Secondo i parametri adottati dall’Organizzazione mondiale della Sanità, si è fuori dalla pandemia dopo 28 giorni a “contagi zero”. Trapani è la provincia più in salute e non registra un caso di positività ormai da oltre due settimane (16 giorni). Addirittura il Covid Hospital di Marsala, una delle strutture dedicate esclusivamente ai pazienti Covid, un paio di giorni fa ha rimandato a casa l’ultimo malato: si tratta di un vigile del Fuoco di 67 anni. Siamo più che a metà dell’opera. Anche se dall’assessorato alla Salute della Regione siciliana, e da Ruggero Razza, non sentirete mai pronunciare parole di pomposo ottimismo che, vista l’abilità del virus a mutare e riprodursi, non è richiesto né consigliato. Ma anche la falcidiata sanità siciliana si avvia alla Fase due: il segnale più evidente, oltre che per il dato di Trapani, è fornito dal ripopolamento dei pronto soccorso (dove l’accesso era crollato per paura dei contagi) e dalla ripresa graduale delle attività ambulatoriali. Da domani e con le necessarie precauzioni, verranno trattate pure le situazioni non urgenti né indifferibili.

Persino il presidente della Regione Nello Musumeci, rispondendo al Giornale di Sicilia, ha ammesso che siamo vicini alla svolta: “Ora la curva epidemiologica ci dice che possiamo allentare un po’ la mobilitazione di questi mesi. Ma non molto perché dobbiamo essere pronti se il virus riprenderà forza in autunno”. C’è comunque un lavoro da fare e va fatto. Razza, destreggiandosi abilmente fra le circolari del Ministro Speranza, le disposizioni del governo nazionale e le indicazioni del comitato tecnico-scientifico, sta mettendo a punto un piano dettagliato che dovrebbe giungere a maturazione da qui a fine estate: prevede la limitazione dei Covid Hospital (saranno cinque le strutture “dedicate” in tutta l’Isola) e dei posti letto di terapia intensiva e degenza ordinaria, che dovrebbero passare dagli attuali 3.600 a 1.200 circa. Saranno ricavati per lo più nei reparti di Malattie infettive. A Palermo nascerà addirittura un nuovo centro che possa occuparsi di questa branca specifica, perché col virus non si scherza e la prevenzione, a queste latitudini, è più importante della cura. “Dobbiamo farci trovare pronti” ripete Musumeci.

Fino ad oggi, però, la sanità siciliana ha risposto bene. Compresi i dodici in Rianimazione, i ricoverati Covid sono “soltanto” 171. Al netto di episodi drammatici (come la morte di Calogero Rizzuto e la promiscuità all’ospedale Umberto I di Siracusa), e qualche ritardo (nell’approvvigionamento dei dispositivi di protezione e nei risultati dei tamponi al termine della quarantena volontaria), la rete ospedaliera predisposta dalla Regione non è mai andata in affanno. Le misure di contenimento hanno funzionato: tanto che non è mai stato raggiunto il picco di 4.500-7.000 positivi che alcuni studiosi avevano ipotizzato. La curva ha di poco superato le 3.300 unità prima di tornare a scendere, mentre le persone attualmente contagiate, in netta diminuzione, sono 1.659, con un aumento vertiginoso – questo sì – dei guariti. I reparti Covid si sono svuotati anche in provincia di Palermo, la seconda per numero di casi: all’ospedale di Partinico, un avamposto dell’urgenza Coronavirus, ci sono ancora dodici pazienti nel reparto di Medicina (zero in Terapia intensiva) e da dieci giorni non arriva più nessuno. Anche al Cervello è rimasta una dozzina di degenti, di cui un paio in Rianimazione, ma il tasso di riempimento dei posti letto Covid – anche grazie alla gestione di Walter Messina, il direttore generale – non ha mai superato il 30%.

