L’appuntamento di Mazara del Vallo, per Forza Italia, segna senz’altro qualche passo avanti. Intanto, il disgelo fra Gianfranco Micciché e Antonio Tajani, che appaiono sul palco sorridenti, tra pacche sulle spalle e strette di mano. Rivendicano un’amicizia che dura da lustri e il contributo di entrambi alla fondazione del partito, nel ’94. Dimenticate le scorie di qualche mese fa – era febbraio – quando il coordinatore regionale andava all’attacco: “Berlusconi ha nominato Tajani coordinatore nazionale del partito – diceva Miccichè a Buttanissima -. Ma lui, due ore dopo, ha ritenuto di fare il coordinatore nazionale della sua corrente. Dimenticandosi di prendere in considerazione la Sicilia, l’unica regione dove FI fa segnare risultati in doppia cifra”. Erano le ore successive alle nomine nel sottogoverno, quando l’unica pretendente siciliana, Matilde Siracusano, veniva esclusa dal giro e Tajani piazzava sei sottosegretari su sei. Ora è tutto dimenticato, o meglio: sopito. “Ogni tanto si litiga, come accade in tutte le famiglie, ma siamo e rimarremo come sempre tutti dentro la stessa casa”, è l’appunto di Tajani. Resta la convinzione, ma anche l’evidenza, che gli azzurri tirino soprattutto al Sud (sono i numeri a dirlo), ma l’appuntamento dell’hotel Mahara serve a ritrovarsi uniti e più forti; a riprendere un cammino; ad avanzare pretese.

Come quella – pensate un po’ – di Gaetano Armao, assessore regionale all’Economia, che durante la sua ultima arringa, venerdì sera, ha spiegato che Forza Italia sbaglierebbe a non rivendicare la candidatura a sindaco di Palermo (in platea siedono Francesco Cascio e Francesco Greco), perché già troppe volte ha lasciato fare agli altri. Un’analisi che merita almeno un paio di letture: la prima, smentita dal diretto interessato, che sia un endorsement per se stesso; la seconda è che l’ottenimento di una condizione simile libererebbe il partito da un onere ancora più gravoso, cioè “infastidire” Musumeci nella cavalcata verso il bis alla presidenza della Regione (che pure Micciché aveva abbozzato in qualche intervista). Così Armao ha dichiarato il proprio tifo: “Per il futuro – ha dichiarato – puntiamo a ricandidare il presidente Musumeci con una coalizione compatta che sconfiggerà la sommatoria di Pd e 5 Stelle”.

D’altronde è l’unico modo, per lui e i suoi colleghi “senza voti” (da Messina a Razza), per rimanere a galla. E provare ad essere rinominati. La presenza di Armao a Mazara è un fatto nuovo rispetto al recente passato, quando l’assessore era stato apertamente ripudiato dal gruppo parlamentare per il suo status di paracadutato (da Berlusconi): s’era iscritto – metaforicamente – al partito del governatore, non curandosi dei danni collaterali che questa collaborazione così intima e a senso unico avrebbe potuto procurare ai suoi rapporti con Forza Italia. Micciché aveva provato a chiederne la testa, ma Musumeci s’era opposto fermamente, contando sulla sponda di Tajani e della Ronzulli, rimasti da sempre i sostenitori del vicepresidente siciliano. Che oggi non potrebbe sottrarsi a un pieno e duraturo sostegno nei confronti del suo “datore”.

Dal palco, però, fanno tutti i conti senza l’oste. Da Falcone a Zambuto, è un coro unanime per Musumeci. Micciché, invece, nell’intervento di oggi ha riportato a galla i numerosi malcontenti di una legislatura nata male (FI avrebbe voluto l’assessore alla Sanità) e proseguita peggio, con il presidente della Regione che ha dato buca all’evento dei forzisti di questo fine settimana (“Ma ha finalmente abbandonato l’idea di autocandidarsi e si è rimesso nelle mani dei partiti della coalizione”). Sul palco si sono alternate nuove e vecchie glorie. Tra queste c’è Maurizio Gasparri, con la sua lezione sulla destra dopo Fiuggi. E Paolo Barelli, il nuovo capogruppo alla Camera dei Deputati, la cui elezioni ha fatto sbottare l’ala dei governisti (trattenuta a Roma da Berlusconi per evitare imbarazzi). Ma la posizione dello Stato maggiore è riabilitare in pieno la figura di Berlusconi, spiegando che se oggi, a 85 anni, il Cav. si guadagna una paginata sui giornali, è già un successo strepitoso.

