Alla sanità siciliana succede praticamente di tutto, ma l’attenzione della politica è proiettata “solo” a quello che avverrà oggi pomeriggio, quando la commissione Affari istituzionale dell’Ars – cui competono le nomine – dovrà ratificare le decisioni del governo sulla scelta dei manager delle 18 aziende sanitarie e ospedaliere. Ottenuto il via libera, i commissari potranno entrare nel pieno delle loro funzioni, diventando direttori generali. Non si tratta soltanto di una modifica dello status quo: la ratifica, infatti, darà il via alla seconda infornata di nomine, che prevede la distribuzione di 36 poltrone: quella da direttori sanitari e amministrativi. Formalmente di competenza dei direttori generali, ma che finiranno per trasformarsi nel classico giochino di pesi e contrappesi fra partiti.

Prima, però, bisognerà superare alcuni scogli posti lungo il cammino dalle opposizioni e dai “ricorrenti”, che dal 31 gennaio – giorno del decreto dell’assessore Volo – hanno evidenziato numerose anomalie nella scelta dei manager. La posizione di alcuni di essi, come nel caso del neo direttore del Policlinico di Messina, Giorgio Santonocito, andrà sanata in qualche modo. Come si evidenzia da un’interrogazione di Sud chiama Nord (primo firmatario il deputato Giuseppe Lombardo), Santonocito – nominato in quota Lega – “ha ricoperto fino alla nomina di Commissario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina, la carica di Direttore generale della Azienza Sanitaria Locale Roma 5, responsabile tra gli altri anche del Presidio Ospedaliero di Tivoli, assurto tristemente alle cronache in quanto oggetto di un drammatico incendio nel dicembre 2023, che ha causato dal morte di tre degenti ospitati nel nosocomio tiburtino”.

Il partito di Cateno De Luca ha chiesto a Schifani e Volo “se non ritengano opportuno riconsiderare la nomina del Dott. Giorgio Giulio Santonocito, addivenendo alla nomina di un diverso soggetto con i requisiti previsti dalla normativa”. In effetti la sua posizione andrà passata al setaccio, ma non è la sola. Stando a una segnalazione inviata in questi giorni al presidente della I Commissione, Ignazio Abbate, e per conoscenza ai membri della commissione Antimafia dell’Ars, guidata da Antonello Cracolici, tra i manager borderline ci sarebbe pure Ferdinando Croce, l’attuale commissario dell’Asp di Trapani (in quota Razza per FdI) che non avrebbe mai maturato “alcun requisito di direzione” e che inoltre “non ha mai gestito né risorse umane in numero rilevante né risorse economiche essendo stato semplicemente coordinatore della segreteria tecnica dell’assessore alla Salute”. Croce, ch’era stato indagato nell’ambito del processo sui dati falsi Covid, in cui Razza risulta tuttora imputato, è stato successivamente archiviato. Ma non sembra, secondo il ricorso, aver maturato in tempo utile i requisiti per l’ammissione all’elenco nazionale dei manager.

Una zona d’ombra che toccherà alla I Commissione rimuovere è quella che riguarda Maria Grazia Furnari, nominata commissario al Policlinico di Palermo: ha al proprio attivo “solamente brevi esperienze commissariali” a Caltanissetta e Trapani, ma soprattutto non si ravviserebbero nel suo curriculum “i requisiti per l’iscrizione nell’elenco nazionale”. Da chiarire anche la posizione di Gaetano Sirna, che avendo raggiunto il limite d’età, non sarebbe più iscritto all’elenco nazionale degli idonei. Mentre meriterebbero un focus ulteriore i prodigi di Walter Messina: commissariato un paio di volte a Villa Sofia, al secondo giorno d’incarico al Civico di Palermo ha messo alla gogna il direttore sanitario dell’ospedale dei Bambini, la dottoressa Desirée Farinella, per essersi resa protagonista (unica?) della “sciagura” del reparto di Nefrologia pediatrica denunciato su Repubblica da una madre. E che nessuno, tanto meno Schifani, aveva mai verificato in prima persona. Si sono fidati di una testimonianza affidata ai giornali da un genitore esigente, declassando una professionista e umiliandola pubblicamente.

Contro la decisione del neo manager, però, è montata la protesta dei sindacati e degli operatori del presidio, pronti a difendere la dottoressa. La quale, coi suoi avvocati, sta lottando per ottenere la revoca del provvedimento (ritenuto “illecito”). Sulla testa di Messina, scelto dall’assessore alle Infrastrutture Aricò (FdI), come detto pendevano già due commissariamenti, prima da direttore generale e poi da commissario ad acta dell’azienda Villa Sofia-Cervello: uno risale all’epoca di Ruggero Razza e l’altro a quella di Renato Schifani, ad aprile 2023, per aver perso una montagna di fondi comunitari (provenienza Pnrr) utili alla realizzazione di un distretto ospedaliero a Palermo-Nord, all’arredamento e messa a norma di un padiglione, all’acquisto di arredi e attrezzature del reparto di ematologia e via discorrendo. L’ammontare del danno complessivo si aggirava sui 280 milioni. Così il governo – la nota è ancora una volta di Volo – ha deciso di commissariare l’ospedale “considerato che ad oggi non vengono rilevati significativi progressi e che le attività di progettazione non risultano ancora avviate per alcun intervento”.

Tra le criticità da appurare, rimane aperta la questione dei due elenchi – quello degli idonei e quello dei maggiormente idonei – che ha infiammato la contesa fra Schifani (favorevole a una rosa ristretta di candidati, da cui in effetti si è pescato) e Lombardo. Questi due elenchi, che già in estate correvano di chat in chat, sono stati ufficializzati a ottobre, quando sulla Gazzetta ufficiale della Regione comparivano due distinti decreti: entrambi una “presa d’atto della conclusione dei lavori della Commissione regionale e degli esiti della procedura di selezione per il conferimento degli incarichi”. Non una, ma due volte. Un altro pasticcio che qualcuno, forse, dovrebbe spiegare.

Assieme al fatto che la stessa commissione giudicatrice, in una seduta da 105 minuti (del 29 giugno) riesca ad avere “ampia e approfondita discussione su ogni candidato”, valutando curriculum e competenze, al fine di ammetterli tutti (102 per la precisione) al colloquio finale. In pratica hanno impiegato poco più di un minuto a candidato. E per di più senza la redazione di una scheda per ogni profilo, come inizialmente previsto. Un lavoro fatto a metà, che non ha impedito di procedere con l’iter. Tuttavia Schifani, nonostante gli annunci, non è riuscito a dirimere i dubbi dei convitati (al tavolo del centrodestra) in tempo utile: dopo il rinvio del 31 ottobre, anche la data del 31 gennaio ha vacillato. Fino all’ultimo secondo utile era stata Fratelli d’Italia a chiedere il cambio di alcune caselle, ma il decreto – nella serata della disfatta in aula sulla “salva ineleggibili” – era già stato impacchettato.

Ora bisogna (ri)verificare tutto. E riallineare i numeri: in prima commissione il centrodestra conta su una maggioranza risicatissima e neppure il Pd è disposto a fare sconti. “L’opposizione – ha detto qualche giorno fa a ‘La Sicilia’ il segretario Barbagallo – farà valere il suo ruolo nella verifica di requisiti che appaiono dubbi: fra i nominati ci sono manager non valutati da quattro anni, alcuni sottoposti a procedimenti penali e altri contestati dai sindaci. Saremo inflessibili su ogni curriculum. A partire da quelli in cui spicca, come dato qualificante, l’aver svolto il ruolo di capo di gabinetto alla Regione…”.