Il punto non è decidere. Ma ‘dove’ decidere. Per questo, nel centrodestra, a ogni passo avanti ne corrispondono due indietro. Secondo Fratelli d’Italia, che in questo tira e molla non è disposto a cedere un metro, l’esito della partita siciliana dovrebbe decidersi a Roma. A un tavolo nazionale con Meloni, Salvini e Berlusconi. Perché, almeno lì, i patrioti sperano di poter fare la voce grossa, proiettando la partita siciliana in una dimensione ‘altra’. Dove non contano il merito (come ha lavorato Musumeci?) né il metodo (con quanti ha litigato Musumeci?); ma soltanto le impuntature e la geografia. E dove gli accordi tra i leader nazionali si baseranno soltanto sulla spartizione – un po’ bieca – delle regioni rimaste: il Lazio, la Lombardia, il Friuli…

Tra i sostenitori di una soluzione ‘decentrata’, evidentemente utile per contare ancora qualcosina, c’è il solito Lorenzo Cesa. Il padre dell’Udc. Una mosca cocchiera che dall’altro del suo 2-3%, spera di dettare i tempi della politica siciliana. Qualche settimana fa, intervenendo a Modica, aveva spiegato di fare il tifo per il Musumeci-bis. Ieri il suo proconsole siciliano, Decio Terrana, ha apposto la firma (digitale) su un documento di coalizione che chiede di andare “oltre”.  Questo modo di agire e di comportarsi sembra ispirato al 5-5-5 di Oronzo Canà, l’allenatore nel pallone (interpretato da Lino Banfi) che sperava di confondere così gli avversari…

Ma qui ad andare in panne è il centrodestra. Cesa, per chiarire le idee principalmente a se stesso, ha chiesto di affrontare il nodo Sicilia al tavolo nazionale. Come FdI, in pratica. Ma dopo aver ottenuto ‘a gratis’ il sindaco di Palermo, non è chiaro a cosa punti. Forse a conservare i buoni rapporti col Bullo, una macchietta della politica nelle cui stanze si aggira un avventuriero che, da mandatario elettorale di Lorenzo nostro, finì qualche anno fa al centro di uno scandalo giudiziario per finanziamento illecito ai partiti: un giochino da 100 mila euro. Esiste ancora un rapporto d’amicizia tra Cesa, che da quell’inchiesta comunque uscì prosciolto, e il noto intermediario d’affari oggi a servizio di un Bullo, il cui futuro politico dipende, manco a dirlo, dalla riconferma di Musumeci a Palazzo d’Orleans? Questo è il dubbio che il segretario nazionale dell’Udc non ha ancora fugato. L’avesse fatto, il suo interessamento per le questioni sicule parrebbe un filino più legittimo.