Incredibile ma vero: sul decreto di nomina dei nuovi direttori generali (per ora commissari) delle Asp c’è la firma di un assessore che non solo non ha influito nella scelta dei “migliori” – la decisione è figlia di una spartizione a tavolino (serratissima) fra i partiti – ma anche con la sanità c’entra il giusto: Giovanna Volo. Eppure i manager sono stati designati dal “tecnico” che Renato Schifani, con risultati fin qui scadenti, ha posto a capo dell’assessorato di piazza Ottavio Ziino. E che ha balbettato per tutto il tragitto: persino in aula, dove in un paio di circostanze si è sottratta alle interrogazioni dei parlamentari perché nessuno degli uffici le aveva preparato le risposte.

Ma veniamo al dunque: potranno questi manager essere meglio dell’assessore a cui rispondono? E superare le criticità di cui sono rivelati “complici”? La risposta va ricercata nei profili e nel curriculum di ognuno. E i curricula sono tutti rispettabili. Ma una cosa colpisce più di altre: che la maggior parte dei commissari nominati il 31 gennaio, sono facce già viste, e che in molti casi hanno contribuito a rendere la sanità siciliana un posto peggiore, con un indice di attrattività fra i più bassi e una mobilità passiva che pesa ogni anno per centinaia di milioni sulle casse della Regione (senza considerare le difficoltà a tutti i livelli: dalla carenza di personale al sovraffollamento dei pronto soccorso).

Tra i volti già noti spicca, ad esempio, quello di Daniela Faraoni, a Palermo: per mesi ha tenuto col fiato sospeso i privati accreditati perché l’Asp 6 non emetteva i mandati di pagamento per le prestazioni in extrabudget già erogate. E non sono bastati i decreti ingiuntivi, tanto meno le raccomandazioni del direttore della Pianificazione strategica, per smuoverla dall’inerzia. Di recente la Faraoni, che per altro era contesa da Lega e Forza Italia, è finita al centro di un’interrogazione di La Vardera (deputato di Sud chiama Nord) a causa di un concorso per l’assunzione di 31 psicologi che vedeva in corsa una sua parente stretta. La manager si è tirata fuori spiegando di aver delegato al suo vice la nomina della commissione esaminatrice (anche se alcuni sindacati insistono che i primi atti relativi alla procedura rechino la sua firma).

Queste, tuttavia, sono vicende marginali rispetto al de profundis della sanità. Di cui altri manager, come il nuovo commissario del ‘Civico’ di Palermo, Walter Messina, si sono resi protagonisti. Sulla testa dell’uomo scelto dall’assessore alle Infrastrutture Aricò (FdI), pendono due commissariamenti, prima da direttore generale e poi da commissario ad acta dell’azienda Villa Sofia-Cervello: uno risale all’epoca di Ruggero Razza e l’altro a quella di Renato Schifani, ad aprile 2023, per aver perso una montagna di fondi comunitari (provenienza Pnrr) utili alla realizzazione di un distretto ospedaliero a Palermo-Nord, all’arredamento e messa a norma di un padiglione, all’acquisto di arredi e attrezzature del reparto di ematologia e via discorrendo. L’ammontare del danno complessivo si aggira sui 280 milioni. Così il governo – la nota è ancora una volta di Volo – decide di commissariare l’ospedale “considerato che ad oggi non vengono rilevati significativi progressi e che le attività di progettazione non risultano ancora avviate per alcun intervento”.

Nel giro di pochi mesi, questa è la cosa inspiegabile, Messina rientra dalla finestra dopo essere uscito dal portone. Merito degli sponsor, non certo del lavoro svolto: “Siccome questo soggetto s’è fatto benedire da FdI – attacca il solito La Vardera, nel pomeriggio delle nomine – il governo Schifani lo sta per promuovere alla guida dell’ospedale Civico: tutto questo è schifoso. Come farà a gestire il quadruplo dei soldi al Civico? In questo modo passa un messaggio devastante: non contano i risultati, non conta se dimostri di esser bravo. Ciò che conta è esser benedetto dai partiti”. Che scoperta.

Un altro colpo irreale di mercato è arrivato nelle ultime ore e riguarda il gelese Giorgio Santonocito, salito agli onori della ribalta per l’incendio che si è consumato qualche settimana fa all’ospedale di Tivoli, costato la vita a tre persone (più 200 evacuati). Il nosocomio, per inciso, era stato valutato dall’Agenas come uno dei peggiori d’Italia. Santonocito era il manager dell’Asl Roma 5, e l’inchiesta della Procura è soltanto agli inizi. Tanto basta a Sud chiama Nord, il partito di De Luca, per mettersi di traverso: partirà nelle prossime ore una lettera indirizzata a Schifani e Volo per chiedere “se non ritengano opportuno riconsiderare la nomina del Dott. Giorgio Giulio Santonocito, addivenendo alla nomina di un diverso soggetto con i requisiti previsti dalla normativa”. Non si può dire che nella sua esperienza capitolina Santonocito abbia brillato per rendimento: la Corte dei Conti ha indagato lui e i suoi predecessori per falso in bilancio. A dare un rapido sguardo alle vicende di casa nostra, specie ai ‘riconfermati’, non si può non notare l’ennesima chance per Lucio Ficarra, investito da un’inchiesta di Report in piena pandemia (per la gestione dell’emergenza Covid) che trasloca da Siracusa a Caltanissetta. Percorso inverso per Alessandro Caltagirone.

Mentre a Trapani è finito il delfino di Razza, Ferdinando Croce, la cui posizione nell’ambito dell’inchiesta sui dati falsi è stata archiviata (almeno lui è una new entry). Peccato che in quell’Asp, con una preparazione acclarata, stesse brillando Vincenzo Spera. Come riconosciuto dallo stesso Schifani, l’Azienda era stata l’unica ad aver azzerato le liste d’attesa relative al periodo 2019-22. Peccato che Spera, in un’occasione pubblica, lo scorso novembre, si lasciò scappare che la cosa più difficile che ho incontrato nella gestione dell’Asp di Trapani è stata dovere convincere i deputati regionali che nei concorsi vincono i migliori. Siamo stanchi delle raccomandazioni”. Da quel momento è calato il gelo, oltre a una raccomandazione partita dall’assessorato, e rivolta a tutti i commissari dell’epoca, secondo cui “le comunicazioni dovranno riguardare esclusivamente iniziative concrete e risultati raggiunti in relazione all’incarico aziendale ricoperto”. Un modo come un altro per dire: non andate fuori dal seminato. Sarà un caso, ma Spera non è mai entrato nel toto-nomine degli ultimi giorni. Aveva già dato.