“Cosa può fare il governo regionale per evitare che la Pubblica amministrazione sia più impermeabile? Abbiamo fatto ruotare i massimi vertici dei dipartimenti, abbiamo scelto come segretario generale Maria Mattarella, abbiamo messo in discussione le pratiche autorizzatorie dei parchi eolici, abbiamo voluto un assessore ai Rifiuti “esterno”. Ma al dipartimento dei rifiuti sei servizi su nove rimangono vuoti. Nessuno vuole andarci”. Allarga le braccia Nello Musumeci. Al termine di una sfuriata che non lascia alcun fatto nuovo in eredità al Parlamento.

All’Ars si respira un clima di tensione. Il presidente Gianfranco Micciché ha evitato di volare a Roma per il comitato di presidenza indetto da Silvio Berlusconi. Il Movimento 5 Stelle è al gran completo, pronto a fustigare. C’è Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia, che prende la parola e lascia il segno: “Non dobbiamo fare di questo dibattito un’invettiva o una difesa. Dobbiamo guardare alla percezione che fuori da qui esiste della politica. Io non credo che domani il problema sarà risolto se non avremo nessun deputato indagato. Non sarà risolto il problema fin quando si penserà che qui c’è una diligenza d’assaltare. Per questo – ha concluso – propongo di adottare il codice etico approvato dalla Commissione Antimafia”.

Ci sono, ovviamente, gli assessori indagati. Da Cordaro a Turano: siedono nella prima fila del governo. I più nervosi sono i Cinque Stelle, che prendono la parola per primi e attaccano con De Luca. Il riferimento è al governatore Musumeci: “Tutto quello che c’è attorno a lei sa di fetido. Non possiamo non ricordare che lei faceva finta di non sentire che i candidati delle liste che l’appoggiavano erano impresentabili. Lei diceva che non si sarebbe fatto tirare la giacchetta. Lei si è venduto la giacchetta insieme alla dignità”.

I numeri parlano chiaro (4 assessori su 11 sono indagati, come 16 deputati su 70) e incutono timore nell’aria. Non a Musumeci, che nella parte conclusiva del suo discorso, va a testa bassa: “L’offesa personale dell’onorevole De Luca, solo perché deputato, è stata indecorosa. Credo che la politica deve avere il senso del limite. In quest’aula non c’è nessuno che può dare a me lezioni di moralità. Il mio non è superbia, ma è il diritto di rappresentare la comunità siciliana senza nessuna opacità. Pensavo che questo fosse un momento per ragionare su quali misure porre in essere”.

La lunga disamina di Musumeci si aggroviglia coi fatti degli ultimi giorni. Con l’inchiesta che ha portato all’arresto di Paolo e Francesco Arata, che provavano a intessere la loro ragnatela nei palazzi della Regione, in modo particolare nelle stanze dell’assessorato all’Energia: “Sono orgoglioso dei miei assessori e rivendico la loro azione politica – ha urlato il governatore – Di quella penale si occuperà la magistratura. In quest’aula gli avvisi di garanzia hanno interessato tutti, anche il Movimento 5 stelle. E nessuno si mai alzato dai banchi del centrodestra o del centrosinistra. Non trasformiamo la giustizia in giustizialismo”.

Musumeci ha plaudito alla scelta di Raggi di non dimettersi da sindaco di Roma, ma il suo discorso è andato in contrasto con le argomentazioni grilline. Il clima, incandescente, ha costretto Miccichè all’interruzione. Nel suo intervento precedente, il capogruppo del M5S Cappello aveva ribadito la “sua” verità incontrovertibile: “Quello che accade dentro l’Ars non è normale. Per noi non è normale che ci siano quattro assessori e sedici deputati indagati. Lei, presidente Musumeci, con il suo silenzio si è reso complice di questo stato”.

Lo stesso Micciché, prima di consegnare la parola a Musumeci per il suo discorso, aveva chiesto ai colleghi di fare attenzione: “Ricordate che gli avvisi di garanzia non possono essere presi come una condanna definitiva. Un mio amico, Gaspare Giudice, morì per via di un avviso di garanzia. I medici diagnosticarono un tumore causato dallo stress. Sono convinto che la questione morale riguarda il sistema. La questione morale riguarda le aziende e i cittadini che non riescono mai ad ottenere quello che chiedono anche in tempi certi. Di fronte al silenzio la gente impazzisce. Sarebbe preferito avere un ‘no’ certo piuttosto che un ‘ni'”.

La parte da leone è sempre di Musumeci: “In Sicilia è corrotta la classe dirigente? E in che stato è la società civile? Come diceva Salvemini, il 10 per cento del parlamento è migliore della società, il 10 peggiore. Il resto uguale. Una società malata non può che avere una classe politica malata. Io rivendico il primato della politica sulla società. La società non può essere governata dal codice politica. La politica invece si è resa subalterna al potere giudiziario, al potere burocratico e al potere economico. Se la politica si ritrae allora il suo ruolo viene preso da altri poteri. Fino a poco tempo fa gli assessorati palermitani erano teatro di galoppini, di lobbisti. Oggi questo triste scenario non c’è più. Ma i contadini sanno che per estirpare la gramigna ci vuole più di una stagione. Arata – ha proseguito – voleva un impianto privato e la Regione siciliana ha finanziato un impianto pubblico. Siamo stati impermeabili ed è un valore”. Il dibattito, sospeso per l’inasprirsi dei toni, è stato aggiornato a martedì prossimo con la discussione sulle ex province.