• “CAPITOLO PRIMO”

“NON PUOI ANDARE VIA, cosa stai dicendo, TU      NON       PUOI       ANDARE       VIAAAA”

“Ok mi nascondo li dentro, proprio li, vado veloce così non può fermarmi nessuno, entro mi nascondo nell’anta bassa dell’armadio, sto fra i suoi maglioni. Qui in mezzo al calore, in questo inverno freddo, nel suo odore tipico il dolore che le sue parole provocano si affievolisce un po’”

Mia sorella piange, ha delle lacrime lunghe ed interminabili che scorrono sulle sue guance, gli occhi rossi e non parla. Lei è rimasta impietrita, non ha parole.

La mia testa invece è piena di suoni brutti. Ancora non credo alle parole di papà. Non può essere vero che mi lascia qui. E’ lui che viene la notte quando mi sveglio ed ho paura del buio, è lui che si mette accanto a me la sera per farmi prendere sonno. Lui è anche quello che mi sveglia, mi aiuta a sbrigarmi la mattina, si vede la tv con me e gioca a pallone nel corridoio sino allo sfinimento, mi ha insegnato a tuffarmi, a nuotare, gioca con le mie mitiche macchinine hot weels e fa un sacco di costruzioni.

Lui è il mio avversario a calcio al giardino, sa giocare a pallavolo, nuota come un campione mondiale, tira di box. E’ un papà mitico.

Ed ora che faccio?

Rimango qui dentro stordito dal dolore.

Lui affaccia dall’anta ma io non voglio sentire quello che ha da dire.

P: “Amore sono papà, non devi fare così”…….

Io: come non devo fare così, io sto impazzendo

P: “Ascolta amore mio, papà e mamma non riescono più ad andare d’accordo ed hanno bisogno di stare un po’ da soli ma sempre insieme a voi. Per voi non cambierà nulla”

Ma cosa sta dicendo? Cambierà tutto. Ti dovrò stare lontano e tu sei il mio eroe, l’uomo che farà diventare uomo anche me, sei il mio cuore e la mia anima.

P: “Guarda che papà verrà da te ogni volta che tu vorrai, io sarò sempre al tuo fianco. Io e la mamma abbiamo solo bisogno di tempo per cercare di rasserenarci.”

Intanto mia sorella si è rannicchiata ai piedi del letto, continua a non parlare ed ora le lacrime scendono più copiose.

Ora ho capito!!!! E’ solo un brutto sogno, fra un po’ mi sveglio e chiamo papà che mi viene a consolare. Magari rimango un po’ sveglio così sento il suo calore vicino. Mi ha detto tante volte che lui ha bisogno di dormire e che deve tornare nel suo letto ma stanotte lo trattengo un po’ il sogno è troppo brutto.

Papà allunga una mano per cercare di farmi uscire ma io mi ritraggo, tanto fra poco mi sveglio.

Si allunga ancora e tocca la mia esile mano. Mi tocca? Allora non è un sogno. Cavolo, è l’unica parolaccia concessa a 7 anni, non è un sogno.

Il dolore si fa più intenso. Io sono piccolo non capisco questa sensazione così brutta e sinceramente è troppo forte per me che devo ancora diventare adulto. I bambini non dovrebbero provare queste cose.

Mia sorella schiude le labbra. “Papà dimmi che non è vero, tu e mamma litigate ma alla fine fate sempre pace”

Queste sono le uniche parole che riesce a far uscire dalla sua bocca. Le sue labbra sono diventate rosso fuoco, le guance pure ed il tutto va in grande contrasto con un paio di occhiaia nere e gli occhi infossati. Non sembra neanche mia sorella.

Papà si rivolge a lei con un sorriso differente dal solito. Vorrebbe essere un sorriso confortante ma non riesce nel suo intento. La abbraccia e lei infila la sua testa tra il braccio ed il petto di papà.

A questo punto anche la mamma inizia a piangere.

Ora io vorrei capire perché dobbiamo piangere tutti, pure la mamma.

Tutto questo non ha senso. Si allontanano per cercare di migliorare le cose ma qui sembra tutto la scena del peggior incubo che si possa fare.

Mi convince ad uscire. C’è troppa luce, voglio la penombra, ho bisogno che la testa si svuoti e che questa mano che stringe forte il mio petto allenti la presa. Mi metto dalla parte opposta a mia sorella. E’la prima volta che non sono geloso di lei, meglio stare tutti vicini a lui, magari cambierà idea. D’altronde lui ci ama follemente, lui vive e lavora per noi. Cosa altro potrebbe volere se non starci vicino.

Mamma a questo punto decide di uscire. Dice che ha bisogno di prendere una boccata di aria fresca.

Noi tre ci trasferiamo nella mia stanza ed iniziamo a costruire una casa con garage.

E’ la più bella costruzione di sempre.

Papà ha dato il meglio di se stesso. Il garage è sotto la casa. Incredibile. Wow. Super mega fantastico.

Dopo un po’ di tempo che non so definire la mamma torna.

Papà si trasforma in volto. Ha le stesse occhiaie di mia sorella ma al centro di quel disastro di viso spunta un sorriso bellissimo e triste allo stesso momento.

Si alza, lo prendo subito per il braccio.

P: “Amori miei devo andare via”

Io: “Papà ti prego”

P: “Devo”

Lo dice ed io capisco che lui non ci lascerà mai.

Va verso la porta.

Io inizio a correre per raggiungerlo. Si abbassa e mi aspetta sull’uscio della porta. Dietro di me mia sorella, che se non fosse per quelle poche parole che ha detto un paio di ore prima sembrerebbe diventata muta.

