L’eterno fluttuare del Partito Democratico alla ricerca di un leader prova a fissare dei paletti. In Sicilia, al momento, ne esistono un paio. Il primo evento propedeutico in questa ricerca di se stessi, si consumerà il 5 e 6 ottobre: si chiama “Mezzogiorno tutti i giorni”, la Leopolda che il senatore Davide Faraone terrà a Palermo. Un’occasione per parlare di Sud, eterno assente nell’agenda di governo, in cui fare il punto – dice Faraone – su come “renderlo produttivo e non assistito”. Poi c’è l’evento dei partigiani “dem”, Agorà, che si terrà il weekend successivo.

Quella del Pd in Sicilia è una grande sfida, che sorvola di gran lunga le cene romane promosse (e poi annullate) da Calenda. Perché da queste parti, alle Regionali e alle politiche, il partito è naufragato nel mare grillino (ma anche del centrodestra).  E la sua classe dirigente è impegnata a dividersi: Fausto Raciti, segretario dimissionario, non ha più voglia di reggere il cerino in mano. Ma, stando a “Repubblica”, si diverte nei giochini delle fronde, cercando di impiattare il nuovo Pd partendo da sinistra: con Rubino, Digiacomo e Crisafulli. Mettendo con le spalle al muro, in attesa del congresso di fine anno (se Dio vorrà), esponenti più moderati come Lupo, Cracolici e lo stesso Faraone, che sul tema, però, preferisce glissare.

Faraone, in Sicilia il Partito Democratico riparte dalla sua Leopolda. Quali saranno ospiti e tematiche?

“Il 5 e 6 ottobre apriamo il cantiere Sud. Lo facciamo proprio mentre il governo tenta di chiuderli tutti e non solo al Sud. “Mezzogiorno tutti i giorni” l’abbiamo chiamata questa terza edizione e non è un titolo ma un impegno, una ripartenza per tutti coloro che vogliono mettersi in cammino con noi per ripensare le politiche in favore del mezzogiorno.  Sarà una due giorni con ospiti di rilievo nazionale, sarà un grandissimo appuntamento. Oggi però non vi anticipo nulla, ma vi assicuro che ci saranno parecchie sorprese”.

Cosa rappresenta la Leopolda, storicamente di ispirazione renziana, in questo periodo storico del Partito Democratico? E’ un appuntamento aperto a tutti o si rivelerà appannaggio dei sostenitori dell’ex presidente del Consiglio?

“Continuerà ad essere un luogo di ascolto, di confronto e di proposta, e come tutti i luoghi di incontro e di ascolto non potrà che avere le porte spalancate. Non chiederemo agli ospiti e ai partecipanti la tessera di partito, ma cosa hanno in mente per rimettere in moto il Sud. Idee alternative a questi imbroglioni al governo che, come ha detto Alessandro Barbano – fra reddito di cittadinanza con i fondi europei sottratti alle regioni negligenti e proposta di 10 anni a zero tasse per i pensionati italiani o stranieri che trasferiscono la loro residenza fiscale in Sicilia, Sardegna o Calabria – rischiano di far diventare il mezzogiorno una gigantesca casa di cura pubblica. Bugie irrealizzabili, ma che denotano una certa idea perversa che hanno del Sud e dei meridionali. Noi pensiamo ci siano invece energie per rendere il Sud produttivo e non assistito”.

Di fronte all’incedere di Lega e 5 Stelle, Renzi è tornato in campo. Non rischia di voler apparire “un leader a tutti i costi” nonostante le sconfitte elettorali del passato?

“Matteo Renzi sta dimostrando grandissima umiltà: si è dimesso, ha fatto un passo indietro e dà una mano comunque. Vuole dare a tutti i costi una scossa a questo Pd in preda ad una terapia di gruppo infinita. Il paradosso è che mentre Salvini e Di Maio fanno una campagna elettorale permanente, noi facciamo autoanalisi permanente e non va bene. Io non ci sto all’opposizione contro noi stessi, è tafazzismo! Vi rendete conto di che spazio politico infinito si apre per noi con un centro destra a trazione salviniana e con i 5 Stelle al guinzaglio? Ecco se proprio devo dire chi non è invitato a questa due giorni, devo dire tutti quelli che hanno messo piedi ai raduni di Pontida e quelli della piattaforma antidemocratica Rousseau”.

