Ma ci avete fatto caso?

Il discorso alto e colto di Nello Musumeci, ieri a palazzo d’Orleans, è stato sottolineato da un silenzio inquietante. Se non fosse per il solito De Luca, abile a cannoneggiare, il “passo di lato” del governatore è stato pressoché ignorato dai suoi alleati, ormai stanchi di sentirsi dire che le sorti della Regione si decideranno altrove. A Roma. E – a parte i quattro leccaculisti d’ordinanza – nessuno, nemmeno in Fratelli d’Italia, si è azzardato a esprimere una parola di sostegno nei confronti del fu (quasi) presidente, che non ne vuol sapere di mollare la presa. Nemmeno di fronte al fatto compiuto – i fischi di Taormina – che lui stesso ha ritenuto un complotto ordito da una claque di “dodici persone” (una dichiarazione che fa più ridere di uno sketch di Ficarra e Picone); e dei disastri di questi cinque anni, che un autorevole quotidiano come Repubblica – dando ragione alle battaglie sostenute da questo giornale – definisce un fallimento.

“Nello Musumeci – sostiene il capo della redazione di Palermo, Carmelo Lopapa, nel suo editoriale – non potrà ripresentarsi semplicemente perché ha fallito la sua missione. E il silenzio con cui il centrodestra ha avvolto lo show di ieri ne è la conferma. Sì, perché non c’è un solo provvedimento, una sola riforma – neanche quelle a costo zero, fosse pure della burocrazia – di cui i siciliani abbiano conservato memoria, dal 2017 ad oggi. Non un taglio all’esercito dei forestali e dei precari, non un aiuto ai Comuni al collasso, non un intervento per affrontare l’emergenza rifiuti”. Bastano poche righe per riassumere quello che Musumeci non ha fatto. Le promesse mancate. Gli impegni non mantenuti (come la chiusura dei carrozzoni). I cinque esercizi provvisori. Eccetera eccetera.

E bisognerebbe aprire un capitolo a parte sull’integrità morale: vero è che Musumeci non è stato lambito da alcuna indagine della magistratura. Ma che dire dei traccheggi del suo “cerchio magico”, delle scempiaggini del Bullo, dell’arroganza e della volgarità del Balilla, dello scandalo dell’Ast, Dell’inchiesta sui morti spalmati, della gestione familistica dell’Oasi di Troina? Mai un accenno. Il presidente, nel suo strenuo tentativo di salvare capre e cavoli, è tornato a battere sul tema della rettitudine, del rigore morale. Un pre-requisito bastevole – secondo lui – a ottenere il pass per la ricandidatura.

Ma, riprendendo l’editoriale di Lopapa su Repubblica, “prima di uscire definitivamente dal portone di Palazzo d’Orleans, anzi molto prima possibilmente, il governatore abbia cura di rivelare quali sono quelle «verità indicibili» alle quali ha alluso ieri mattina, con riferimento implicito agli alleati con i quali ha governato per cinque anni. Spieghi quali sarebbero le «palle che è pericoloso toccare». Ecco, se non all’opinione pubblica, lo vada a riferire almeno a un magistrato. Un presidente della Regione, sebbene quasi ex, non può permettersi l’omertà. In questa terra ancor meno che altrove”.