Lo abbracciamo forte e lui di rimando fa lo stesso. Dopo qualche secondo si alza e dice che: “ ci vediamo domani mattina, vi accompagno a scuola”.

Gira le spalle ed esce da casa lasciando il silenzio più rumoroso che esista. Un silenzio che contiene il senso di vuoto che questa casa non ha mai avuto sino a quando lui era qui. Un silenzio rotto dal dolore.

Lo guardo dalla ringhiera delle scale ed inizio a singhiozzare e non smetto più. Vicino a me mia sorella mi mette una mano attorno al collo e cerca di portarmi dentro casa.

Non voglio entrare, voglio rimanere a guardare giù per le scale. Voglio vederlo risalire con il suo sorriso. Voglio tornare ad essere felice. Voglio essere bambino!

Singhiozzo, lacrime, singhiozzo ed ancora lacrime. Ho il naso che cola, avrei bisogno di un fazzoletto. A chi chiedo un fazzoletto? Mi giro per vedere se c’è qualcuno. La mamma è seduta nella cassapanca all’ingresso con la testa fra le mani e mi guarda, sembra una bambola spenta, la mia sorellina non si vede.

Mi avvicino, lei infila una mano nella borsa ed esce un fazzolettino per pulirmi.

Forza vai a vedere un po’ di tv che io preparo la cena.

Di la, mentre guardo un cartone che mi distrae un po’, sento i soliti rumori. Quello che manca è lui che fa avanti ed indietro per dividersi tra tutti noi.

Ceniamo…… la mamma fa finta di mangiare, esce ed entra la forchetta dal piatto senza tirare mai su niente.

Subito dopo cena ci prepariamo per andare a letto. Preghierina e si spegne la luce, inizio nuovamente a singhiozzare, voglio papà. La mamma lo chiama ma nessuno parla, immagino che lui continui a sentire solo i miei singhiozzi.

P: “Bambini parlate, per favore ditemi che succede”

Continuo a vedere lo scorrere dei secondi sul display del telefono ma non si sente niente, il viva voce è spento.

Dopo molto tempo prendo sonno, la mamma si è messa tra me e mia sorella e ci ha tenuto sempre abbracciati.

“CAPITOLO ULTIMO”

Toc toc……. Toc toc…….TOC TOC……

Mi alzo, è buio. Il rumore non proviene da lontano ma da dentro la stanza. Mi avvicino, TOC TOC, mi sembra di giocare a fuocherello. Trovato, viene dall’anta dell’armadio, la schiudo piano piano, d’altronde io sono un gran fifone. Apro un altro po’, c’è una luce dietro i vestiti, da me è buio e quindi vengo accecato. Il tempo che la mia pupilla si adatti ed ecco spuntare il suo sorriso. PAPÀ sei qui?

P: “Ssssshhhhh non dire niente amore mio sono venuto a prenderti”

Io: “E dove andiamo?”

P: “In barca a vela, ti avevo promesso che prima o poi ti ci avrei portato……

Mi prende per mano, il cielo è arancione, gli alberi blu, l’asfalto dove camminano le macchine colore dell’erba. Noi abitiamo al 4° piano, siamo appena usciti sul terrazzo e papà prendendomi in braccio fa un balzo ed è come se andassimo al rallentatore, scivoliamo piano nell’aria sino ad entrare in una macchina bellissima. Io vado matto per le macchine, già a 3 anni riconoscevo tutti i marchi. Questa è una Smart tutta colorata.

Non ha le ruote!!!! Sta sospesa in aria????

Partiamo e riconosco la strada che porta al mare.

Parcheggiamo la macchina ed appena scendiamo si fa piccola e si trasforma in uno zainetto che papà mette in spalla. Io rimango a bocca aperta.

Ad attenderci sul molo una piccola barca a vela con la bandiera da pirata, il teschio è variopinto. Sarà grande si e no una decina di metri ma è bellissima. Il timone enorme, il ponte tutto piatto in legno, sotto coperta un letto grandissimo dove potrò finalmente dormire con papà ed un angolo con tutte le attrezzature per pescare.

Papà molla le cime e con un tocco magico sull’albero le vele si spiegano. Siamo in mare aperto. E’ il giorno più bello della mia vita.

Armiamo le lenze con ami e piume, quelle classiche per la lenza da traino, le buttiamo a mare e nel giro di un oretta abbiamo riempito un secchio di caponi e tonnetti.

Mi chiedo chi si mangerà tutto questo pesce.

All’orizzonte si vede tutto nero ed avanza velocemente.

Io: “Papà cosa è?”

Lui si fa serio in volto, non è preoccupato ma determinato.

P: “E’ la ripa. Si chiama così da noi in Sicilia quando scende il mal tempo velocemente. Non ti preoccupare, papà sa cosa fare”

Nell’arco di pochissimi minuti si va un vento forte e freddo e le onde diventano giganti. Papà tra il vento mi dice che il mare sarà almeno forza 6.

Mette la prua contro le onde, ed io pensavo che si dovesse scappare, la vela a mezz’asta. Mi spiega che rimarremo così sino a quando il tempo non si calmerà.

Mi addormento sulle sue gambe è un sonno profondo che sembra interminabile. Il misto dell’odore del mare immischiato a quello di papà, il beccheggiare della barca ed il fresco del vento………….. sento passare una mano morbida tra i miei capelli, sono in dormiveglia, la mano morbida ed il gesto non sono quelli di papà ma della mamma.

Cosa ci fa la mamma in barca da noi? Come ha fatto ad arrivare in mezzo al mare? Apro mezzo occhio e riconosco la mia stanza.

E’ il primo giorno senza papà a casa ma anche quello in cui ho capito che lui ci sarà sempre anche durante le tempeste più difficili.