Il day-1 della trattativa per la formazione del nuovo governo giallorosso fa registrare la soddisfazione delle delegazioni di Pd e Movimento 5 Stelle dopo le uscite di Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze, in un audio reso noto in mattinata, aveva attaccato Paolo Gentiloni (reo, secondo l’ex sindaco di Firenze, di voler sabotare l’accordo coi Cinque Stelle), suscitando le perplessità di Di Maio: “Questi già litigano, li conoscevamo abbastanza, purtroppo… si chiarissero un po’ le idee”.

Il primo richiamo ufficiale a Renzi portava la firma di Nicola Zingaretti, segretario del Pd: “Non è mai esistita ovviamente nessuna manovra del Presidente Gentiloni per far fallire l’ipotesi di un nuovo Governo e sostenerlo è ridicolo e offensivo”, puntualizza. “Stiamo nel pieno di consultazioni delicatissime e stiamo lavorando tutti insieme per raggiungere un obiettivo difficile: quello di dare vita a un Governo di svolta per cambiare l’Italia; e questo passa per uno spirito unitario, per difendere contenuti storia e valori del Partito Democratico”. Il segretario Pd fa un appello “alla responsabilità: fermare questo continuo proliferare di comunicati, battute, interviste che, questi sì, mettono tutto a rischio e logorano la nostra credibilità”.

Nel pomeriggio, però, il clima si è rasserenato e l’incontro fra capigruppo alla Camera ha dato buoni esiti. “Non ci sono problemi insormontabili” è l’sms inviato da uno dei membri della delegazione Pd dopo la riunione che apre la trattativa con M5s. “C’è stata un’ampia convergenza sui punti dell’agenda ambientale e sociale. C’è un lavoro molto serio da fare sulla legge di bilancio, sulle priorità”, afferma il capogruppo Pd alla Camera Graziano Delrio.

E’ stato convenuto che per portare avanti la verifica sulla possibilità di un accordo da portare martedì dal presidente Mattarella, occorra un vertice tra i leader dei due partiti, Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti, e un approfondimento sui singoli temi. Lo riferiscono fonti Dem. Su questi ultimi si è deciso che potrebbero essere i capigruppo delle Commissioni Parlamentari dei due partiti a predisporre dei dossier sui temi di loro competenza, sui quali avviare il confronto.

Una assenza di veto sulle rispettive proposte riguardo al taglio dei parlamentari, da approfondire nei prossimi incontri: è quanto sarebbe emerso nel primo incontro tra Pd e M5s, motivo per cui questo elemento è stato definito “ostacolo non insormontabile” dal Pd. Lo riferiscono fonti Dem. La proposta di M5s è il ddl con il taglio secco di deputati (da 630 a 400) e di senatori (da 315 a 200) a cui manca solo un voto, quello dell’aula della Camera. La delegazione del Pd ha detto di essere favorevole a un taglio complessivo dei parlamentari, ma all’interno di un disegno più articolato, che preveda un ripensamento del bipolarismo (con la differenziazione delle due Camere), una riforma elettorale ed una dei regolamenti parlamentari. Da entrambe le parti non sarebbe arrivato un “niet” alle proposte della controparte.

“Noi siamo sempre stati e rimaniamo a favore del taglio dei parlamentari. Siamo disponibili a votare la legge ma riteniamo che vada accompagnato da garanzia costituzionali e da regole sul funzionamento parlamentare. E’ questo il senso del calendario che siamo disponibili a costruire insieme e in tempi rapidi”. Lo dichiarano in una nota il vicesegretario vicario del Pd Andrea Orlando e i capigruppo di Senato e Camera, Andrea Marcucci e Graziano Delrio. “La riunione si è svolta in un clima positivo e costruttivo, che ci fa ben sperare sulle prospettive”, dice il capogruppo Pd Andrea Marcucci sottolineando che “il clima che c’è stato durante la riunione è stato costruttivo e lo giudichiamo positivamente. Non vediamo di fronte a noi ostacoli insormontabili nell’andare avanti in un ragionamento costruttivo con il Movimento”.

Anche fonti dei Cinque Stelle parlano di “clima costruttivo. Il M5S ha posto sul tavolo il taglio dei 345 parlamentari, per noi è un punto fondamentale e propedeutico. Servono garanzie su questo aspetto”. Di Battista? “Il M5S parla spesso con più voci ed è stata spesso la nostra forza, mai come in questo momento siamo stato compatti e coesi per l’interesse dal paese”. Così il capogruppo M5s al Senato Stefano Patuanelli.

LE DECISIONI DI MATTARELLA

Cinque giorni di tempo a partiti e forze politiche, non di più. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha chiuso il primo giro di consultazioni senza sciogliere i nodi sul prossimo governo: “Mi è stato comunicato da parte di alcuni partiti che sono state avviate iniziative e mi è stata avanzata la richiesta di altro tempo per sviluppare questo confronto – ha detto il capo dello Stato – Anche da parte di altre forze politiche è stata espressa la necessità di ulteriori verifiche. Il presidente della Repubblica ha il dovere ineludibile di non precludere la formazione di una nuova maggioranza parlamentare, così come avvenuto un anno addietro, ma al contempo ho il dovere di richiedere nell’interesse del Paese decisioni sollecite. Svolgerò nuove consultazioni a partire dalla giornata di martedì prossimo per trarre le conclusioni necessarie”. Mattarella, parso abbastanza contrariato durante l’incontro con i giornalisti, ha rimarcato più volte che in caso di accordi programmatici, sarà necessario il ricorso alle urne. “Sono possibili solo governi che ottengono la fiducia del Parlamento con accordi dei gruppi su un programma per governare il Paese, in mancanza di queste condizioni la strada è quella delle elezioni”.

