La dimensione nazionale di Fabrizio Ferrandelli, tra i fondatori di +Europa e sempre più impegnato in missioni romane (è componente della direzione nazionale del partito), non ha fatto venir meno il suo interesse per Palermo, dove è stato due volte candidato sindaco, opposto a Orlando: né, tanto meno, ha affievolito il suo impegno in Consiglio comunale, in qualità di leader dell’opposizione e capogruppo dei Coraggiosi. C’è di più: allontanarsi da Palermo ha aiutato Ferrandelli a entrare in una sfera nuova, quella dell’osservatore distaccato, che gli permette di analizzare i problemi e le questioni “in modo più razionale”. E non sarà sfuggito, a un occhio attento come il suo, lo stallo che su alcune tematiche avvolge la quinta città d’Italia. In primis la monnezza, che è tornata ad accumularsi sui marciapiedi di una città si si muove a fatica (la viabilità, altra questione aperta). Tutto parte da una riflessione: “La situazione è critica da anni e in tutti i settori – spiega Ferrandelli –. Non c’è stato il cambio di passo che in tanti si erano augurati con questa Amministrazione. Ogni azione è coincisa con un sostanziale fallimento. A partire dal cambio degli assessori e dai dirigenti”.

Perché è così pessimista?

“Questa Amministrazione va avanti dal 2012. A parte le politiche riguardanti le attività culturali e la valorizzazione del centro storico, il circuito arabo-normanno per intenderci, non si è visto altro. Se entri nei vicoli o nelle strade secondarie rispetto al quadrilatero, vedi tutta la desolazione. Venerdì scorso ho fatto la spesa alla Vucciria, che si trova all’interno del cuore della città, in un’area che dovrebbe godere di grande benessere. Invece no. Molti residenti della borghesia palermitana, che avevano scelto di venire a vivere in centro, sono tentati dalla fuga”.

Perché, secondo lei?

“Esclusi i più ricchi, che possono contrastare l’assenza dei servizi con la capacità di acquisto e con un tenore di vita alto, l’80% dei palermitani – non importa la loro idea politica – ha la sensazione di vivere in un momento di stanca e che la propaganda dell’Amministrazione comunale, che annuncia continuamente un cambio di passo, viene sventata alla prova dei fatti”.

Un esempio?

“Il sindaco ha lanciato l’operazione #facciamounpatto. In sostanza ha detto ai cittadini: ‘Voi non sporcate, noi puliamo’. Il risultato è che la città è sporca. Se vi fate un giro nelle borgate marinare, da Mondello a Sferracavallo alla Vergine Maria, dove c’è un’alta densità di popolazione, ma anche un’importante ricettività turistica, potrete accorgervi che i cassonetti sono stracolmi. E’ lampante”.

Eppure è stata istituita una task force, con 200 vigili in borghese, per contrastare l’abbandono illecito dei rifiuti.

“Domenica ero a Mondello con le mie bambine. Parlando coi turisti, mi dicono tutti la stessa cosa: ‘Città bellissima, città sporchissima’, ‘città meravigliosa, città scollegata dal mondo’. A parte le strade del centro, Palermo è una città non amministrata. I 200 vigili sono stati un buco nell’acqua, perché già abbiamo una carenza organica di 900 vigili al comando della polizia municipale e decine di dipendenti, quelli più giovani, sono in part time orizzontale: chi dovrebbe garantire questo servizio?”.

Qualcuno ci sarà…

“Invece le dico io cosa accade. Questi hanno fatto una furbata. Ad esempio, c’è il personale della polizia giudiziaria che lavora 7 ore e 30 al giorno. Cinque ore le trascorrono in ufficio e due in giro per la città. Ma quanti verbali puoi elevare in un paio d’ore? Il risultato è che da un lato indebolisci i servizi interni, dall’altro non ottieni risultati fuori”.

Infatti i controlli si sono rivelati un flop. A farne le spese è stato il capo dei Vigili, che è stato rimpiazzato da chi c’era prima.

“I vertici della polizia municipale erano stati cambiati un anno e mezzo fa. Se adesso, a distanza di un anno e mezzo, rimetti lo stesso comandante che avevi rimosso un anno e mezzo fa, ammettendo il fallimento, cosa vuoi che cambi? Cosa può fare di diverso rispetto a prima? Ne avesse messo un terzo, se ne poteva parlare. Ma chi ha già fallito una volta perché dovrebbe essere credibile ora? E’ un continuo annacamento, ma non verso il futuro. Per il palermitano mediocre, che non ha voglia di cambiare le cose, può anche andar bene. Per noi che vogliamo una città europea, con gli standard di vivibilità di una grande metropoli, no”.

Anche la discarica di Bellolampo non sa cosa diventerà da grande. In questi giorni s’è rischiata un’altra chiusura, poi la Regione ha dato l’ok per smaltire altrove 2mila tonnellate di rifiuti. Che succede con l’incombere dell’estate?

