Sono trascorsi 41 anni da uno dei delitti che ha segnato per sempre la Sicilia: 41 anni fa, in via Libertà, a Palermo, venne ucciso il presidente della Regione, Piersanti Mattarella. Fratello di Sergio, attuale Capo dello Stato. Piersanti, l’allievo prediletto di Aldo Moro, era appena salito a bordo della sua Fiat 132 per andare a Messa, insieme alla suocera, alla moglie Irma Chiazzese e ai figli Maria e Bernardo. Si era appena messo al volante (aveva rinunciato alla scorta, essendo giorno di festa), quando si avvicinarono i killer che crivellarono l’auto con una pistola Colt 38. Il primo a soccorrere Mattarella fu proprio il fratello Sergio. Il viaggio in ospedale fu inutile.

Il caso fu da subito condizionato da una intensa opera di depistaggio. Il presidente della Regione aveva avviato una decisa politica riformatrice per ricostruire il tessuto economico, sociale, culturale dell’Isola. E ancora oggi la strage non ha un colpevole. Due le piste: la mafia, contro cui il presidente di Regione aveva scatenato una guerra contrapponendosi nettamente ai compagni di partito della corrente andreottiana vicina a Cosa Nostra, Salvo Lima e Vito Ciancimino. E il terrorismo nero: siamo a due anni dall’omicidio di Aldo Moro e la Giunta di centrosinistra di Piersanti Mattarella si è formata con l’appoggio esterno del PCI, in continuità con la politica del compromesso storico.

Le dichiarazioni dei pentiti Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo portano i magistrati sulla pista mafiosa. Vengono condannati in via definitiva Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci. Nel 2018 riemerge la pista nera e il caso viene riaperto, l’ipotesi – già avanzata da Giovanni Falcone – è quella di una collaborazione tra mafia e terrorismo nero.

“Mio nonno viene considerato da tutti una vittima di mafia, ma da quello che sta emergendo dalle indagini più recenti sembra esserci dell’altro. No, non è stata solo Cosa nostra a uccidere Piersanti Mattarella…”. Lo ha detto il nipote Piersanti jr all’Adnkronos. “Già dopo l’omicidio le indagini avevano fatto emergere qualche traccia di infiltrazioni che non fossero solo mafiose. Ma forse, ai tempi, anche dal punto di vista della ricostruzione storica, non sembrava possibile che un omicidio potesse essere commesso non solo da membri di Cosa nostra. Una circostanza che è, invece, emersa con chiarezza negli ultimi anni di storia giudiziaria”.

Musumeci: il suo esempio resta un riferimento

«L’esempio di Piersanti Mattarella, dopo più di 40 anni dalla morte, resta un riferimento per quanti sono impegnati nella buona politica, quella che persegue il giusto e non l’utile. Il suo spessore culturale, l’abilità nel mediare situazioni difficili alla ricerca di ampie convergenze, il coraggio nel chiedere cambiamento e innovazione – in una terra che non era ancora disposta a cambiare – sono valori che chi fa politica in Sicilia non può non fare propri. Oggi, forse, più di ieri». Lo dichiara il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, in occasione del 41esimo anniversario dell’omicidio di Piersanti Mattarella, ucciso a Palermo dalla mafia il 6 gennaio 1980 e su cui ancora non è stata fatta piena luce.

Micciché rende omaggio a Mattarella