L’ESITO DELLE CONSULTAZIONI

Matteo Salvini non cova rancori. E all’uscita dal Colle, dove ha incontrato il Capo dello Stato Sergio Mattarella, si è detto disponibile a ripartire in un nuovo governo coi Cinque Stelle: “Un “accordo contro”, tra Pd e M5S, è la vecchia politica. Io non penso che l’Italia abbia bisogno di un “governo contro”. Se poi qualcuno mi dice “ragioniamo perché i “no” diventano “sì”, miglioriamo la squadra, diamoci un obiettivo, facciamo qualcosa “non contro” ma “per”, io l’ho sempre detto, sono una persona concreta, non porto rancore guardo avanti, non indietro”. “Ho scoperto che tanti no, si sarebbero trasformati in sì. – ha aggiunto il leader del Carroccio e Ministro dell’Interno – Ci sono alcuni Cinque Stelle che appoggerebbero una manovra coraggiosa: ho scoperto che ci sarebbero alcuni disponibili. Aver scoperchiato il vaso è stato utile per capire. Ma malgrado gli insulti, vado avanti. Ero consapevole di un governo fermo, ma se si vuol far ripartire il Paese noi siamo pronti senza pregiudiziali senza guardare indietro”.

Da par suo Luigi Di Maio, ultimo a salire al Colle, ha indicato dieci punti programmatici da cui far ripartire l’azione di governo e, senza mai citare il Partito Democratico, ha ribadito che “non lasciamo la nave affondare, perché l’Italia siamo tutti, a dispetto degli interessi di parte”. “Sono state avviate tutte le interlocuzioni per avere una maggioranza solida che voglia convergere sui punti indicati”. “I cittadini che ci hanno votato il 4 marzo – ha aggiunto il vice-premier – l’hanno fatto per cambiare l’Italia non il Movimento e penso anche che il coraggio non è di chi scappa ma chi prova fino in fondo a cambiare le cose, anche sbagliando con sacrificio e provando a fare le cose. Il voto – ha sottolineato il capo politico del M5S – non ci intimorisce affatto ma il voto non può essere la fuga dalle promesse fatte dagli italiani. Abbiamo tante cose da fare”. “Abbiamo informato il capo dello Stato di quelli che secondo noi sono obiettivi prioritari per gli italiani, dieci impegni che secondo noi devono essere portati a compimento”.

Tuttavia la soluzione più probabile – anche se nel Pd il cielo diventa ogni ora più cupo – è quello di una nuova alleanza giallorossa, che coinvolga “dem” e Movimento 5 Stelle. “Abbiamo manifestato al presidente della Repubblica la disponibilità a verificare la formazione diversa maggioranza e l’avvio di una fase politica nuova e un governo nel segno della discontinuità politica e programmatica” è stato il commento di Nicola Zingaretti, segretario del Pd, dopo l’incontro di stamattina con il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, al Quirinale. “Non un governo a qualsiasi costo: serve un governo di svolta, alternativo alle destre, con un programma nuovo, solido, una ampia base parlamentare e che ridia una speranza agli italiani. Se non dovessero esistere queste condizioni, tutte da verificare, lo sbocco naturale della crisi sono nuove elezioni anticipate alle quali il Pd è pronto”. Il Pd ritiene “utile” provare a costituire un “governo di svolta” per il quale “abbiamo indicato i primi non negoziabili principi”: primo tra tutti la riconferma della “vocazione europeista” dell’Italia. Sempre in mattinata sono salite al Colle le delegazioni di Fratelli d’Italia e Forza Italia.

E se Giorgia Meloni ha insistito col “voto subito”, Silvio Berlusconi ha indicato a Mattarella la via più percorribile: un governo,da subito, di centrodestra: “L’esperienza appena conclusa dimostra che i progetti di governo si fanno con i tempi e con le idee compatibili, non dopo il voto ma prima. Quindi un governo non può nascere in laboratorio, se basato solo su un contratto”, ha detto il leader di Forza Italia -. Oggi mettiamo in guardia da un governo frutto di una maggioranza tra diversi e improvvisata” che “non può essere la base per un esecutivo stabile e credibile ma solo una presa in giro degli elettori ed un tradimento delle loro volontà”, ha detto Berlusconi. “In nessun caso Fi è disponibile ad alleanze con chi abbiamo contrastato in campagna elettorale e che esprimono una visione del paese diversa e opposta”.

Meloni, invece, ha spiegato che “Mattarella è costretto a scegliere tra due diverse prescrizioni costituzionali: quella che chiede di verificare se esista una nuova maggioranza e quella che dice che la sovranità appartiene al popolo: e questa e prescrizione è tra le più vincolanti della nostra Costituzione”.

Sono cominciate ieri, con i presidenti di Camera e Senato, le consultazioni per la formazione di un nuovo governo al Quirinale. Alle 16 è stato il turno della Casellati, seguita da Roberto Fico (le due più alte cariche istituzionali non hanno rilasciato dichiarazioni all’uscita). Poi spazio per il gruppo delle autonomie, per i misti di Camera e Senato e per Liberi e Uguali. C’è stata anche una telefonata fra Mattarella e il presidente emerito Giorgio Napolitano, che al momento si trova fuori Roma. Qualcosa si era già mosso alla direzione del Pd in cui era stato approvato un ordine del giorno per dare pieno mandato negoziale a Zingaretti. Seguendo cinque punti imprescindibili: “Appartenenza leale all’Unione europea; pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del parlamento; sviluppo basto sulla sostenibilità ambientale; cambio nella gestione di flussi migratori, con pieno protagonismo dell’Europa; svolta delle ricette economiche e sociale, in chiave redistributiva, che apra una stagione di investimenti”.