“Abbiamo già avviato una verifica interna e, una volta accertato che le responsabilità sono in capo a un dipendente della Regione, saremo inflessibili”. E l’ennesima promessa di Renato Schifani in questo avvio di legislatura monca: il governatore annuncia provvedimenti esemplari per chi ha sferrato un pugno in faccia al dirigente generale del dipartimento Pianificazione strategica dell’assessorato alla Salute, Mario La Rocca. E’ giusto: la violenza va sempre condannata. L’episodio accaduto ieri in piazza Ottavio Ziino, a Palermo, è la testimonianza di “un clima d’odio”, come l’ha definito La Rocca. La sanità siciliana ha i nervi scoperti, non è in salute e l’instabilità della governance – al netto degli scatti d’ira – di certo non aiuta.

Schifani, in attesa di affidare la reggenza dell’assessorato a qualcuno di “competente” (Forza Italia lo reclama), sta toccando con mano, in questi giorni, le difficoltà di rapportarsi con l’utenza finale. Cioè l’ultimo tassello di un ingranaggio che Gianfranco Miccichè – il peggior detrattore di Razza & Co. – ha scandagliato in lungo e in largo, sostenendo che “non funziona”. Ecco alcuni esempi. In una nota diretta al responsabile del Coordinamento intersindacale della medicina specialistica del territorio, Salvatore Calvaruso, il governatore ha spiegato che “le criticità delle lunghe liste di attesa nell’erogazione delle prestazioni specialistiche in Sicilia sono all’attenzione e rappresentano una priorità del governo regionale”. Ammettendo, tuttavia, che ad occuparsene sarà il prossimo assessore.

Sempre ieri Schifani ha fatto visita al Policlinico di Palermo, dove il nuovo pronto soccorso doveva essere pronto un anno fa. Macché. Dai corridoi del ‘Giaccone’, però, ha confermato “l’impegno dell’impresa a consegnare i lavori definitivamente, con le certificazioni, entro il 15 novembre. Poi l’Università installerà le attrezzature. Così, finalmente, entro brevissimo tempo la città potrà avere un nuovo pronto soccorso, con sale operatorie e la degenza relativa alla chirurgia”. Al suo fianco, oltre al direttore La Rocca, c’era pure il rettore dell’Università statale di Palermo, Massimo Midiri. E il neo coordinatore della struttura commissariale per il potenziamento della rete ospedaliera siciliana, Salvatore Lizzio, che nelle ultime ore aveva preso il posto di Tuccio D’Urso, il cui incarico è stato revocato per mancanza di risultati. E anche per non aver completato il Pronto soccorso.

Sempre al Policlinico, da qualche tempo, è in atto il duello fra Midiri e La Rocca. Il dirigente regionale, la scorsa settimana, ha chiesto la revoca di un concorso per assumere 8 anestesisti. Il motivo? Ce ne sono già troppi: 81 più 9 specializzandi con contratto legato all’emergenza Covid. In realtà, soddisfano l’80 della pianta organica, ma – secondo La Rocca – è un numero “più che sufficiente a garantire le prestazioni erogate dall’ospedale universitario, inferiori a quelle di aziende come Villa Sofia-Cervello e Civico che con meno anestesisti hanno una produzione maggiore”.

Per Midiri, però, lo stop al concorso è uno smacco politico ed “evidenzia un’animosità e parzialità di osservazione che stupisce e che appare ben lontana dal livello di interlocuzione istituzionale che ci si attenderebbe da un organo di vertice dell’apparato amministrativo regionale”. Inoltre, aggiunge il rettore, ci sarebbero “evidenti elementi di incoerenza delle motivazioni adottate dal dirigente della Pianificazione strategica e atte a giustificare provvedimenti penalizzanti e limitanti la funzione clinico assistenziale e formativa e di ricerca del Policlinico Giaccone”. Lo scontro è aperto su mille altri fronti e testimonia difficoltà latenti: non solo a livello operativo e logistico, bensì di fiducia e rapporti istituzionali. Che forse è la cosa peggiore.

La sanità siciliana dovrebbe guardarsi allo specchio e porre rimedio alle numerose incombenze che la sovrastano. Il 10 novembre inizierà a Palermo il processo sui dati falsi Covid, dove risultano imputati l’ex assessore Ruggero Razza, l’ex capo dipartimento Maria Letizia Di Liberti (che dal giorno del suo reintegro, presta servizio al dipartimento Famiglia) e alcuni loro collaboratori. Ma c’è un’altra vicenda sulla quale non si è mai chiuso il sipario: riguarda la gestione dei rapporti fra Palazzo d’Orleans e l’Oasi Maria Santissima di Troina, l’Istituto di Ricovero e Cura per disabili gravi. Che sorge in provincia di Enna e risulta, al netto della convenzione da 500 milioni in dieci anni sottoscritta con la Regione, un ente privato e legato al Vaticano.

La scorsa primavera, grazie a un’inchiesta de ‘La Sicilia’, scoppiò lo scandalo dell’occupazione militare da parte di Diventerà Bellissima, il movimento del governatore Musumeci e dello stesso Razza, che aveva piazzato a Troina donne e uomini di partito (per ricompensare – pare – Alessandro Aricò per la mancata staffetta a piazza Ottavio Ziino). Nei ruoli più disparati: a cominciare da Claudio Volante, ex consigliere comunale di Palermo, che venne nominato direttore generale prima di essere ‘destituito’ da padre Silvio Rotondo “a seguito delle sue azioni in chiaro contrasto con gli indirizzi strategici del CdA, e che hanno creato situazioni non in linea con la missione dell’Opera”. A fare saltare il banco fu l’affidamento di un doppio incarico (per 25 mila euro) al giornalista Vincenzo Bellomo, già visto all’ufficio stampa del Comune di Palermo, per l’organizzazione di una serie di eventi di cui avrebbe potuto (e dovuto) occuparsi un dipendente pubblicista in organico all’Irccs.

Di quella vicenda non s’è più parlato. Nel corso dell’ultimo convegno sulla sanità, organizzato in piena campagna elettorale a Catania, Razza ha fatto finta di nulla, e attaccato “un sito che non dice la verità” (Buttanissima, ad onor di cronaca, è l’unico ad averla pretesa). Non ha reso onore neppure alla commissione ispettiva nominata da lui stesso, a seguito dello scandalo, per verificare la fondatezza dell’impugnativa presentata dal direttore generale dell’IRCCS (Volante, ndr) contro la revoca della sua nomina. Un atto che Antonello Cracolici (Pd) ha giudicato “una forma di intromissione nella vita e nella gestione in ente privato che potrebbe sfociare nell’inevitabile condizionamento dell’attività e delle scelte dell’Ente”. Cominciare a far luce su quella vicenda sarebbe per Schifani l’occasione di ben figurare. Di fare luce rispetto alle opacità del passato. Di rimettere ogni cosa al suo posto: prima la salute dei cittadini, poi tutto il resto.