La crepa c’è e la Lega rischia di saltare in aria. Anche se qualcuno, goffamente, prova a negare. Il primo che pare non vederla, però, è Matteo Salvini (alla vigilia dell’ultima udienza su Open Arms, a Palermo, ha preferito saltare il classico appuntamento coi dirigenti siciliani: sapeva che aria tirasse); a negare – ma è una smentita che vale più di una conferma – è invece Annalisa Tardino, segretaria regionale di un partito in disarmo. La Lega vorrebbe diventare attrattiva verso l’esterno (con Lombardo e i suoi) ma fatica a darsi una forma. E non da adesso. E’ vittima di rancori, veti incrociati o, per dirla con Tardino, di “taluni con una visione diametralmente opposta di intendere la politica e la sua funzione”.

Ci sono due anime conclamate: una fa capo all’europarlamentare di Licata, in cerca di riconferma a Bruxelles; l’altra all’enfant prodige catanese, Luca Sammartino. L’ex renziano ha trattato l’ingresso nel Carroccio direttamente con Salvini, scavalcando il segretario dell’epoca: Nino Minardo. Infischiandosene delle gerarchie. Per lui, l’uomo che all’Ars aveva collezionato 32 mila preferenze (col Pd), e che era transitato in Italia Viva facendo innamorare Renzi, non serviva alcuna mediazione. Bastava il biglietto da visita. Ma quello che è successo dopo, con le annessioni alla vigilia delle Regionali dal derelitto Udc (sono arrivati l’assessore Turano ed Eleonora Lo Curto, due pezzi da novanta) hanno mostrato il Carroccio per quello che è: un impasto grumoso e privo di consistenza.

Non ne ha sotto il profilo elettorale, dato che alle Amministrative è solito correre con un paio di simboli (Prima l’Italia, il Quadrifoglio) per mascherare il passato a trazione anti-meridionale; e sui territori, visto che uno dei principali atti d’accusa nei confronti della Tardino è aver mancato d’iniziativa e non essere riuscita a coinvolgere. E in effetti la campagna acquisti della Lega non c’è mai stata. Alla presentazione di Salvo Geraci, l’ex parlamentare di De Luca, sindaco di Cerda, Salvini aveva annunciato un altro paio di innesti nel volgere di poco: nessuno li ha visti. Gli unici che potrebbero rimpolpare l’organico del Capitano all’Ars sono alcuni dei non-eletti nelle liste di Fratelli d’Italia, qualora la sanatoria “salva ineleggibili” dovesse sfumare. Per questo – dicono i più maliziosi – Sammartino è dichiaratamente contro la norma (che ieri si è arenata, spaccando la maggioranza). Ma anche un paio d’ingressi, in questo momento, non risolverebbero nulla. Tardino, dichiarando che la Lega non è spaccata – ha ammesso le responsabilità di qualcuno che pensa di “poter annullare a colpi di insulti in presenza e ricostruzioni fantasiose e offensive dettate a certi giornali, il lavoro serio, costante e competente che altri hanno fatto e continuano a fare nell’interesse dei siciliani”. Se non è un attacco questo…

Il nodo vero e proprio, stretto con troppa leggerezza da Salvini, è però la federazione con Lombardo. Un nome di un certo calibro, che potrebbe garantire alla Lega un risultato “abbondante” alle Europee, ma che non ha mai trovato la condivisione di Sammartino. I due, politicamente parlando, si detestano, e non fanno nulla per mascherarlo. Al vertice dell’Hotel delle Palme, la settimana scorsa, sono volati gli stracci: il vicepresidente della Regione, che vanta ottimi uffici presso Schifani, ha chiuso all’ipotesi di intergruppo con gli Autonomisti all’Ars, vanificando le indicazioni del leader e allontanando una volta per tutte la possibile convergenza fra anime ribelli. Poi, nel tourbillon delle nomine sulla sanità, ha cavalcato un’ideuzza niente male: la candidatura di Raffaele Stancanelli, esodato da FdI, per il prossimo parlamento europeo. Una proposta che nuocerebbe agli affari interni di Lombardo, nonostante gli ottimi rapporti fra i due. Stancanelli ha detto di non saperne nulla, ma anche gli spifferi, di questi tempi, si tramutano in tornado.

Sembra che per un pezzo di Lega l’accordo con Lombardo sia imprescindibile per avere spazio di manovra nell’Isola e conquistare un risultato in doppia cifra; mentre un altro pezzo, fedele a Sammartino, è convinto di poterne fare a meno. La sola idea di poter condividere strategie ed elettorale con l’Mpa è respingente e i segnali giunti in queste ore vanno valutati con attenzione. Da Salvini, in primis, che però passa la maggior parte del tempo a ipotizzare nuovi limiti di velocità nei centri urbani. Le questioni siciliane non lo tangono, e la posizione della Tardino nemmeno. I rivali interni lamentano un “conflitto d’interessi” fra il ruolo attualmente ricoperto e quello di candidata alle Europee (lei, fra le righe, comunica che farà campagna elettorale “da deputato che, come pochi, ha lavorato e non oziato o rubato”).

Ma i primi, seri contraccolpi potrebbero venir fuori nelle prossime ore, dopo la spartizione dei vertici della sanità. Lombardo, che il quotidiano ‘La Sicilia’ dipinge come “deluso” per la federazione che non ingrana, ha aperto un canale con Cuffaro e potrebbe cercare una nuova casa se nel Carroccio continuasse a sentirsi un corpo estraneo. Ma a quel punto anche il seggio di Tardino in Europa comincerebbe a vacillare, dato che Lombardo è il suo primo sponsor e il suo unico assist per agguantare la conferma. “Ringrazio il mio partito, con tutti i maggiori esponenti, ministri e non, per la vicinanza mostrata – ha detto nella nota di ieri la segretaria – e ringrazio Raffaele Lombardo, che è felicemente leader di un altro partito e non del nostro, per la signorilità con cui sta gestendo una vicenda architettata da chi vive da sempre con animo distruttivo e prevaricatore”.

Resta il fatto che la Lega, al netto dei muscoli tesi e della singolar tenzone, è una creatura molliccia, che non è più riuscita a cooptare i movimenti civici né ad aggregare classe dirigente proveniente dal ‘centro’ (cioè l’obiettivo sbandierato da Minardo durante la sua reggenza). Quel centro è saldamente occupato da altri schieramenti: la DC, il Mpa, ciò che resta di Forza Italia. Bisognerebbe reinventarsi. Servirebbe un guizzo, lo stesso che permise a Salvini di ottenere il 20% nell’Isola alle ultime Europee, quando spadroneggiava il voto d’opinione e lui non era finito nelle fauci del Papeete. O una proposta di governo tangibile, al netto dei soldi che Sammartino distribuisce alle aziende agricole in difficoltà. Non basterà la promessa di un Ponte, soprattutto dopo lo “scippo” (mal digerito) di 1 miliardo e 300 mila euro di fondi di coesione, a salvare le apparenze.