A cavallo del ferragosto del 1959 avvennero fatti che illuminano quelli di oggi. Il 12 agosto si forma il secondo governo di Silvio Milazzo, presidente della Regione Siciliana, eletto dal Parlamento con 45 voti su 90 deputati, maggioranza relativa. 9 voti dei Cristiano Sociali, il suo partito, 32 delle sinistre, i monarchici e 3 transfughi. Non ci sono le destre, che avevano, sempre con i comunisti, dato vita alla prima giunta Milazzo. Tutti uniti, allora come oggi ‘in nome dei superiori interessi dei siciliani’, grazie alla regia di uomini di grandissimo spessore come Ludovico Corrao, già democristiano e poi indipendente di sinistra, Francesco Pignatone, anche lui democristiano passato nelle file dei cristiano sociali e lui, Emanuele Macaluso, allora giovanissimo dirigente regionale del partito.

Allora nacque il mito del Milazzismo, visto da tanti come il prototipo della libertà parlamentare contro le segreterie dei partiti, sempre, vivaddio, in nome e per conto del cittadino.

Il 18 agosto, il Presidente Milazzo, riferisce in Aula ed è li che avviene un duello dialettico straordinario che segna, inequivocabilmente, la enorme differenza di qualità di epoche diverse, di uomini diversi.

E’ il grande teatro della politica e della dialettica parlamentare. Da un lato, rientra nel dibattito parlamentare Giuseppe Alessi, che prima e durante il primo governo Milazzo era il Presidente dell’Assemblea, eletto, per la prima e ultima volta, in Italia, all’unanimità: 89 voti favorevoli e un astenuto, lui. Un mandato talmente forte da vincolarlo al più assoluto equilibrio e rispetto formale e sostanziale dei regolamenti e della lealtà al ruolo.

Dall’altro Emanuele Macaluso, che aveva portato i comunisti a far parte di quella esperienza benedetta dallo stesso Togliatti come ‘dovere essenziale di un partito democratico di avanguardia è quello di trovarsi d’accordo con tutti gli uomini, venuti fuori da qualsiasi partito, che siano disposti ad abbattere Fanfani, il suo governo e il gruppo dirigente democristiano’. L’obiettivo a lunga scadenza, di cui l’operazione Milazzo doveva essere grimaldello era ‘la costruzione di una sinistra democristiana disposta ad allearsi con i comunisti per un cambiamento politico radicale’. Politica profetica.

Preludio
Alessi: quando sembrava che la sorte pendesse verso i 45 voti di Lo Magro (candidato della DC) si gridò, con ostentata aria compunta e senso di responsabilità che il governo con 45 non poteva farsi per il bene della Sicilia! Quando, poi, il traguardo dei 45 voti toccò a Milazzo e alla sinistra, allora si, e come, il Governo dei 45 voti doveva subito farsi e insediarsi, per il medesimo bene della Sicilia

La seduta è quella del 18 agosto 1959

Atto primo: Parlamento o Paese?
Alessi incalza il Presidente Milazzo sul piano della legittimità politica, non giuridica, del suo governo che esprime una maggioranza incerta e variegata.
Milazzo risponde, ieri, come oggi ‘Ma io ho il Paese!’. E l’altro risponde ‘Ma così è il 3 gennaio, in democrazia è il Parlamento che lo rappresenta in toto!’. Onorevole Milazzo, la prego, non insista sul Paese… Sera.

Atto secondo: I responsabili?
Accorrono sulla scena tre Deputati che lasciano il partito per divenire Assessori.
Presidente Milazzo: Sono liberi deputati!
Alessi: Lei discrimina i deputati di questa Assemblea: sono liberi – vale a dire morali – i deputati che votano per lei; non sono liberi – dunque immorali – quelli dell’opposizione?
Occhipinti (a proposito di Marullo, deputato monarchico, assessore di Milazzo che infine approdò al PSIUP): Non si ispira a D’Annunzio che andando a sinistra proclamò di andare verso al vita, ma a Rascel!

Atto terzo: Sposi o concubini?
Ma il momento solenne, il coup de théatre arriva quando si scopre il gioco degli ‘amanti’. Milazzo governa con i voti del PCI e la DC reclama la chiarezza della scelta:
Alessi: On. Milazzo, Lei esercita la leadership governativa e parlamentare il cui capo riconosco non essere propriamente lei. Porgo subito il dovuto tributo, on. Macaluso: il vero capo, invece, è lei!
Macaluso: Grazie.
Alessi: qui mi sovviene di Shakespeare: Otello è il Duca, Ma Desdemona è il duca del duca, e l’on. Macaluso, in verità ha fattezze da cherubino per potere ben rappresentare l’innocenza di Desdemona! L’on. Macaluso – lo conosco bene – è un mio concittadino – è un bon’omo, di quelli, presidente, che possono darle dei punti.

Epilogo
Alessi: E’ una cosa seria la svolta a sinistra, ed Ella Presidente, invece, la tratta con un leggero passo di valzer, magari saltato all’antica. S’i deve, pero non è possibile’, diceva, ma l’ha tramutata nell’altra ‘si, non si deve, però è possibile e, quindi, si fa’.

La morale
C’è tutto quello che c’è ancora oggi. Il ‘toscanaccio’ da abbattere, la maggioranza relativa, il richiamo alla ‘straordinaria vicenda economica’, la spasmodica ricerca di singoli voti, le astensioni ‘politiche’, il richiamo al Paese, il giornale amico, i responsabili/costruttori/transfughi. Ieri come oggi, appare il contrasto tra le funzioni parlamentari e il richiamo alla piazza e ai media.
La differenza la fanno gli attori, quelli di oggi, che trasformano il grande teatro della politica in avanspettacolo. Il risultato rischia di essere lo stesso di allora, un governo di pochi mesi ma un posto saldo, per gli attori, nella storia del teatro della politica italiana.

(Paolo Inglese è docente ordinario alla Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’università di Palermo, oltre che responsabile del Sistema museale dell’ateneo)