“Altro che trainare il centrodestra… Salvini il centrodestra l’ha distrutto”. Bastano dieci secondi al telefono con Gianfranco Miccichè per smentire il leader della Lega, che poco prima, parlando delle Amministrative siciliane, aveva affidato il suo commento a una radio: “La Lega traina il centrodestra, c’è voglia di cambiamento”. Che la gente abbia voglia di cambiare, per l’ennesima volta, non è una notizia. Parlare di “centrodestra” in un contesto in cui il Carroccio si è presentato quasi ovunque da solo, invece, appare anacronistico. Il rammarico più grande per Miccichè la mancata vittoria di Caltanissetta, dove Michele Giarratana, per poco, ha mancato l’elezione al primo tue al ballottaggio sfiderà Roberto Gambino, nonostante un Movimento 5 Stelle in crisi di consensi: “Secondo lei – attacca il coordinatore di Forza Italia – traina di più il 37% di Giarratana o il 12% di Aiello? Caltanissetta è l’unico capoluogo di provincia in cui si votava. Salvini, come altrove, ha rifiutato il centrodestra ed è andato da solo. Se fosse venuto con noi avremmo evitato il ballottaggio. Ma forse ha avuto ragione lui…”.

In che senso?

“Nell’unico posto in cui siamo andati insieme, cioè a Bagheria, non siamo arrivati nemmeno al ballottaggio”.

A Bagheria ha vinto Tripoli, espressione di centro. Gino Di Stefano, sostenuto da Lega e Forza Italia, ha preso il 30%.

“Ovviamente mi è dispiaciuto perdere, ma faccio gli auguri a Filippo Tripoli, che è una brava persona e mi sta pure simpatico. Siamo contenti lo stesso, dato che è un uomo di Saverio Romano. Abbiamo discusso a lungo su chi candidare tra Di Stefano e Tripoli, poi si è deciso di candidarli entrambi. Per questo non la considero una sconfitta, bensì una scelta. Va benissimo così”.

L’altro spunto più importante di queste Amministrative arriva da Caltanissetta, dove il Movimento 5 Stelle ha perso tanti voti.

“E pensare che è la città natale di quel grande politico, che è anche vice-presidente dell’Ars, come Giancarlo Cancelleri, capo assoluto dei 5 Stelle in Sicilia. Il risultato è che passa dal 40% al 13% (risultato di lista). Il dato più rilevante è che la Sicilia resta l’ultima, vera, grande frontiera del populismo della Lega e dei 5 Stelle”.

Ma con la Lega avreste vinto da più parti, l’ha detto anche lei. Non c’è mai stata la volontà di convergere, tranne che a Bagheria?

“Il Carroccio ha dato un ordine: “Mai con Forza Italia”. Probabilmente, però, c’è stato qualcuno dei nostri che ha mal interpretato il diktat di Salvini e scelto di andare con la Lega. Pazienza, sarà stato un malinteso…”.

Si riferisce a Gela?

“A Gela, al ballottaggio, siamo noi contro la Lega. Sarà una sfida divertente”.

C’è anche Mazara del Vallo. Al secondo turno si sfidano il civico Quinci e il leghista Romanotto: chi sosterrete?

“A Mazara, dopo la gestione D’Alì, Forza Italia non è più esistita. La stiamo ricostruendo. D’accordo con i nostri alleati abbiamo candidato una donna bravissima (Benedetta Corrao), ma bisogna fare tanta strada. Per il ballottaggio servirà un ragionamento. L’atteggiamento naturale sarebbe quello di riunificare il centrodestra, ma se la Lega continua ad essere così nemica della Sicilia, come s’è dimostrata finora, ogni discorso cade. Fra domani e dopodomani sarò a Mazara per capire l’umore della gente. Vediamo come si mettono le cose”.

Faraone ha detto che il vero vincitore di questo primo turno di Amministrative è il civismo: concorda?

“Se per civismo si intendono le liste come Azzurri per Gela ha ragione lui (sorride). Le liste civiche hanno una logica, il civismo no. E’ un concetto che non esiste. Se lo si intende come una sorta di “potere al popolo” per me non funziona. Il popolo ha sempre voglia di avere le cose migliori, ma non sempre si possono ottenere. Mi spiego meglio: se potessi scegliere, mangerei tutti i giorni brioche con la panna. Ma se continuassi a mangiarle in eterno, morirei di colesterolo”.

Ma il populismo si insedia laddove la vecchia politica ha fallito.

“Uno dei meccanismi fondanti di una repubblica e di una democrazia è la rappresentanza. Oggi è saltata. Il civismo è esistito per la lotta alla mafia, per le grandi battaglie sui temi civili… quello è civismo, il resto è distruzione. Il “potere al popolo” non serve. Se Faraone per civismo intende questa roba qua, commette un errore clamoroso”.

La Sicilia ha attenuato questo vento leghista e grillino.

“Non a caso le ho detto che la Sicilia è l’ultima frontiera di resistenza al populismo. La Lega non ha sfondato e i Cinque Stelle sono crollati. Negli ultimi due giorni ho partecipato all’apertura della campagna elettorale di Giuseppe Milazzo e Saverio Romano: con noi c’era un popolo. Raccogliamo ovunque sensazioni straordinariamente positive. Io credo che tra la bufala del reddito di cittadinanza e la foto di Salvini con il mitra in mano, la gente stia cominciando a capire”.

Però la piazza a Bagheria era piena, come a Caltanissetta per Di Maio. Le piazze non sono più termometro del gradimento di un partito o di un leader?

“Evidentemente no. E’ vero che da Bagheria giungevano le immagini di una grande folla, ma gli applausi venivano solo dalla prima fila. Io sono stato in piazza e conosco i meccanismi: se ti applaudono dalla decima fila le cose vanno bene. Se ti applaude solo la prima, invece, puoi anche andartene. Salvini era applaudito solo dalla prima fila”.

Dopo lo strappo con l’ala catanese del partito, per la mancata candidatura di La Via alle Europee, ha fatto un check-up al suo partito? Come sta Forza Italia?

“E’ un partito vivissimo. Quella di Pogliese è stata una scelta personale. La scissione non è nata da una valutazione politica, o dal fatto che la destra non volesse rimanere in un partito di centro. Se così fosse, potremmo parlarne. Ma vi assicuro che non è così, c’era già un atteggiamento ostile. Il resto del partito è rimasto unito, è una cosa che non mi preoccupa”.

Ha davvero intenzione di lasciare il ruolo di coordinatore regionale di Forza Italia all’indomani delle Europee?

“Ho fatto un’intervista e sono stato sincero come al solito: assolvere a due incarichi come quello di coordinatore di Forza Italia e presidente dell’Ars è faticoso. Non si tratta di mansioni incompatibili fra loro, ma col fatto che ho 65 anni e riempiono le mie giornate, lasciando pochissimo spazio al resto. Dopo la mia uscita, però, mi sono ritrovato con un partito che a gran voce mi ha chiesto di smentire. Ovviamente mi ha fatto piacere. Ma io non devo smentire nulla, perché non ho comunicato a nessuno le mie dimissioni. E’ una cosa su cui bisogna ragionare e ci ragioneremo. La politica mi ha insegnato che, a parte Berlusconi, nessuno è insostituibile”.