Ora che è tornata l’opposizione potremo dormire tutti sonni più tranquilli. Forse. Schifani, ad esempio, si ritroverà a spiegare i motivi della nomina come proprio esperto di Gaetano Armao, che da assessore all’Economia del governo Musumeci fu condannato a versare al Fisco oltre 600 mila euro e che ha collezionato – ma questo fa meno testo sul piano etico – cinque esercizi provvisori di fila e alcune sentenze catastrofiche da parte della Corte dei Conti; il presidente della Regione, inoltre, sarà tenuto a spiegare in aula i motivi per cui non ha tolto a Fratelli d’Italia la delega al Turismo, nonostante le tegole che negli ultimi tempi si sono abbattute su un paio di iniziative di stampo patriota: Cannes e SeeSicily. Sembra che Scarpinato possa pagare più per una foto (con l’arcinemico De Luca) che non per la propria condotta a Via Notarbartolo.

In una regione dove l’opposizione fa il proprio lavoro, ci aspetteremmo, inoltre, di conoscere l’esito dello scandalo della parcella d’oro, che l’Ufficio legale e legislativo (acquisito il parere dell’Avvocatura dello Stato) aveva liquidato agli avvocati Russo e Stallone: 4,8 milioni in due. I professionisti (Russo era stato assessore all’Energia oltre che dirigente regionale), “assoldati” dal governo Lombardo, difendevano Palazzo d’Orleans dalla causa intentata dalle imprese private per la mancata realizzazione dei quattro termovalorizzatori. L’atto, che Schifani ha congelato in maniera tardiva, potrebbe avere conseguenze ben peggiori sulle casse regionali: è così? Quali scenari si prefigurano? Ma ci aspetteremmo anche di capire le sorti del bando per la riscossione dei tributi negli enti locali, anche questo emanato dalla Cuc dell’assessorato all’Economia ai tempi di Armao, che l’assessore Falcone decise di sospendere dopo la segnalazione di alcune anomalie evidenti (com’è già avvenuto per quello del Cas sul servizio anti-incendio).

Da un’opposizione seria e attenta, o addirittura inflessibile, ci si aspetta di poter sollevare a stretto giro una serie di interrogativi sulle vicende che hanno intiepidito il clima di questo inizio legislatura, condizionato più che altro da lassismo (amministrativo) e rassegnazione (politica). Fino a venerdì non s’era mosso nulla. I partiti avevano giocato a rimpiattino col governo, finendo per anestetizzare il ruolo dell’Ars, che in questi mesi si è limitata ad approvare poche leggi, e la maggior parte inutili.

Ma venerdì è venuta fuori la cazzimma dell’opposizione in blocco. Quella che fa capo al Pd, certamente la componente più soft, ma anche a grillini e deluchiani che di certo in questi mesi non hanno brillato: “Già dalla prossima settimana (che poi sarebbe già questa, ndr) chiederemo che nelle commissioni ed in aula si affrontino tutti i temi sui quali fino ad ora l’azione del governo Schifani è stata assente o fallimentare: dalla sanità agli enti locali, dai rifiuti al sostegno alle imprese ed al commercio, dall’agricoltura al turismo, dalle infrastrutture ai tanti aspetti che interessano il tessuto sociale più fragile. I gruppi di opposizione all’Ars – si legge in una nota condivisa – porteranno avanti un’azione coordinata, mettendo a confronto idee e proposte per lavorare ad un percorso parlamentare comune sui temi che più interessano i siciliani”.