Anche per volere di Renzi, è saltata la cena a quattro con Calenda, Gentiloni e Minniti. E’ il caso di decidere a tavola il futuro di un partito in crisi?

“A me interessa che non si torni indietro, vecchi centrosinistra, con trattino e non, non interessano più a nessuno, apparati figli di questa idea sono datati, chi ha idee politiciste del tipo Pd ruota di scorta dei 5 stelle, per cui attacchiamo Salvini e non Di Maio, perché con i 5 Stelle potremo fare un’intesa, sbagliano tutto. C’è chi pensa che noi dovremmo fare con i 5 Stelle ciò che Forza Italia e Fratelli d’Italia fanno con la Lega, noi pensiamo invece che bisogna opporsi radicalmente a questo governo di pericolosi e incoscienti populisti, senza distinzioni. Questo qui sono contro i vaccini, contro un’Europa che va cambiata, ma che deve restare la nostra stella polare, hanno una politica economica che distrugge il lavoro e non lo crea”.

Orfini ha lanciato un messaggio shock: “Sciogliamo il partito”. Qual è il suo pensiero? Le correnti non vi hanno fatto abbastanza male?

“Ricordo che i primi a parlare di nuovi orizzonti siamo stati proprio noi e in tempi non sospetti, subito dopo il voto. Organizzammo iniziative in tutte le regioni del Sud con il titolo “Nuovo campo”. Suscitammo le ironie di tanti, oggi ne parlano tutti, ci fa piacere. Al congresso si dovrà parlare di questo e ci si confronterà su questo. Il Pd dovrà diventare sicuramente altro, a chi vincerà il congresso spetterà di stabilire in che direzione andare, sperando che non sia vittima del perenne fuoco amico. Di certo non possiamo stare fermi e non dobbiamo smarrire il coraggio del cambiamento”.

In questa ricomposizione del quadro politico interno al Pd, che parte intende recitare Davide Faraone?

“Voglio fare bene il senatore della mia terra, del Sud, con un occhio alle nuove generazioni, ai giovani e giovanissimi, i più deboli sul serio. Questo è un governo che ben presto li tradirà e dovremo offrire loro una speranza di futuro. Una sfida entusiasmante”.

Qual è la principale difficoltà – oggi – di essere opposizione in Italia? Il consenso nei confronti del governo gialloverde e soprattutto di Salvini risulta ai massimi storici

“La luna di miele si esaurirà presto. Li aspettiamo al varco già in legge di bilancio, accise, flat tax, reddito di cittadinanza. Sono tutte chiacchiere e nemmeno distintivo. Noi dovremo proporre le nostre idee, preparare l’alternativa credibile”.

Ha giustificato Orlando per non aver accolto il premier Conte a Palermo. Reo quest’ultimo di aver scippato alla città i fondi del Bando Periferie. Non si tratta di uno sgarbo istituzionale? Non poteva essere un momento di interlocuzione politica?

“Luca è stato troppo moderato, fossi stato io il sindaco di Palermo mi sarei presentato con uno striscione con scritto “Conte, stai facendo un favore alla mafia”. Perché, quando vengono tagliati 16 milioni di euro destinati dal governo Renzi ad una scuola, due caserme per polizia e carabinieri e una sede decentrata delle poste a Brancaccio, si fa un favore alla mafia. E, nel giorno del ricordo di don Pino Puglisi, io preferisco essere scorretto istituzionalmente che essere scorretto con la mia coscienza, e con la memoria di chi è morto solo perché a Brancaccio voleva scuole e palestre per togliere i ragazzi dalla strada e strapparli ai mafiosi”.

Cosa ha rappresentato a livello personale e per la città di Palermo la visita di Papa Francesco?

“Uno spartiacque. Si sta da una parte o dall’altra. Si sta dalla parte del bene o del male, dalla parte dell’intolleranza o della solidarietà, dalla parte della legalità o dell’illegalità. Non ci può essere la via di mezzo su questi principi. Ecco, Francesco ci ha esortati a scegliere solo una delle due strade, quella di don Pino Puglisi, quella di chi si impegna quotidianamente nell’accoglienza, quella di chi non fa l’antimafia a parole. Uomini d’amore e non uomini d’onore. Una grande lezione, da diffondere ed imparare a memoria”.