Riaprono lentamente le aree di emergenza: ieri è toccato al Pronto soccorso di Vittoria, in provincia di Ragusa, che raggiunge i 38 mila accessi l’anno; il 27 febbraio sarà il turno del Policlinico di Palermo (dopo mesi di rinvii). Prima o poi verranno gli Ospedali di comunità, lautamente finanziati dal Pnrr. Ma in Sicilia, come altrove, mancano i medici. E manca una politica in grado di “svoltare”. Ne è prova lo sciopero della sanità privata convenzionata, che scatta oggi e durerà fino a venerdì, quando è prevista una manifestazione di fronte alla sede dell’assessorato alla Salute, in piazza Ottavio Ziino a Palermo. Quattro giorni di stop in segno di protesta. Perché la Regione ha ritoccato al ribasso le previsioni di budget: a fine 2022, dopo che le prestazioni erano state già erogate, si è materializzato un taglio da 32 milioni di euro. In pratica ci rimetteranno gli ambulatori specialistici e i laboratori d’analisi, che garantiscono l’82% delle prestazioni erogate ogni anno dal sistema sanitario regionale.

E’ lì che è mancata la cerniera della politica e il piglio decisionista del presidente Schifani, che ha promesso una “strategia d’aggressione alle problematiche della sanità” e invece tende i muscoli a giorni alterni: ad Anas, per venire ad altri temi, ha rinfacciato la gestione e manutenzione dell’autostrada Palermo-Catania, rispedendo indietro una timeline dell’azienda di Stato che prevedeva di accorciare del 20 per cento i tempi di realizzazione dei lavori e di chiusura dei cantieri: per Schifani non è abbastanza. “Se necessario ci rivolgeremo al Ministro o al presidente del Consiglio”, tuona il governatore.

Sulla sanità, invece, la spavalderia è venuta meno. L’altro giorno a trattare coi privati è rimasta l’assessore Giovanna Volo, che lo stesso Schifani a novembre dell’anno scorso ha nominato – come “tecnico” – dando l’impressione di non farsi trascinare dagli impeti della politica. In campagna elettorale erano tutti lì, a reclamare il potentissimo assessorato alla Salute, che gestisce un budget di 9 miliardi l’anno. Circa il 40 per cento del bilancio regionale. Poi, però, accade che lo stesso assessore, peraltro privo della presenza a tempo pieno di un dirigente alla Pianificazione strategica (Requirez è ad interim), provi a evitare da sola, e non ci riesca, una serrata. Che, per inciso, produrrà un ulteriore intasamento delle liste d’attesa. Quello che Schifani, in linea di principio, vorrebbe impedire.

Le visite specialistiche e ambulatoriali fissate dal 21 al 24 febbraio, quelle differite ma soprattutto quelle urgenti, subiranno uno slittamento di mesi. E non basta che alcune sigle sindacali – Cidec e Federlab Italia, circa cento strutture ambulatoriali (su 1.800 complessive) – abbiano deciso in extremis di revocare lo sciopero. La gente sarà costretta a ripiegare sui privati non convenzionati, quindi a pagare. Oppure ad aspettare. Oltre ai proclami sulla sinergia pubblico-privato (già da prima dell’insediamento a palazzo d’Orleans) sarebbe servita un’attenta e decisiva opera di mediazione. Ma ci si è fermati molto prima. Alle parole: “L’offerta dei privati è importante per garantire qualità e capillarità all’attività analitica sul territorio – aveva sottolineato il presidente della Regione, una settimana fa -. Ben consapevoli delle criticità che affliggono il settore della specialistica ambulatoriale accreditata privata, il confronto permetterà di individuare soluzioni che siano percorribili dal punto di vista amministrativo e sostenibili sul piano economico-finanziario”. Macché.

Le soluzioni, nonostante i tentativi e i richiami dell’assessore Volo alla responsabilità, non sono arrivate. E’ arrivato lo sciopero. Mentre il governatore attraversa la Sicilia come una trottola per fare da gran cerimoniere – al Carnevale di Acireale, all’aeroporto di Comiso, nelle Università, nei territori colpiti da eventi calamitosi – la Volo fallisce il primo approccio coi problemi reali. E Schifani sul tema lascia correre. Si limita alla solita solfa: “Occorre un grande piano di modernizzazione e implementazione delle strutture pubbliche, attingendo anche ai fondi europei – ha spiegato nel corso del suo intervento a Vittoria -. Bisogna che la sanità si riappropri della propria funzione e consenta ai pazienti di essere ricevuti e curati in ambiente civili e logisticamente accettabili”. E’ il caso dei Pronto soccorsi nuovi di zecca (mettendo da parte la quasi-improvvisa chiusura del ‘Cervello’ per ristrutturazione): “Non possiamo permettere che persone che stanno male, colpite da un trauma, debbano fare i conti con un’ulteriore sofferenza derivante dalla scarsa ospitalità delle strutture sanitarie”. E ancora: “E’ evidente che mancano medici e personale parasanitario: c’è stato un errore sulla pianificazione dei numeri chiusi alle facoltà di Medicina”.

