Il Programma operativo complementare (Poc) 2014-20 della Regione siciliana “ha una dotazione di 1.633,03 milioni di euro”, così suddivisi: 780 milioni, destinati da una delibera Cipe del 2015, attengono a infrastrutture strategiche e aree di crisi complesse; 297 milioni provengono dalla Legge di Stabilità del 2016; 555 milioni da precedenti deliberazioni di giunta, relative agli anni 2016 e 2017. Con la Finanziaria approvata nei giorni scorsi a palazzo dei Normanni, la Regione vorrebbe appropriarsi di queste cifre: il suo obiettivo è trasformare le spese per investimenti in spesa corrente, a beneficio di famiglie e imprese. E contrastare in questo modo gli effetti catastrofici dell’emergenza Covid.

Ma questi soldi, in realtà, sono già impegnati in undici assi prioritari. Hanno, cioè, una specifica finalità: il rafforzamento del sistema produttivo siciliano, la riduzione e la gestione dei rischi ambientali, il miglioramento del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, il rafforzamento delle connessioni con la rete globale delle aree interne (le strade, per intenderci), il potenziamento delle infrastrutture portuali, ma anche la promozione dell’occupazione e dell’inclusione sociale. L’obiettivo degli uffici è rimodulare la maggior parte di questi fondi, affinché vengano utilizzati per gli interventi “al buio” previsti dalla Legge di Stabilità: i prestiti garantiti ad artigiani e cooperative (da erogare attraverso Ircac e Crias), il credito al consumo alle famiglie (Irfis), ma anche la ricapitalizzazione della società partecipate della Regione, nel caso in cui il capitale sociale – ma questa è soltanto una previsione – dovesse risultare eroso dagli effetti del Coronavirus.

I piani del governo Musumeci, però, rischiano di scontrarsi con la realtà. Riprogrammare i fondi Poc, infatti, non è un gioco da ragazzi. Bisogna, infatti, trattare con Roma e organizzare la rimodulazione seguendo i parametri di Bruxelles che – pur con tutta la flessibilità di questo mondo (l’emergenza è tale pure in Europa) – sono assai più raffinati. Tanto che gli uffici della Regione hanno avuto non poche difficoltà per rendere “spendibili” i 30 milioni del Fondo sociale europeo (un programma parallelo rispetto al Poc) erogati da Musumeci ai comuni per andare incontro all’assistenza alimentare. Eppure, dei famosi voucher, non c’è ancora traccia, per questo la Regione sta pensando di affiancare ai dipendenti comunali una task force per l’assistenza tecnica.

Ma torniamo ai Poc: il primo campanello d’allarme è legato alla cifra. Riprogrammare fondi per oltre un miliardo di euro richiede un iter di alcuni mesi. Così l’esultanza dei deputati, che dieci giorni fa cantarono vittoria di fronte alle rigogliose prospettive di “più denaro per tutti”, oggi è sopraffatta dal realismo. Luigi Sunseri, componente della commissione Bilancio, aspetta ancora di leggere le tabelle definitive allegate alla Finanziaria. Ma teme che, sulla base dell’ultima programmazione comunitaria, di cui riferisce la delibera n.98 del febbraio 2018, i Fondi Poc siano in larga parte “congelati”: da 800 a 900 milioni, insomma, non si potrebbero toccare, perché relativi ad “atti giuridicamente vincolanti”. Si tratta di progetti esecutivi o cantierabili, nel caso di infrastrutture strategiche, per cui esistono addirittura delle graduatorie. Un bell’inghippo.

Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta. Il primo capitolo della delibera di programmazione, l’ultima utile sulla gazzetta ufficiale della Regione, è riferito al piano di potenziamento delle infrastrutture, come indicato dalla delibera del Cipe (il comitato interministeriale della programmazione economica) del 2015. E dichiara impegnati: 217 milioni di euro per l’adeguamento della Statale 514 Chiaramonte e della Statale 194 Ragusana, che andrebbero a confluire nella nuova Ragusa-Catania, un progetto a compartecipazione regionale (costo complessivo 754 milioni) che Roma ha finalmente approvato dopo vent’anni; 87,9 milioni per l’ammodernamento e la sistemazione di alcuni lotti della SS117 (detta Statale Nord-Sud) fra Santo Stefano di Camastra e Gela; 334 mila euro per la depurazione delle acque reflue, così come individuato da un accordo di programma quadro; 90 mila euro per interventi di riqualificazione e reindustrializzazione del polo di Termini Imerese; e infine 50 mila euro per la costituzione di un fondo di garanzia per le imprese che investono nell’area territoriale di Termini. In totale fa 780 milioni vincolati.

Un’altra parte consistente dei Fondi Poc asseriscono al Piano di cambiamento (complementare rispetto al Fesr e Fse), secondo quanto previsto dalla Legge regionale n.3 del 17 marzo 2016, cioè la Legge di Stabilità risalente al governo Crocetta: 115 milioni sono stati accantonati per la realizzazione di investimenti da parte degli enti locali, 50 milioni per i cantieri di lavoro a favore dei comuni fino a 150 mila abitanti, 30 milioni per gli investimenti dei Liberi Consorzi di comuni, 20 per i cantieri di lavoro a favore degli enti di culto. Il totale di queste e altre voci fa 297,5 milioni. Come se non bastasse ci sono i 555 milioni programmati dalla giunta regionale (il cosiddetto Piano di potenziamento) che al suo interno contempla voci specifiche, quali: la zona franca di legalità nella provincia di Caltanissetta (per 50 milioni di euro), interventi nel settore del dissesto idrogeologico (148,5 milioni), piano regionale dei servizi formativi (117,5 milioni), e ancora viabilità secondaria (47 mln) e portualità secondaria (59,4).

Il programma, riferito a dieci assi prioritari (più quello dell’assistenza tecnica, pari al 2% della dotazione complessiva), dovrà essere smantellato per “indirizzare” i soldi sui conti corrente di famiglie e imprese. Ed è molto difficile che ciò avvenga con nonchalance. Come fai a “ripulire” l’asse 5, relativo al rafforzamento delle strade (voce che pesa per 300 milioni circa), per pagarci il credito a consumo delle famiglie? O togliere i soldi alla depurazione delle acque – la Sicilia è una delle regioni italiane con il maggior numero di sanzioni – per pagare 15 mila euro di prestiti ai nuclei con un reddito non superiore a 40 mila euro? E’ come mischiare l’olio con l’acqua. Sarà più facile, invece, attingere ai 104 milioni dell’asse 8 (promozione dell’occupazione e dell’inclusione sociale), che risulta avere maggiori affinità rispetto agli scopi prefigurati dal governo regionale.

Ma qualsiasi ipotesi abbozzata fino ad ora – e ripetiamo: non c’è nulla di certo, né di stabilito – deve fare i conti con le determinazioni degli uffici, che non possono perdere più tempo ma devono muoversi sul filo sottilissimo dell’incertezza finanziaria. Su questo Bilancio, in un modo o nell’altro, bisognerà tornarci. Le cifre annunciate a suon di comunicati stampa, difficilmente potranno coincidere con la realtà. Roma – da cui passa l’ultima parola anche in materia di rimodulazione – non è mai stata magnanima, e non lo sarà questa volta.