In provincia di Catania si stanno superando le criticità iniziali. Ci sono 55 positivi ricoverati, di cui undici all’ospedale Cannizzaro, che da una settimana non ne riceve di nuovi. Negli ospedali dell’Agrigentino la situazione appare sotto controllo: sono 49 gli “attuali positivi”, a fronte di zero ricoveri (come Trapani) e 91 guariti; a Ragusa ci sono 37 casi in corso (è la seconda provincia dopo Trapani, che ne ha 17) con appena quattro ricoveri. E persino a Enna, fortemente condizionata dal focolaio dell’Oasi di Troina, il peggio sembra alle spalle: con otto ricoveri (dodici in meno nelle ultime ventiquattr’ore) insegue Caltanissetta (sette). I siciliani sono cinque milioni: ecco perché non mancano gli elementi per gioire. Un altro ci proviene da Marco Trapanese, fisico sanitario e professore di Macchine Elettriche all’università di Palermo, che al Giornale di Sicilia spiega come “l’aria meno inquinata e con più ventilazione, insieme all’alta temperatura hanno avuto un effetto di contrasto sul Covid 19”. “Come per altre epidemie anche la diffusione del Covid 19 può essere paragonata a una coltivazione: se le piante trovano il clima ideale – in questo caso temperature basse e aria poco salubre – progrediscono, altrimenti hanno difficoltà a svilupparsi”. Ovviamente, sottolinea il professore, “se nella fase 1 non ci fossero state le misure di contenimento, anche con 40 gradi e zero inquinamento l’impatto del Coronavirus sarebbe stato ben più grave”.

Il dato meno incoraggiante, ma non definitivo, riguarda gli appena 115 mila tamponi. Razza, però, è ottimista: il numero dei casi singoli trattati, in proporzione, è compatibile con quello delle altre regioni italiane. Individuare gli asintomatici, da qui alle prossime settimane, soprattutto in virtù dell’apertura dei confini, sarà possibile attraverso la somministrazione dei test sierologici: che da un lato potranno garantire la mappatura dei contagi – attraverso la rilevazione degli anticorpi sviluppati – dall’altro non hanno un vero e proprio valore diagnostico: non danno, cioè, la certezza di aver contratto il Coronavirus. Per quello servirà comunque il “tampone di conferma”.

Tutte le aziende ospedaliere, in queste ore, stanno decidendo chi sottoporre agli accertamenti sierologici (lo Stato ha deciso di farne 150 mila a scopo epidemiologico). L’Asp di Ragusa li ha previsti per il personale dipendente dell’Azienda, comprensivo dei lavoratori ASU, nonché degli specialisti ambulatoriali; per i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta; per il personale dei presidi di continuità assistenziale e personale USCA – Unità Speciali di Continuità Assistenziali; ma anche per il personale del 118 non rientrante tra il personale dipendente dell’azienda; e per il personale sanitario, psicologo e di polizia operante nell’amministrazione penitenziaria e detenuti. Gli oneri, in questo caso, sono a carico del servizio sanitario nazionale.

Ad altri, invece, il test sarà pagato dalla propria struttura o datore di lavoro. Stiamo parlando del personale sanitario dipendente e dei pazienti a rischio delle strutture private accreditate e contrattualizzate; del personale e dei pazienti ricoverati nelle strutture residenziali sanitarie; del personale e degli ospiti case di riposo; degli specialisti ambulatoriali esterni accreditati e contrattualizzati e del personale dipendente; e dei professionisti sanitari privati. Il test sarà eseguito nelle sedi distrettuali di Ragusa, Modica e Vittoria nella misura di 25 test al giorno, ma potrà, anche, essere effettuato nella struttura di appartenenza del dipendente così come previsto nella direttiva emanate dall’Asp. Per l’erogazione della prestazione l’Azienda ragusana ha messo a disposizione una piattaforma per la prenotazione online.

Già dalla prossima settimana, inoltre, l’Asp inizierà una campagna di screening rivolta alle Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza) che vorranno sottoporsi su base volontaria all’effettuazione del test rapido qualitativo per la ricerca degli anticorpi IgG – IgM (è questa la classificazione degli anticorpi).  In Sicilia nei giorni scorsi, una circolare dell’assessorato regionale alla Salute, ha dato il via libera ai test, autorizzando 138 laboratori (70 convenzionati e 68 pubblici). Gli esami, a carico della Regione, saranno ripetuti periodicamente. Ma anche i cittadini, pagando la tariffa completa, potranno accedere ai test sierologici. Il costo varierà da 10 euro a 32,58: con dieci euro in più lo si può fare a domicilio.

In questa fase due sarà compito delle regioni monitorare l’andamento della curva epidemiologica e comunicare i dati all’unità di crisi nazionale, che in quel caso potrà decidere di intervenire suggerendo al governo nuove misure restrittive (qualora il contagio riparta). Ed è qui che le sorti dell’emergenza sanitaria, in via d’esaurimento, si incrociano con quella dell’emergenza sociale ed economica. E’ sulla base dei nuovi comportamenti, di questo (potenziale) liberi tutti, che dipende il destino di famiglie e imprese. Tornare indietro sarebbe l’apoteosi della disfatta: “Non so immaginare un ritorno alla fase 1 – ha detto Musumeci – tutto dipende da come gestiremo la ripartenza”.