a uno strumento di battaglia democratica. E poi voglio che Lei rimarchi un concetto nel suo articolo…”.

Quale?

“Purtroppo nel Pd ci sono troppi disoccupati che fanno politica di professione. C’è gente che, non avendo un mestiere, si appiglia alla politica come l’ultimo baluardo di difesa della propria esistenza”.

In assenza di primarie, da chi sarà composta l’assemblea regionale del partito? Dei 300 delegati previsti, ne rimarranno 180 (tutti “faraoniani”) dato che i congressi dei circoli non sono stati celebrati?

“Non so che giochini si siano inventati questi azzeccagarbugli dei poveri. E non so come abbiano fatto a proclamare un segretario: è un compito che spetta all’assemblea. Penso che siano avvitati su stessi, nell’idea che una maggioranza numerica possa avere un’autorevolezza politica. Che non hanno. Credo che tutta questa vicenda finirà peggio di come si possa immaginare”.

In tribunale?

“Di fronte a una violazione così ripetuta di regole pare inevitabile. Le dimissioni della Piccione avrebbero dovuto consigliare un minimo di riflessione. Anche Zingaretti ha lanciato un appello agli altri candidati nazionali, per ricondurre il dibattito interno al Pd nel solco delle regole. Se non si rispettano le regole andiamo tutti a sbattere”.

A proposito di regole. Quale organo migliore della commissione nazionale di garanzia per dirimere la questione? Ebbene, hanno deciso che si doveva votare il 16.

“Tolga “di garanzia”. Non ha garantito un bel niente. La garanzia impone si possedere un principio chiave: quello della terzietà. Ma la faziosità con cui si è proceduto, negando ciò che è scritto nello statuto, con una inaudita superficialità d’approccio, mi lascia senza parole. Anche in quel caso si è deciso a maggioranza: ed è passata la linea di Raciti contro quella della Piccione”.

Ma pare che, al di là delle regole, il ritiro della Piccione sia stato determinato anche dal timore che ai gazebo potesse intromettersi qualcuno di Forza Italia…

“E’ palese. Per questo hanno cercato di rovesciare l’impostazione del congresso, anteponendo le primarie al voto nei circoli. Una mobilitazione esterna al Pd – da parte del ceto politico di altri partiti – avrebbe determinato un risultato altrimenti impossibile. E’ un modo immorale e poco serio di approcciarsi al rigore della politica. Gente di altri partiti che dichiara di andare a votare il segretario di un partito concorrente e avverso… Ma di che stiamo parlando?”.

Secondo alcuni dei suoi colleghi all’Ars (gli stessi che vorrebbero sfiduciare Lupo come capogruppo) la Piccione avrebbe avvelenato i pozzi quando ha capito di non poter vincere. Cosa replica?

“Si nascondono dietro un documento per minacciare chi? Lupo? Io, con tutto il rispetto, me ne fotto di questi signori. Mi pare un’accozzaglia che si mette assieme per dimostrare che hanno i numeri. Ma i numeri di che? Qui è in discussione la coesistenza. La politica non è un giro di giostra. L’onorevole Cafeo, per essere chiari, era minoranza fino al giorno prima e adesso è maggioranza. Come la Lantieri”.

Onorevole, ma nel gruppo parlamentare del Pd all’Ars riuscite a parlare oppure no?

“Diciamo che il gruppo del Pd non ha mai brillato per una vita democratica partecipata. Questa legislatura è nata male. E’ nata nel segno di una contrapposizione fra una maggioranza e un’opposizione, dei sei contro i cinque. Sono cambiati gli interpreti: prima Lupo stava con Faraone e Cafeo era contro. In questa logica dove ogni volta una maggioranza pensa di sopraffare il resto, tutto è effimero. Il Pd è diventato un partito instabile”.

Lei aveva detto che non si sarebbe mai fatto trascinare in un “Pd oltre il Pd”. E adesso che comandano gli “altri”, Lei che fa?

“Chi è che comanda? In politica si comanda coi voti. Il Pd che vogliono fare questi, ha già perso. Quel modello è stato indicato negativamente dagli elettori. Possono avere una maggioranza per definire gli assetti interni, ma questi assetti interni poi si misurano con il consenso esterno”.

Ma non ci ha ancora risposto…

“Io mi colloco nel Pd. Rimango fermo all’idea che il Partito Democratico sia la casa dei principi come l’uguaglianza, la solidarietà, il rispetto per gli altri. Non una lista elettorale – una visione secondo me povera e miope – che conduce al trasformismo. Non è che puoi fare un partito nuovo ogni volta che cambia la congiuntura politica”.

E’ una situazione che avrà riflessi anche altrove?

“Se una parte del Partito Democratico pensa di fare un partito con Micciché, è evidente che la vicenda siciliana è l’aperitivo di una battaglia nazionale. Non credo si possa fare in Sicilia e non nel resto d’Italia. Quindi è evidente che la Sicilia è il luogo di una sperimentazione politica che ha come teatro il Paese. Si sta giocando laddove esiste un terreno più fertile. Il partito oltre il Pd vorrebbe essere soltanto un partito antagonista a Lega e Cinque Stelle. Ma credo che gli artefici di questa operazione sono destinati a scomparire”.

Alla luce del caos degli ultimi giorni, teme che il Pd abbia perso altri voti in Sicilia?

“Di certo, non credo ne abbia conquistati”.