Vincenzo Figuccia, deputato regionale dell’Udc, non ha ancora usufruito della vacanza-premio. Ha preferito Palazzo dei Normanni a una bella in gita in barca, nonostante la sospensione delle attività parlamentari fino al prossimo 2 settembre: “In questo momento mi trovo all’Ars, stiamo definendo alcune proposte, a partire da una lettura critica dei dati Svimez – spiega al telefono – Il tema delle vacanze riguarda soltanto chi sceglie di deresponsabilizzarsi”. La discussione sui “collegati” è naufragata mercoledì scorso. Poi il presidente dell’Assemblea, Gianfranco Micciché, ha capito di non poter trovare un accordo coi partiti per approvare le norme urgenti e ha deciso di rinviare tutto. Se ne riparla dopo le ferie. Ma Figuccia è scosso dall’ultimo rapporto Svimez, che restituisce il quadro di un Meridione in ginocchio, con le città spopolate e il lavoro che manca: “C’è un’Italia a due velocità – spiega il fondatore del movimento “Cambiamo la Sicilia” – Il Mezzogiorno è completamente scomparso dall’agenda politica nazionale. Sono necessari degli interventi straordinari, un grande piano Marshall, per recuperare questo gap”.

Onorevole, sembra di sentire Musumeci. Anche lui parla di piano Marshall. Non è che vuole aderire a Ora Sicilia? Nei giorni scorsi è circolato anche il suo nome…

“Io ho sempre detto che il mio partito è il popolo. Sono stato eletto all’interno di un movimento e ci rimango. Faccio da lì le mie battaglie. E sto lavorando un sacco sul territorio”.

Come?

“Il primo settembre andrò a occupare le terre di contrada Grottarossa, vicino a Canicattì, che sono state oggetto di speculazione da parte di multinazionali. Un’azienda agricola ha avuto le autorizzazioni per un impianto di biometano, ma sembra si sta trasformando in un impianto industriale, che significa zero compatibilità con le coltivazioni biologiche di quel territorio. Sto parlando delle pesche che otterranno a breve il riconoscimento Igp. Cacceremo simbolicamente chi vuole stuprare la nostra terra e la riconsegneremo agli agricoltori. Questo prescinde dalle operazioni di palazzo”.

Le operazioni di palazzo, come le chiama lei, non hanno dato frutti sui “collegati” alla Finanziaria.

“Io sono stato molto critico nei confronti di questo approccio fin dall’inizio. La ritengo una modalità di procedere che teneva conto solo di singole istanze, in una logica molto parcellizzata che si esprimeva attraverso emendamenti a grappolo, che costituivano collegati a grappolo, e così via. Dissi che quest’approccio non mi piaceva e che servivano una serie di misure strategiche che guardavano al rilancio dell’azione del governo e del parlamento su alcuni temi specifici. Quelli che oggi i dati dello Svimez raccontano”.

Chi sono i responsabili del naufragio? Il presidente dell’Ars si è scusato per la confusione, ma i deputati non hanno mai rinunciato ai contentini…

“Si è iniziato a lavorare ai “collegati” all’inizio di quest’anno, dopo di che ci siamo trovati con una campagna elettorale in corso, e chi aveva il pallino nelle mani ha preferito affrontarla ascoltando i singoli parlamentari più che le esigenze del territorio. Dei responsabili ci sono e vanno individuati nelle figure che hanno una responsabilità di governo nel tenere i lavori parlamentari. Se invece di impostare il documento sulla base di un elenco di contributi da dare a un comune, a una manifestazione o a un singolo evento, si fosse seguito un approccio più organico – cioè avviare interventi strategici per lo sviluppo della Sicilia – probabilmente il presidente dell’Ars non avrebbe dovuto fare il “mea culpa”. Non è che prima si ammazzano le persone e poi si ammette di aver sbagliato. Qui si sta uccidendo il futuro di centinaia di migliaia di giovani”.

Questo risultato può essere il frutto di una scollatura fra governo e parlamento?

“Io parto da un presupposto un po’ diverso: manca l’amalgama. E devono trovarla gli uomini. Ma non mettendo insieme 36 persone e dando a ognuna di esse un contentino. La logica del marchettificio è la cosa peggiore. Così rischiamo di fare una lasagna, ossia un piatto che viene servito su una base di stratificazioni. Se dentro non c’è qualcosa che la tiene unita…”.

