A mali estremi, estremi rimedi. Dopo aver lasciato senza un tetto 700 studenti delle superiori (ci torneremo), il Libero Consorzio di Ragusa ha deciso di mettere in vendita il palazzo della Prefettura. E lasciare a spasso anche il Prefetto. “Il piano di alienazione di alcuni immobili, proposto dai dirigenti competenti secondo una razionale pianificazione di dismissione – fanno sapere dalla sede di viale del Fante – è una misura per il recupero di fondi anche per la difficile situazione finanziaria dell’Ente che al momento è in fase di pre-dissesto e non ha proceduto all’approvazione del bilancio 2018-2020 perché in squilibrio strutturale”. Il Palazzo delle Prefettura, lodato da Leonardo Sciascia in una pubblicazione, completato nel 1932 su mandato dell’ex senatore fascista Filippo Pennavaria, contiene numerosi affreschi dell’artista romano Duilio Cambellotti. Ed è stato valutato 10 milioni di euro. Come l’ex centro di ricerca sull’agricoltura di Vittoria. Nella lista dei 36 beni alienabili, ci sono alcuni palazzi storici di proprietà dell’ex Provincia come Palazzo Floridia (Modica) e l’ex caserma dei carabinieri di Ispica, quotati 400 mila euro, nonché il piano terra di palazzo Pandolfi a Pozzallo. Nell’elenco figura anche la pista di atletica leggera di Donnalucata, una frazione di Scicli, la Vigata di Montalbano, valutata 1,6 milioni di euro. Il bando scade il prossimo 16 aprile.

Costretti a dare via tutto per non affondare. E’ il destino delle ex province siciliane – Ragusa è l’ultima della lista – che stanno attraversando settimane di fuoco. Solo Trapani e Agrigento hanno approvato i bilanci. Le altre sono in una condizione di pre-dissesto – hanno tempo fino al 30 aprile per approvarli, altrimenti scatterà d’ufficio il default – a causa del prelievo forzoso da parte dello Stato. In questi giorni, in commissione Bilancio alla Camera, si discute il disegno di legge presentato dal forzista (e messinese) Nino Germanà, che chiede al governo gialloverde di metterci una pezza. Ma Alessio Villarosa, sottosegretario grillino, ha già comunicato che il prelievo non si tocca, è impossibile. Nel frattempo gli enti intermedi sono costretti a spogliarsi dei propri averi. E giusto qualche settimana fa il Libero Consorzio di Ragusa ha disdetto i contratti di locazione con alcuni edifici privati a partire dal prossimo mese di settembre. Tutto normale, se non fosse che due di essi, a Modica e Chiaramonte Gulfi, ospitano il Liceo Artistico Galilei-Campailla e l’istituto alberghiero Principi di Grimaldi (con annesso un convitto dove abitano una cinquantina di studenti). Un avviso di sfratto in piena regola che ha suscitato la rivolta di presidi e sindaci, ma che permetterebbe di risparmiare alle casse dell’Ente 186 mila euro l’anno.

Anche se non è ancora attrezzato per i miracoli, in questi giorni il governo regionale sta provando a mischiare un po’ le carte. Per venire incontro agli studenti e per non mandare gambe all’aria, una volta per tutte, queste province cancellate troppo in fretta. E che fra l’altro, in un clima di “sfida elettorale” che sa molto di goliardico, dovrebbero tornare al voto – ma si tratta soltanto di elezioni di secondo grado, demandate ai consiglieri comunali – il prossimo 30 giugno. A due mesi, volendo, dalla dichiarazione di dissesto. Ecco, il governo Musumeci, nella persona dell’assessore alla Funzione pubblica Bernadette Grasso, ha depositato in audizione alla Camera una norma ordinamentale (quindi, a costo zero) che consenta alle ex province di chiudere i bilanci in tempo utile e, nel caso di Ragusa, a revocare l’iter “con cui era stata avviata la disdetta degli affitti. E’ di tutta evidenza – spiega però Orazio Ragusa, deputato regionale e presidente della commissione Attività Produttive – che fin quando non arriveranno le somme che consentiranno all’ex Provincia di chiudere il bilancio, lo stesso ente non potrà introitare neppure un centesimo da spendere”.