Micciché spiega che sarebbe il candidato ideale per il Quirinale (“Fra tutte le pazzie questa mi pare la cosa più giusta che Berlusconi abbia mai pensato”), mentre Gasparri prova a ripulirne definitivamente l’immagine, appigliandosi alla sentenza sulla Trattativa Stato-Mafia: “Dopo questa sentenza storica dovrebbero fare un documentario per raccontare la vera storia d’Italia – ha urlato il senatore -. Berlusconi e il centrodestra hanno combattuto la criminalità, non hanno fatto patti con il crimine. Leggere il successo siciliano di Berlusconi come un patto tra Berlusconi e la mafia è una vergogna che va respinta sul piano della storia, oltre che della giustizia. Nino Di Matteo ha inquinato la storia d’Italia”. Un climax ascendente che infiamma la folla.

Ma ciò che riguarda la Sicilia – adesso – è assai distante dalle nostalgie del ’94, dalla grandezza del leader e dalle forche dei magistrati. Così Gasparri, che per FI è anche il responsabile nazionale degli enti locali e che – per inciso – qualche mese addietro aveva provato a convincere Silvio della bontà di imporre un triumvirato alla guida del partito in Sicilia, adesso torna a sposare la strategia di Micciché, persino sull’ultima operazione con Renzi e Italia Viva: “Sono d’accordo con lui. Perché lui non vuole fare il centro ma allargare il centrodestra”. E ha dato un consiglio d’immagine: “Evitiamo di farci vedere rissosi con gli altri partiti del centrodestra, altrimenti gli elettori andranno da un’altra parte”. A Musumeci spetta l’onere del primo passo: è naturale che il presidente uscente – a meno di cataclismi – finisca per essere ricandidato. Anche se questa regola, in Sicilia, vacilla da qualche tempo. Ed è anche merito, o colpa, dei difettucci di fabbrica che Forza Italia non ha fatto mai nulla per nascondere.

Miccichè rivendica l’assessorato alla Salute

Micciché e Berlusconi

“Se il prossimo presidente della Regione siciliana non sarà di Forza Italia, non lasceremo agli alleati l’assessorato alla Sanità. L’errore è stato mio di avere lasciato ad un presidente della Regione, che non ha un partito, anche l’assessorato alla Sanità, che ogni tanto lavora per noi e ogni tanto contro. Se sarò io ancora a dover decidere, questo non accadrà più. La generosità va utilizzata con i generosi, quando invece la eserciti solo in un senso e non c’è ritorno, non ha senso”. Così il coordinatore regionale di Forza Italia, Gianfranco Miccichè, sul palco della kermesse azzurra in corso a Mazara del Vallo. “Sarà candidato presidente alla presidenza di chi più lo merita, certamente la persona più voluta dalla gente – ha detto ancora Micciché -. Ognuno ha le sue idee. Alcuni nostri alleati ritengono che le persone più siano sovraniste e più piacciono. Ce ne sono altre, come me, che ritengono esattamente il contrario. Siamo una coalizione con alcune contraddizioni ma anche con tanti punti in comune. Dobbiamo andare tutti insieme ed in tal senso le ultime dichiarazioni di Musumeci mi hanno molto soddisfatto. Ha finalmente abbandonato l’idea di autocandidarsi e si è rimesso nelle mani dei partiti della coalizione”

In collegamento telefonico è intervenuto anche Silvio Berlusconi, che si è concentrato principalmente sugli aspetti nazionali. “Possiamo essere soddisfatti e orgogliosi del lavoro fatto da questo governo che abbiamo sostenuto con proposte responsabili e costruttive. Credo che questo lavoro possa continuare fino al 2023. E anche oltre”. Berlusconi ha fatto i complimenti ai vertici regionali del partito per la bella manifestazione: “Tre giorni nei quali avete rivendicato identità, orgoglio, valori, coerenza e storia”. Berlusconi ha poi ricordato i successi del suo partito nel Meridione: “A partire dal più recente con la vittoria di Roberto Occhiuto nella vicina Calabria – dice -. Il centrodestra lo abbiamo inventato noi nel 1994. Perché la nostra discesa in campo ha cambiato per sempre i connotati della politica del nostro Paese. Abbiamo portato qualcosa che prima non esisteva e che oggi non ha eguali”.