“Che Bellolampo fosse ridotta così si sapeva da sette anni. Ora il Comune cosa pretende dalla Regione? In sette anni ci sono città che hanno fatto rivoluzioni. Palermo, invece, raccoglie l’assenza di un piano strategico sui rifiuti che è adombrato da ulteriore incertezza. Ossia dove smaltiremo la spazzatura da metà luglio in poi. Se Palermo fosse arrivata al livello di differenziata prevista dalla legge, oltre il 60%, non avremmo una discarica satura, né i problemi di esercizio di bilancio che ha Rap. Solo un sindaco appena arrivato può cercare le responsabilità all’esterno. Non è il caso di Orlando, che sta entrando nell’ottavo anno… Questa Amministrazione dovrebbe togliersi di mezzo. Come si dice in palermitano stretto, ‘a me mi siddiò magari a siddiarimi’”.

Funziona oppure no la raccolta porta a porta?

“Non funziona. Copre poche zone rispetto a quelle abitate. Per farla funzionare, la differenziata dovrebbe essere legata alla densità della popolazione. Se non la fai partire nei quartieri residenziali e popolari, non andrai mai a regime. In più manca una corretta educazione alla raccolta, né i controlli sono adeguati”.

Norata, il capo della Rap, aveva anche minacciato di togliere i cestini che i palermitani hanno la tendenza a usare come cassonetti. E l’affermazione ha suscitato più di una perplessità.

“Siccome i cestini sono legati a un contratto di servizio, qualora Norata deciderà di rimuoverli, io mi batterò per far togliere dal contratto di servizio le somme che i palermitani pagano con la Tari. I cestini non sono un optional. E le cose non si risolvono in questo modo. Poi c’è un altro capitolo della storia, legato agli ispettori ambientali che vengono richiesti per garantire la vigilanza. Sfido l’amministrazione a venire questa settimana in aula con un regolamento sugli ispettori ambientali, noi siamo pronti. Siamo anche disponibili a valutare con la mobilità interaziendale quale personale può andare a ricoprire questo servizio. E’ così che si amministra una città o un’azienda, con proposte alternative rispetto alle risposte che hai già dato. Se la domanda è sempre uguale, bisogna cambiare le risposte. Mica la domanda”.

Un altro problema atavico è la mobilità. La città in molti punti è un cantiere a cielo aperto, e molti di questi cantieri, come l’anello ferroviario, sono fermi.

“Io sono preoccupato dal piano di mobilità del comune di Palermo che prevede ancora la realizzazione di cinque linee ulteriori del tram. A proposito di anello ferroviario. Io nel 2009, da giovane consigliere comunale, mi appassionai alla battaglia sul raddoppio del binario ferroviario, guardavo a quell’opera con sospetto. A distanza di dieci anni, il doppio binario non è mai stato realizzato e si è ripristinato il binario unico. Questo dice molto sulla condizione degli appalti a Palermo. Tu chiudi una città, prometti un cantiere che la rivoluzioni, lo fai partire, inginocchi la mobilità, prometti al cittadino un cambio di passo, poi torni indietro e dici: ‘Non solo non facciamo l’opera, ma servirà del tempo a ripristinare quella che avevate prima’. A me pare la stessa storia del tram. Prima li avevano levati perché appesantivano la mobilità, il traffico, ecc. Ora, mentre le città tendono a relegare il traffico sotto la superficie, noi ci inventiamo nuove linee di tram, laddove esiste già un servizio su gomma. Un doppione, in pratica. Aumentando di due terzi i costi di gestione, senza che la Regione ci metta un euro. Fra l’altro, senza realizzare parcheggi o aree di scambio. Non ci capisco più niente”.

E’ una politica un po’ vetusta secondo lei?

“I tram non sono più utili di una Ztl che invece dei 29 milioni previsti ne porta a casa 2,5. Davvero la proposta non mi è chiara: laddove ci sono gli autobus si vogliono mettere i tram, così si paralizza per altri dieci anni la città, proponendo un’infrastruttura che nel 2030 sarà fuori moda. Io, piuttosto, completerei la metropolitana, mi muoverei su quella direzione”.

L’assessore Giusto Catania ha annunciato un nuovo piano di mobilità sostenibile per Palermo: ha avuto modo di leggerlo?

“Non ancora. Per il momento è un annuncio. Ma sono preoccupato, perché l’assessore Catania è lo stesso degli anni scorsi. Quindi faccio gli appositi scongiuri”.

Al Museo Salinas hanno rimosso la direttrice Francesca Spatafora, che aveva riesumato un museo quasi in disuso, per far spazio a Caterina Greco. Ha apprezzato la scelta?

“Non ne faccio una questione di persone ma di gestione. Quello della Spatafora è un sistema di gestione che ha prodotto risultati. A me piacerebbe che, laddove ci questioni consolidate e funzionanti, non si toccassero. Ma ci si concentrasse piuttosto sulle situazioni da migliorare. Ho condiviso le preoccupazioni del mondo della cultura, non in termini di giudizio sulla persona, ripeto, ma perché quando sei di fronte a una macchina rodata la lasci camminare. Perché cambiare? Non mi sembrava una priorità, il senso mi sfugge”.

Orlando s’è perso qualcosa nella vicenda del Palermo calcio secondo lei?

“Ha fatto col Palermo esattamente ciò che ha fatto per la città. Tante passerelle e conferenze stampa a cui non sono seguiti i fatti. Con una differenza: che qui avrebbe soltanto dovuto vigilare”.