Ha tirato un sospiro di sollievo anche un altro deputato ragusano, Nello Dipasquale. Che, però, in sede di approvazione della Legge di Stabilità regionale, aveva presentato un emendamento per destinare 5 milioni di euro all’ex Provincia di Ragusa, notoriamente in grosse difficoltà finanziarie. Il risultato? Bocciato.Mentre la Regione trova risorse straordinarie per gli enti di Siracusa e Trapani, per l’ex Provincia di Ragusa non ci sono neanche le briciole – ha tuonato l’onorevole del Pd – Ciò che non capisco, infatti è come mai questo governo, differentemente dal precedente durante il quale il sottoscritto ha fatto avere 5 milioni di euro per la Provincia di Ragusa, non solo non riesce a fare avere un centesimo in più al nostro Consorzio ma lo fa, invece, nei confronti di altri enti (un paio di milioni sono andati a Siracusa con l’assestamento di bilancio a fine 2018, ndr) creando una vera e propria discriminazione non tanto tra i territori, ma soprattutto tra i lavoratori. Perché ricordo a tutti che a rischio ci sono gli stipendi di molti lavoratori”.

Altrove non se la passano meglio. L’ex Provincia di Siracusa, dove è stato già dichiarato il dissesto, da quattro mesi non paga gli stipendi ai 484 lavoratori, che hanno pure incrociato le braccia per protesta. A Messina il sindaco metropolitano Cateno De Luca ha “chiuso” l’ex Provincia e messo in ferie forzate quasi tutto il personale (700 dipendenti su 840, la situazione è rientrata dopo la metà di febbraio). In generale è uno sconquasso. Perché laddove sopravvivono, le ex Province non sono in grado di mantenere i servizi: dalla manutenzione delle scuole a quella delle strade provinciali, passando per le spese di funzionamento degli istituti scolastici. E’ il prezzo della spending review applicata “ad mentula canis” – vero Crocetta? – senza un riequilibrio delle competenze. Inoltre ci sono 4 mila lavoratori da anni abbandonati in un limbo legislativo deprimente. Un mese fa si sono recati a Palermo per un incontro con l’assessore Armao. Ma anche in quel caso vennero rimbalzati: se ne occupa Roma. Ma Roma non se n’è ancora occupata.

Ieri, però, qualcosa è successo. In commissione Bilancio si è discusso del disegno di Legge Germanà – prevede di sospendere il prelievo forzoso, oltre alla restituzione del maltolto alle ex province siciliane dal 2012 in poi – che vede la firma di sei deputati di Forza Italia fra cui la Prestigiacomo. Ed è emerso un disguido nei numeri. La Ragioneria centrale dello Stato, infatti, ha certificato un ammanco da 54 milioni di euro alla voce “restituzioni”. Ma i conti non tornano, giura la Prestigiacomo. Che ci mostra una tabella dettagliata: mentre nel 2016, alle altre province italiane, Roma ha restituito il 22,6% rispetto ai tagli effettuati, a quelle siciliane zero (nonostante un prelievo da 270 milioni).

Nel 2017, a fronte di un prelievo di 337 milioni, ne sono tornati indietro 70, poco più del 20% (rispetto al 45,8% delle altre province italiane). Nel 2018 il ristoro si è fermato a 82 milioni a fronte di 337 milioni “tagliati”, meno della metà rispetto al resto d’Italia. Tra l’altro, gli enti intermedi dell’Isola hanno in carico il personale, che altrove è stato smistato a Regioni e Comuni. Insomma, la beffa è doppia. “E’ un motivo di soddisfazione aver trasferito la discussione in un contesto istituzionale come la commissione Bilancio, ma non possiamo accontentarci – spiega la Prestigiacomo – Prima bisogna fare luce sui numeri, poi dobbiamo fare in modo che le “restituzioni” vengano effettuate secondo il principio della perequazione. Le province siciliane non possono essere danneggiate ulteriormente rispetto al resto del Paese. Bisogna muoversi in fretta, perché l’iter che porta all’approvazione di una legge, che sia o meno il ddl Germanà, richiede un tempo ragionevole. E la Regione deve darci una mano”.