Arcangelo Sassolino è un visual artist veneto, di 55 anni, che per il trentennale delle stragi di mafia, ha installato un paio delle sue opere nel cuore di Palermo. La prima, che ad alcuni passanti ha dato la sensazione di stramazzare al suolo, si chiama “Elisa” ed è esposta ai Quattro Canti. L’allestimento in collaborazione con la Fondazione Falcone.  È una simbolica scultura a forma di escavatrice, bianca e senza testa, che si muove su se stessa attraverso movimenti lenti e apparentemente incontrollati. “Quando ho sentito che il braccio meccanico era caduto – esordisce l’artista – mi ha fatto sorridere. La scultura è concepita per disegnare forme nello spazio sempre diverse. Non è mai nella stessa posizione. La caduta fa parte di questo lavoro”.

Elisa, la scultura dei Quattro Canti

Ed è bella anche la storia che c’è dietro, “messa in risalto dal curatore Alessandro De Lisi. Si tratta di un’escavatrice nuova di zecca che venne data alle fiamme in un cantiere del Nord-Est per questioni legate a un appalto – spiega Sassolino -. Ho fatto dissequestrare la macchina, che era completamente carbonizzata. Tranne una parte, il braccio meccanico, che ho acquistato e modificato. Funziona attraverso una centralina idraulica. L’altra sua caratteristica, oltre a non stare mai ferma, è che mangia, consuma, erode il proprio basamento. Le lacerazioni prodotte sul cemento armato sono il risultato di questa intuizione, che parte dal Bernini e si evolve nelle sculture di Constantin Brâncuși e Carl Andre”: Dietro la “bestia bianca”, voluta dalla Fondazione Falcone, si cela un significato profondo: “Da Elisa emerge un monito contro l’illegalità. Ricordiamo tutti il sacco di Palermo, il fenomeno dell’abusivismo, dei saccheggiamenti urbanistici e architettonici compiuti dalla mafia”.

E’ la stessa cosa che accade in piazza del Parlamento, di fronte a palazzo Reale, dove fa capolino “Piccolo Animismo”, un grande contenitore realizzato con lastre di acciaio inox saldate tra loro attraverso un processo ciclico di immissione e sottrazione di aria in pressione. Il volume subisce trasformazioni che modificano la fisicità dell’opera, allestita in collaborazione con la Fondazione Falcone e con la Fondazione Federico II. “Attraverso un tubo che è collegato a una turbina – spiega Sassolino – viene immessa aria in pressione all’interno di questo volume. Anche se l’acciaio è solido, sotto pressione è “costretto” a gonfiarsi, a cambiare di stato. Nel fare questo, produce dei suoni simili a tuoni. Il mio obiettivo è tirar fuori dalla materia qualcosa di imprevisto”. Perché? “Questi boati, questi colpi sono un avvertimento. Credo che l’arte sia un modo di sollevare interrogativi su chi siamo come individui; e spero sia anche un modo di farci diventare persone migliori e farci condividere in modo pacifico la bellezza, il potenziale, la meraviglia di questo pianeta e di questa città”.

L’arte di Arcangelo è scorgere oltre: “Già da un po’ di anni – conclude l’artista – applico la fisica ai materiali: la pressione, la velocità, il calore, l’attrito e la gravità. In questo modo credo si possa dare una nuova possibilità alla scultura”. Anche simulando un tonfo come ai Quattro Canti.

Piccolo Animismo, in piazza del Parlamento