Attorno alle 42 nomine di sottogoverno, che sono competenza della politica, si gioca una partita ben più grande: la tenuta della coalizione di centrodestra. Stavolta non c’è spazio per fraintendimenti, non si torna indietro: sarebbe impossibile a un anno e mezzo dalle Regionali, e con Musumeci in pressing per ottenere la ricandidatura. Il gioco a incastro è talmente delicato che per risolverlo ci vorranno giorni. Anche perché fra gli irrequieti si annovera un certo Gianfranco Micciché. Il presidente della Regione pensava di averlo “ammansito” concedendo la sostituzione dei due assessori (Scilla e Zambuto), ma sono passati mesi e alcune decisioni assunte da palazzo d’Orleans non sono andate giù al presidente dell’Ars, soprattutto nella sua funzione di commissario regionale di Forza Italia. Cioè il partito di maggioranza relativa.

Micciché non ne fa mistero. Nel corso della trasmissione ‘Face to Face’, un paio di giorni fa, ha lanciato il sasso e mostrato la mano: “La nomina del nuovo sovrintendente della Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana mi lascia molto perplesso per le modalità con le quali ci si è arrivati”. Nel mirino c’è la Foss, che tutto fa tranne che suonare. L’assetto istituzionale della Sinfonica non ha avuto pace negli ultimi anni di legislatura, diventando una marionetta al servizio della politica: si è passati dal siluramento dell’ex sovrintendente Giorgio Pace (ad opera di Sandro Pappalardo, l’ex assessore al Turismo), al forcing dell’Udc, che avrebbe voluto nominare al suo posto Ester Bonafede (già in causa con la fondazione). Tentativo abortito per motivi di incompatibilità. A tenerla fuori ci pensò l’ex presidente del Cda, Stefano Santoro, prima nominato e poi scaricato da Forza Italia. E costretto a dimettersi a seguito di una lite col sindaco di Palermo. In questa Beautiful de noantri, le ultime vicende parlano delle dimissioni in massa dal Cda, che pertanto è stato dichiarato decaduto. E delle nuove nomine innescate dall’assessore al ramo, Manlio Messina, che ha scelto come commissario il palermitano Luigi Tarantino. A quest’ultimo – non perdetevi – sono toccate due decisioni ardue: la nomina del direttore artistico e del nuovo sovrintentente.

Le scelte sono ricadute su due “stranieri”: la direttrice d’orchestra Gianna Fratta, nativa di Erba, moglie di Piero Pelù; e Giandomenico Vaccari, regista barese. Saranno loro a decidere le sorti della Sinfonica e del Politeama. A Micciché non sta bene: “Improvvisamente decade il consiglio di amministrazione, poi viene nominato il commissario che sceglie il direttore artistico, ed è quantomeno inusuale che il direttore artistico sia scelto prima del sovrintendente. Anche la prolungata “collaborazione” tra direttore e sovrintendente deve fare riflettere – obietta il presidente dell’Assemblea regionale -. Non mi sembra che Fratta e Vaccari abbiano ottenuto grandi successi. Chiederò All’ARS di esaminare i curricula per verificare se la scelta è caduta sul migliore. Tutto ciò era stato già anticipato dai giornali che evidentemente sapevano come sarebbero andate le cose”. E’ una questione di merito, ma soprattutto di metodo.

Miccichè è stanco che le decisioni assunte nelle “segrete stanze” debba apprenderla dagli altri. E soprattutto è stanco di certe imposizioni calate da Catania (intesa come città). Anche se nel caso della Foss l’unico filo conduttore etneo passa da Musumeci all’assessore Messina, e lì si interrompe. Sebbene, nel corso della medesima trasmissione, il commissario azzurro abbia elencato le principali colpe di questo governo: “Non è che se scegliamo un presidente di Lampedusa, trasferiamo la Regione (intesa come ente) a Lampedusa. Questa è una cosa che va messa nero su bianco prima di parlare di possibili candidature, perché uno non può portarsi le persone da casa…”. E poi partono le frecciate: “Vai all’ospedale di Cefalù e il primario è catanese; vai a Teatro e il sovrintendente è catanese. Questa è una cosa che mi innervosisce molto. Inoltre, ho già detto a Musumeci – anche se si arrabbia – che la maggior parte di questi catanesi sono scarsi. La Regione siciliana ha nove province e un capoluogo: Palermo”. Poi arriva la sentenza: “C’è inadeguatezza nelle scelte”.