La difficoltà a reclutare medici – alcune Asp stanno tentando di aprire i bandi a personale extra Ue – è un problema vecchio come il mondo. Sa un po’ di alibi. Qualche domanda, pertanto, bisognerebbe porsela. Cosa fanno le Asp, specie quelle periferiche, per rendere i concorsi più attrattivi? Di fronte a quale tipo di remunerazione un medico di Pronto soccorso è disposto a sacrificarsi per la causa? A quale orario di lavoro dovrà sottostare per garantire la copertura del servizio h 24? Questo del personale è un problema di prospettiva che rischia di riflettersi sulla pianificazione: il governatore, citando case e ospedali di comunità, le reputa un’ottima soluzione per “decongestionare le grandi strutture”. Ma anche la prospettiva offerta dal Piano nazionale di ripresa e resilienza è vissuta con terrore. Il governatore ha promesso di “aumentare il budget da destinare alle forze mediche” per evitare che case e ospedali di comunità, ma anche i tanti punti di assistenza disseminati sul territorio, risultino un’inutile cattedrale nel deserto. L’ennesima. “La salute è un bene essenziale su cui il mio governo non farà sconti a nessuno”, chiarisce.

Il presidente prova a infondere fiducia nei suoi interlocutori. Riporta esempi positivi, come l’individuazione delle risorse (118 milioni) per far ripartire il Polo pediatrico di Palermo, che diventerà riferimento per tutta la Sicilia e l’area del Meridione. Ma là fuori la vita procede. Ed è amara, a tratti indegna, per i pazienti che non ricevono assistenza e cure. Per chi affolla i reparti d’emergenza e le liste d’attesa. Per chi è costretto a sorbirsi carichi di lavoro eccezionali e a tratti disumani, pur non facendo mancare mai l’impegno. Di fronte a questa sofferenza palpabile, che esula dai riferimenti normativi, da una visione (troppo) a lungo termine, dalle manie di grandezza, dalle voglie di esibizionismo, bisognerebbe dare delle risposte certe. E’ già troppo tardi.

La contromossa della Regione: laboratori pubblici aperti fino alle 20

Un piano operativo per fronteggiare la sospensione delle attività di laboratorio da parte delle strutture private che hanno aderito allo sciopero. Lo hanno previsto l’assessore regionale alla Salute, Giovanna Volo, e il dirigente generale del dipartimento per la Pianificazione strategica, Salvatore Requirez, che hanno inviato alle aziende e agli enti del servizio sanitario pubblico regionale una comunicazione con le strategie da mettere in campo per limitare i disagi ai cittadini.

In particolare, prevedendo anche la possibilità che si possa fare ricorso a “prestazioni aggiuntive”, l’assessorato ha chiesto che venga disposta “con immediatezza, una rimodulazione delle attività di laboratorio, ampliando le agende e garantendo dalle 8 alle 20, le attività di accettazione, pagamento, prelievo, analisi e refertazione”. Inoltre, ha invitato le strutture a massimizzare gli spazi destinati all’accoglienza dei cittadini “per far fronte all’inevitabile incremento di afflusso che interesserà tutte le strutture pubbliche”.

L’assessorato ha previsto anche la realizzazione di un monitoraggio del “prevedibile aumento di prestazioni erogate nei singoli laboratori”. I report finali, con dati rapportati ai numeri della settimana precedente, dovranno essere trasmessi al dipartimento entro quattro giorni dalla fine delle serrate, per effettuare la necessaria e conseguente analisi dell’impatto che le manifestazioni di protesta potrebbero avere sul servizio sanitario pubblico. Infine, con una prospettiva più a lungo termine, Volo e Requirez prevedono di lavorare concretamente con gli enti e le aziende del servizio sanitario regionale a “un piano di potenziamento dell’offerta specialistica pubblica, attraverso la riorganizzazione delle risorse presenti e la rimodulazione dei percorsi e degli orari di fruizione del servizio”.

La replica dei privati convenzionati: è un ricatto

“Rimodulare le attività del servizio pubblico prevedendo prestazioni aggiuntive secondo le sue indicazioni – sottolineano i coordinatori del Cimest -, comporterà un aggravio dei costi che la Regione non può sostenere. Ogni singola prestazione erogata dal pubblico costa alle casse della Regione il triplo di quanto viene corrisposto per la stessa prestazione al privato accreditato. Se, come sostiene da mesi, non esistono i fondi per consentirci di assistere tutti i cittadini che ce lo chiedono, dove li prenderà questi soldi l’assessore?”. Lo dicono i coordinatori del Cimest, Salvatore Gibiino (Sbv) e Salvatore Calvaruso (Ardiss-Fkt). “Quello dell’assessore Volo – proseguono – non è un piano operativo per fronteggiare la sospensione dell’attività ambulatoriale della specialistica accreditata, ma un ricatto bello e buono a spese dei contribuenti siciliani al quale noi non vogliamo e non possiamo sottostare”.