Umberto Bossi, vecchio patriarca della Lega, non concedeva attenuanti e bollava i democristiani come “ladroni”. Matteo Salvini, invece, raccatta tutti i democristiani disponibili sul mercato del trasformismo, nella speranza di vivere e sopravvivere con i voti del bianco fiore; un banco fiore appassito, logorato, aduso alle virtù e ai tanti vizi del potere. I nomi dei cosiddetti leader che, alle elezioni europee, andranno ad affiancare il Capitano raccontano storie non sempre edificanti. Prendete Lorenzo Cesa, dell’Udc. Non scandalizza tanto il fatto che sia un recordman del cambio casacca o un reduce – indenne, per sua fortuna – di tortuose inchieste giudiziarie. Preoccupano di più i legami del suo vecchio spicciafaccende con l’avvocato d’affari che cura il retrobottega di Palazzo d’Orleans e che è il punto di riferimento di tutte le logge e di tutte le lobby.