Su “Repubblica” di oggi c’è una lunga intervista sul riformismo in Italia ad Eugenio Scalfari, come di consueto ricca di utili riflessioni, di analisi lucide e di notevole faziosità.
Il venerando giornalista attribuisce il merito prevalente delle riforme introdotte in anni lontani, alla cultura e all’impegno dei gruppi di provenienza azionista e laica che hanno dovuto fare i conti con la Democrazia Cristiana la quale “aveva abbandonato De Gasperi e che nella sostanza si opponeva a qualsiasi cambiamento”.
Scalfari aggiunge che le battaglie dell’Espresso del 1963 sulle riforme individuavano in quel partito l’avversario naturale in quando “non voleva le riforme che avrebbero intaccato il suo potere”.
Se è possibile correggere il famoso giornalista:
Nel 1962 venne nazionalizzata l’energia elettrica.
Nello stesso anno fu introdotta la scuola dell’obbligo.
Nel 1962 venne istituita la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia.
Dal 1957 al 1966 coltivatori diretti,artigiani e commercianti ottennero la pensione e l’assistenza sanitaria e fu introdotta la pensione di anzianità.
Nel 1970 si avviò il processo di nascita delle regioni a statuto ordinario.
Nello stesso anno venne approvato lo Statuto dei lavoratori.
Nel 1975 il diritto di voto fu esteso ai diciottenni.
Nel 1978 si istituì il Sistema sanitario nazionale.
Tutto ciò non poté essere realizzato malgrado la Democrazia Cristiana,ma con il suo protagonismo, con la sua forza di maggioranza nel Parlamento ,alla guida di governi di centro sinistra è raccogliendo il programma dei socialisti in modo precipuo e degli altri partiti, con le battaglie sociali e con il contributo di una opinione pubblica orientata da alcuni mezzi d’informazione.
Nella Democrazia Cristiana,attorno a qualcuno dei provvedimenti richiamati, vi furono discussioni e resistenze superate e ricomposte proprio per riformare il Paese,obbiettivo principale dell’alleanza con i socialisti.
Si sarebbe potuto e dovuto fare di più? Certamente.
Ma risulta fazioso e lontano dalla verità storica attribuire ruoli impropri alle forze politiche nella storia del Paese per supportare una lettura di parte.