Il giusto amalgama può essere la condizione disastrata della Sicilia?

“Sa che nel 2018 al Sud sono stati investiti in opere pubbliche 102 euro pro-capite rispetto ai 278 del Centro-Nord? E’ chiaro che non c’è proporzione. Negli anni ’70 avevamo 677 euro di spesa pro capite per il Mezzogiorno e 450 per il Nord. Per venire incontro al divario tra le due aree del Paese, la spesa pubblica degli investimenti era maggiormente indirizzata al Meridione. Ora la tendenza si è invertita”.

E poi cosa la preoccupa?

“Che non esiste un’immigrazione di ritorno. Nei decenni scorsi chi andava via, per costruire percorsi all’estero, riportava “a casa” i capitali: per aprire un’azienda, per investire sul mattone… Oggi chi va via non ne vuole sapere di tornare. Per questo bisogna intervenire sul piano legislativo e delle riforme. Troppe ce ne sono al palo perché si possa diminuire questo divario. Che è anche un divario dei servizi che coinvolge diritti fondamentali come la sicurezza, l’adeguamento degli standard di istruzione, le prestazioni sanitarie. Chi può ancora farlo, preferisce curarsi fuori dalla Sicilia. E qui torna il tema del piano Marshall: serve un piano d’investimenti che riguardi i presidi ospedalieri, gli asili nido, le scuole. Non possiamo andare al cospetto del governo nazionale soltanto con un approccio rivendicazionista, ma con delle proposte e con una capacità di spesa dei fondi comunitari”.

Come si fa?

“Io presenterò una serie di proposte legislative ed è su questo che vorrò misurare la volontà di creare un amalgama. Quando si dice che manca un collegamento fra governo e parlamento, non possiamo aspettare che arrivi Van Basten, un fuoriclasse, a mettere tutti d’accordo. L’amalgama risiede in una serie di proposte che sono allineate non al sentire popolare ma all’esigenza di un popolo che non ce la fa più”.

Che rapporti ha con la Lega? In passato aveva espresso più di un apprezzamento sulle politiche di Salvini, ma il suo “regionalismo” rischia di cozzare con le politiche del Carroccio. Che ad esempio non fa nulla per restituire infrastrutture alla Sicilia.

“Ho visto il senatore Candiani la scorsa settimana, con lui ho un buon rapporto. In generale, credo che le alleanze non vadano negate, ma costruite a partire dalle esigenze del territorio. Troppe volte la Sicilia è stata svenduta nelle relazioni con Roma”.

Ci perdoni onorevole. Ma come si fa coniugare le esigenze della Sicilia con la politica della Lega?

“Il mio movimento Cambiamo la Sicilia ha molto in comune con la Lega della prima ora. Quella dei distretti produttivi del Nord, dove le imprese a conduzione familiare sono state il volano dell’economia, dove si parlava di quote latte e produzioni agricole. Il mio movimento regionalista, però, non ha velleità di politica nazionale. Abbiamo una quarantina di sindaci, un centinaio di consiglieri comunali. Siamo pronti a fare sponda con chi, a livello nazionale, dimostrerà di avere a cuore – coi fatti e non con le chiacchiere – il bene di questa terra. Solo un volto siciliano e un linguaggio siciliano possono interpretare le esigenze del nostro popolo”.

L’Udc ha accettato di buon grado l’invito di Berlusconi a costituire una federazione di centro, ribattezzata “Altra Italia”. Non è una mossa un po’ datata?

“Il mio leader Lorenzo Cesa ha già avuto modo di esprimersi. Per me questa o l’altra Italia sono uguali, purché si parli di Mezzogiorno, di occupazione, di non fare andar via i giovani, di riaprire le imprese. La forma mi interessa poco. Guardo più ai contenuti”.

Anche se per pochi giorni, ha avuto modo di frequentare il dipartimento all’Energia, dove il suo successore Alberto Pierobon ha faticato a tenere alla larga faccendieri e consulenti vari, che agivano per conto di interessi illeciti e corruttivi. Che clima si respira in quel dipartimento?

“Io ci ho lavorato con dedizione, ma per pochissimo tempo. E’ un settore che si è rivelato complicatissimo, con tanti buchi neri, condizionato da attività criminose e illecite. Ma di quello sono certo si occuperà al meglio la magistratura, in cui nutro grande fiducia”.