Una pietra tombale sulle decisioni del governo che, come anticipato, dovrà riempire 42 caselle, ed entro la fine della legislatura dovrà, pure, rivedere anche gli asset della Sanità. Ma facciamo un passo per volta. La partita più infuocata di questi giorni è quella della Seus-118, il servizio di emergenza-urgenza. Dove il presidente Davide Croce, nonostante le tentazioni, non ha ancora formalizzato le proprie dimissioni. Anche in questo caso non ci troviamo di fronte a un indigeno: la nomina del manager di origini bresciane, avvenuta nel 2019, era figlia di una circostanza ben precisa. E cioè il tentativo siciliano di ‘copiare’ il modello lombardo – ci fu anche una conferenza stampa di Musumeci e Fontana – con la creazione di Areus: cioè l’agenzia dell’emergenza-urgenza. Il nuovo ente pubblico cui affidare il potenziamento del 118 e degli standard di urgenza extraospedaliera. Tralasciando il fatto che Areus non è mai nata (“Il progetto si è fermato perché non tutti i dipendenti passerebbero nell’agenzia. Per transitare da un privato come Seus al pubblico sarebbe stato necessario un concorso”, ha spiegato a Repubblica), la figura di Croce, filoleghista, è stata messa in dubbio dal Movimento 5 Stelle e dallo stesso Musumeci. Che vorrebbe rimpiazzarla con Tania Pontrelli, sua fedelissima, attuale componente del Cda.

Anche in questo caso la polemica sulle “fulmine progressioni di carriera” concesse da Croce ad alcuni dipendenti “che fanno da capo area”, e contestate dal M5s, sarebbero marginali rispetto alle scelte della politica. Il cui unico scopo è scalare gerarchie o, per chi già regna, conservare posizioni. Il dossier su Croce, infatti, è al centro della contesa fra Lega e Diventerà Bellissima, di cui si sono scritte pagine in questa legislatura. L’estremizzazione del concetto – cioè l’addio al professore universitario (insegna alla Liuc di Castellanza) per far posto a una donna di fiducia del governatore – potrebbe essere letto come un atto di ostilità di Musumeci nei confronti di Salvini. A chi converrebbe? A nessuno forse… Sulla questione ha messo bocca anche Carmelo Pullara, deputato di Onda, che fa ancora parte della maggioranza: “Se il professore Croce, chiamato a dirigere la SEUS con un preciso compito, invero quello di portare avanti una riforma avvicinandoci allo schema delle altre regioni, viene messo sul banco degli imputati, non si capisce per cosa avendo applicato norme previste dal contratto, non penso che le medesime colpe non possano essere attribuite agli altri componenti del Consiglio di amministrazione. Diversamente, – sottolinea il deputato – questo strabismo farebbe pensare a un atteggiamento volto più a liberarsi di una persona libera e fuori dagli schemi. Forse perché lo stesso, appunto perché libero, non ha accettato padrini e padroni”.

Il problema potrebbe riproporsi all’Ast, l’azienda dei trasporti, dove la guida di Gaetano Tafuri (indicato dagli autonomisti, che ora sono federati col Carroccio), è messa in discussione da Diventerà Bellissima a causa di alcune questioni che riguardano l’aeroporto di Lampedusa, dove da un mese sono stati sequestrati (alla concessionaria Nautilus) il deposito di carburante e il mezzo aviorifornitore. Anche se il presidente Tafuri ci tiene a far sapere che è stata l’Ast, per prima, a denunciare la situazione, ispirando il sequestro dell’area e del deposito da parte della Procura di Agrigento. I veleni si susseguono nelle stanze del potere, e rendono la questione molto più intricata. Musumeci pensava di poterla risolvere in quattro e quattr’otto, ma si sbagliava. Gli equilibri sono risicati, e dal grado di soddisfazione dei suoi alleati dipendono pure le sue fortune. Fra le poltrone da assegnare ci sono anche quella dell’Irfis, dove Giacomo Gargano, avvocato catanese e capo della segreteria tecnica del governatore, va per una riconferma; così come Giuseppe Di Stefano, vicino a Forza Italia, dovrebbe ottenere un reincarico alla Sas. Vanno assegnate, inoltre, le presidenze di Fondo Pensioni, Resais, Sicilia Digitale e Airgest, la società di gestione dell’aeroporto di Trapani (proprietà della Regione): su quest’ultimo asset Musumeci ha mosso le pedine in anticipo. Probabile una conferma per Salvatore Ombra. Tutto il resto traballa. Compresa la certezza – granitica fino a qualche giorno – che per Musumeci la strada del bis fosse in discesa. Non lo è.