A Matteo Salvini non ne va bene una. A tre mesi esatti dalla crisi di governo, sollevata al Papeete, l’ex ministro dell’Interno è stato iscritto nel registro degli indagati da parte della procura di Agrigento per il caso Open Arms. Le accuse a suo carico sono sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio. Per venti giorni la nave della ong spagnola venne tenuta in rada a Lampedusa con 164 migranti a bordo, sotto il sole cocente e in condizioni disumane. Soltanto il pm Patronaggio forzò il blocco, imponendo lo sbarco immediato: “L’Autorità pubblica aveva consapevolezza della situazione d’urgenza e il dovere di porvi fine ordinando lo sbarco delle persone” scrisse Patronaggio il 20 agosto, dopo aver disposto il sequestro della nave. Tre mesi dopo, quella presa di posizione di trasforma in azione penale. Il fascicolo è stato trasferito dalla procura di Agrigento alla Dda di Palermo competente per valutare le ipotesi di reato che dovranno, poi, essere sottoposte al tribunale dei ministri. Sarà il procuratore capo Franco Lo Voi, entro dieci giorni, a confermare le ipotesi di reato, riformularle o chiedere l’archiviazione. La stessa medesima situazione si verificò col caso Diciotti. In quel caso il tribunale dei Ministri chiede l’autorizzazione a procedere, ma il Senato (a maggioranza gialloverde) la negò. Salvini, nel frattempo, continua a fare il duro: “Altra indagine, altro processo per aver difeso i confini, la sicurezza, l’onore dell’Italia? Per me è una medaglia! Rifarei e rifarò tutto”. Ma stavolta, dovesse arrivare una richiesta in Senato, il leader della Lega non potrà farsi scuso col Movimento 5 Stelle, che all’epoca del caso Diciotti, previa consultazione degli iscritti a Rousseau, decise di tutelare l’operato del Ministro.