Anche l’ultimo giocattolino si è rotto. I cinque deputati che si sono staccati dal Movimento 5 Stelle per correre in soccorso di Musumeci – passando da una fase di “indipendentismo responsabile” prima di ergersi a stampella del governo – non sono più cinque, ma quattro. Ieri la trapanese Valentina Palmeri, dopo settimane di sofferenza, ha deciso di entrare nel gruppo misto. Un primo passo l’aveva già compiuto, comunicando la sua adesione al progetto dei Verdi. Era rimasta da autonomista.

Ma le sue poche certezze sono crollate di fronte a una votazione. Quella che ha portato un pezzo di Attiva Sicilia – è così che si chiama la costola ‘separatista’ dei grillini – a votare l’articolo 20 della riforma edilizia, stralciato dal testo madre e diventato una leggina a se stante. Che per taluni, come la vicepresidente dell’Ars, Angela Foti, “ha l’obiettivo di dettare regole contro ogni forma di abusivismo” e ripristina “lo stato di diritto”; e per altri, come la (ex) collega di gruppo, Palmeri, è “inaccettabile” e rappresenta un “brutto segnale politico”. Parliamo del mini condono che estende la possibilità di sanare gli edifici costruiti prima del 2003 in zone a inedificabilità relativa.

Le insofferenze sui temi dell’ambiente, insomma, hanno sancito il distacco fra la Palmeri e il resto dei componenti di Attiva. Fra cui Sergio Tancredi, che nei giorni scorsi, accostando il Green Pass al trattamento riservato ai deportati dell’Olocausto, è riuscito nell’impossibile: ricompattare tutti (contro di lui, ovviamente). E’ durata poco. Lo stesso Tancredi, un mesetto fa, aveva partecipato alla kermesse del governo Musumeci – fin qui prima e unica – allo Spasimo di Palermo, per assistere a un giorno di autocelebrazione, coincisa con la promessa di una ricandidatura da parte del governatore. Attiva Sicilia, d’altronde, a fine maggio, nel corso di un appuntamento disertato da Palmeri, aveva firmato con Musumeci un patto di fine legislatura “su precisi punti programmatici che vedono la convergenza tra il governo regionale e il gruppo parlamentare. Tra gli obiettivi: la riforma degli Ipab regionali, della gestione dei rifiuti, dei Consorzi di Bonifica, l’abrogazione della sfiducia consiliare ai sindaci, la modifica della normativa sulla gestione dell’acqua pubblica, l’istituzione di un circuito regionale di finanza complementare”.

Insomma, era chiaro da che parte stesse andando la maggioranza del gruppo: a destra. E, nei corridoi dell’Ars, era abbastanza chiaro chi ce l’avesse portata: Ruggero Razza, compagno di Elena Pagana (deputata di Attiva), ma soprattutto braccio destro e spin doctor del presidente della Regione (che adesso sembra aver rinunciato alla sua funzione politica per occuparsi soltanto di sanità). L’esperimento, che ha portato in dote qualche voto utile per sfangarla sul mini-condono, sta mostrando adesso le sue fragilità. E’ la storia di un’intera legislatura.