“Orlando non è un sindaco di passaggio e, dalla sua, avrebbe anche un grande pregio: quello di conoscere benissimo la città. Ma, non so perché, ha deciso di non utilizzare questo punto di forza. Si lascia prendere da feste e lustrini, perdendo di vista i reali obiettivi”. Riecco la parabola del sindaco fuori dal comune. Illustrata questa volta da Sabrina Figuccia, consigliera dell’Udc che a Palazzo delle Aquile siede fra i banchi dell’opposizione. Per Leoluca Orlando è uno dei periodi più neri della quinta legislatura e, in generale, da primo cittadino di Palermo. A uno che non si lascia mai scalfire dagli attacchi – ripetuti – delle opposizioni, è bastata la “valutazione non positiva” dei revisori dei conti sul Bilancio consuntivo 2017 per andare su tutte le furie. E convocare d’urgenza una riunione dei capigruppo della sua maggioranza per fare il punto su come affrontare il futuro: al momento nessun rimpasto, ma giusto qualche rassicurazione per placare gli animi. La giunta ha anche approvato il Bilancio previsionale 2018.

Sembra aver cominciato a vacillare Orlando, spinto dai giudizi negativi sui conti del Comune che, prima dei revisori, avevano portato a un commissariamento da parte dell’assessorato regionale alle Autonomie Locali e ai rilievi della Corte dei Conti. “Per la prima volta in assoluto – spiega Sabrina Figuccia – i revisori sono stati sorteggiati e non nominati dalla politica. Il loro è un lavoro prezioso, preciso e puntuale, che sta dando voce alle criticità già emerse in passato”.

Quali sono le responsabilità di Orlando? Il fatto di essere sindaco dal 2012 non gioca a suo favore…

“Non si possono negare le sue responsabilità. Sia perché è sindaco da tanti anni, ma anche perché quello evidenziato dai revisori è un problema strutturale. Di cattive abitudini che affondano le proprie radici nel tempo. Ad esempio, sia il tema dei debiti fuori bilancio che quello dei disallineamenti delle partecipate non è stato mai affrontato in modo serio. In quest’ultimo caso è lo stesso Orlando, “padre” di tutte le partecipate, che certifica gli ammanchi nei confronti delle sue “figlie”. Quando in estate il Mef mosse rilievi su alcune questioni, il sindaco pensò a un progetto diabolico contro di lui. Chissà se lo farà anche stavolta. A me pare che voglia scaricare le responsabilità sugli altri. E’ il suo gioco preferito”.

A parte la questione relativa ai conti, quali sono le altre “colpe” del sindaco?

“In generale, la mancata programmazione. Sui rifiuti si è fatto troppo poco e l’impianto che dovrebbe provvedere a smaltirli si è guastato. Poi i trasporti: pensare a nuove linee di tram in una città che si allaga alle prime piogge è fuori luogo. La gente di Mondello, quando piove, perde intere giornate di lavoro perché rimane imbottigliata nel traffico. E anche numerose strutture ricettive finiscono sott’acqua e si danneggiano. In una città in cui accade questo, non posso accettare che vengano spesi un sacco di soldi per i tram. Un altro tema è quello delle forze di polizia locale, che non sono adeguatamente formate e da dieci anni non fanno nemmeno le visite mediche propedeutiche al possesso dell’arma. E poi la pubblica amministrazione non funziona: un cittadino deve aspettare mesi per il rilascio di una carta Rei. La macchina è ingolfata da un numero esorbitante di precari, spesso part-time, che non riescono a gestire i servizi”.

Orlando vacilla. E’ venuta a mancare anche la coesione della larga maggioranza che lo sostiene?

“La sensazione è quella di un fuggi fuggi generale, anche se non si capisce quali sono i veri obiettivi. C’è un ex assessore alla Mobilità che da tempo rivendica spazio in giunta e altri validi esponenti della sua maggioranza che lo tirano per la giacchetta perché vogliono un rimpasto. Fra l’altro Orlando ha anche una tessera di partito rispetto a inizio legislatura. Dopo aver trovato spazio nelle partecipate a numerosi soggetti provenienti dalla politica, ora dovrà farlo in giunta”.

E’ finita la sua stagione politica?

“Ho la sensazione che la primavera di Orlando sia finita da tempo. Lo percepisco quando vado tra la gente. Una volta, al di là dei punti di vista e degli orientamenti politici, era un sindaco amato. Oggi la gente è arrabbiata con la politica, ma i palermitani sono pure stanchi di fronte alle numerose delusioni che il primo cittadino ha riservato loro. Dal caos dei precari al campo Rom, che sono sue “intuizioni”. Orlando aveva una carta di credito con un plafond enorme, che adesso si è quasi esaurito”.

Rimanete fermi sulla richiesta di dimissioni?

“Assolutamente sì. Per noi è un’esperienza conclusa. Deve dimettersi prima di fare ulteriori danni, lo deve alla collettività, a una città difficile che merita comunque tanto. Non sarà facile riemergere dal pantano in cui ci ha cacciato. Ma bisogna ripartire. Ed è impossibile affrontare altri quattro anni in queste condizioni”.