Dovrebbero svelare le responsabilità di troppi gialli passati in sordina. Rimuovere quella patina posticcia che ha consentito al governo di non dare risposte sebbene – è utile precisarlo – molte delle questioni più contorte affondano le radici nella precedente legislatura. Ma il presidente e i suoi assessori non possono voltarsi dall’altra parte, o, peggio, insabbiare. Vanno ricondotti dalle opposizioni sulla giusta strada, quella dei dovuti chiarimenti, come sta tentando di fare Cateno De Luca – è sempre lui che arriva per primo – sui disastri del sistema Taormina: “Voglio smontare una visione della gestione della cosa pubblica stile pupi e pupari che offende la politica siciliana”, ha detto il neo sindaco. Che nel frattempo ha già rotto gli argini: dimettendosi dalla Fondazione TaoArte dopo la mancata modifica allo Statuto che avrebbe permesso al Comune di contare di più; e minacciando la chiusura delle vie d’accesso al Teatro Antico se non verranno garantiti al suo ente degli introiti per garantire i servizi “di contorno”.

Le rimostranze di De Luca andrebbero somministrate, su un palcoscenico diverso e con modi più garbati, ogni qualvolta s’intravedono delle storture. A beneficio della trasparenza e dell’equità. Ad esempio sulla nomina da 60 mila euro l’anno di Armao si potrebbero chiedere tante cose: fino a qualche giorno la Corte dei Conti in Sezioni riunite, in composizione speciale, ha costretto la Regione a rideterminare il risultato d’amministrazione del 2019 per circa 127 milioni di euro. Un pezzo di quel rendiconto era palesemente sbagliato. Perché, alla luce dei nuovi fatti (e anche di quelli vecchi), farlo diventare un riferimento della nuova amministrazione e mandarlo a trattare col governo centrale l’attivazione dei fondi a valere sui programmi comunitari? Perché pagarlo 60 mila euro l’anno? Ci fosse stato uno che abbia alzato il ditino…

Il M5s ha chiesto, dopo aver visionato le carte, una seduta d’aula per avere chiarimenti sulla gestione delle risorse del programma SeeSicily, che per Musumeci e il suo ex assessore, Manlio Messina, avrebbe garantito un valore aggiunto al brand. Già: ma perché tutti quei soldi (il plafond si è quintuplicato negli anni) dirottati a gruppi editoriali grandi e piccini, o a trasmissioni dalla dubbia utilità? Per generare quale tipo di indotto? Con quali risultati? Ecco alcune delle domande da fare, ché il materiale abbonda. La spesa pubblica è un tema che attiene da vicino alla questione morale, specie se – come accaduto per i fatti di Cannes – gli affaristi che si palesano alla Regione possono sfuggire agevolmente ai controlli, schermandosi con società estere. Era già avvenuto, ai tempi, per le operazioni audaci del censimento immobiliare fantasma. E’ successo anche ora, a distanza di anni. L’unica nota lieta: Schifani si è accorto del pateracchio e ha ritirato il provvedimento da 3,7 milioni in autotutela. Chi l’aveva proposto, o sposato, però è rimasto impunito. Ignoto, addirittura.

A questo serve l’opposizione. A riaprire i faldoni e indagare. Andando oltre le cronache giornalistiche, che spesso non hanno il tempo né la possibilità di approfondire (e talvolta neanche troppi stimoli per farlo). Prima delle Amministrative, con un decreto dell’assessore all’Economia, è spuntato un contributo da 4,5 milioni (a valere sul Fondo Sicilia, gestito dall’Irfis) a sostegno dell’editoria. Si parla di “rafforzamento finanziario” a favore delle imprese operanti in Sicilia, che, già nei dodici mesi precedenti la presentazione dell’istanza, abbiano inquadrato venti giornalisti a tempo indeterminato con sede di lavoro nell’Isola. Le imprese con questi requisiti si contano sulle dita di una mano, anche meno. Ad esse andranno 4 milioni, tutti gli altri si spartiranno le briciole. Anche questo modo di sovvenzionare gli organi di stampa, meritorio finché vogliamo, potrebbe costituire una forte limitazione al pluralismo e, in qualche caso, al diritto di critica. Così il cane da guardia della democrazia morderà sempre meno e per la politica, quella sana, non sarà un grande affare.