La piazza d’armi del Maniace è del privato e guai a chi gliela tocca. Si potrebbe riassumere così la decisione del TAR che ha accolto le ragioni della società “Senza Confini” sulla questione del bar-astronave, o se preferite del fiore diventato cavolfiore, nello spazio pubblico davanti al Castello federiciano sulla punta di Ortigia a Siracusa.

Infatti dopo aver a suo tempo, in sole 24 ore, sospeso cautelativamente l’ordinanza della soprintendenza che intimava al privato concessionario della piazza di ripristinare il manufatto (cioè il bar) nei termini previsti dal progetto originario, l’altro giorno dopo lunga camera di consiglio ha mantenuto la sospensiva (e quindi l’apertura del bar) e rinviato la discussione nel merito a fine marzo 2019. Nelle more però ha nominato un “verificatore”, in pratica un perito, che dovrà dire entro 90 giorni se a suo avviso ha ragione il privato oppure la Soprintendenza, il Comune, il demanio e il demanio marittimo e Italia Nostra. Ma siccome le cose bisogna ben ponderarle, passati i 90 giorni assegnati al perito (che speriamo gli bastino visto che non deve verificare le strutture di San Pietro o della Reggia di Versailles ma solo quelle di un piccolo bar in una piazza) l’udienza è stata fissata dopo ulteriori 60 e passa giorni.

Il TAR insomma vuole vederci chiaro e, giustamente, se la prende comoda perché, come ognun sa, il Tar frettoloso fa le sentenze cieche. A parere dei giudici amministrativi evidentemente esiste un fumus di gomblotto, se non sono convinti di quanto affermato da Comune, Regione (soprintendenza e demanio marittimo) e Stato (Agenzia del demanio), cioè tutte le istituzioni pubbliche che sovrintendono al territorio.

Ed in effetti di fumus in questa storia non ne manca. A cominciare dal fatto che in prima linea a contestare il cavolfiore ci sono quelli che il fiore autorizzarono e che, agli albori della polemicona post elettorale, il cavolfiore difesero, salvo poi pentirsi e scendere in giudizio contro l’eccessiva inflorescenza cementizia.

Comunque fa bene il TAR a misurare atti e parole e ad allenarsi sulle cose Siracusane. Non vorremmo essere profeti di controversie amministrative ma gli stessi giudici meditabondi (o velocissimi a seconda delle giornate), potrebbero presto da gestire un’altra patata calda non dissimile a quella del Maniace, almeno per i protagonisti in campo: Comune, Soprintendenza, Privato.

Infatti è di questi giorni querelle e gli alti lai per l’annunciata demolizione della villa Abela in Largo Campania per far posto ad alcune palazzine, “moderne e sostenibili” a parere dell’ing. Massimo Riili, costruttore di lungo corso con un (fugace) passato di assessore. La demolizione ha tutti i bolli e le approvazioni di legge e anche, dicunt, un vecchio rifiuto della soprintendenza di apporre un vincolo al manufatto.

Ma appena mosse le ruspe è insorta la parte più sensibile della città che ha gridato all’abuso, allo scandalo, alla intollerabilità della demolizione di quella villetta degli anni ’40 in cui vissero Ciccio Abela, benestante e fondatore del Circolo Unione (salotto della Siracusa bene) e la di lui consorte Adelia Abela Italia del Camelio. L’orrore scaturirebbe anche dal fatto che la villa è da un lato vicina alle latomie dei cappuccini (per intenderci, ci sono due palazzi in mezzo, ma non bisogna attaccarsi ai dettagli) e dall’altro affaccia sul mare, cioè su una pista ciclabile, ma insomma dopo c’è il mare. I soliti maldicenti, che mai mancano in una città dedita al teatro, affermano che in realtà sono i vicini autorevoli che hanno i cabasisi scassati dalla prospettiva di palazzine che gli rovinino il panorama e precludano la vista del mare, per non parlare dei fastidi del cantiere. Giustamente la sinistra istituzionale, la giunta, i movimenti stanno alzando le barricate. Intanto la soprintendenza ha bloccato i lavori dopo un sopralluogo nella villa.

Sembrerebbe una replica del caso Maniace ma…
… Ma accade che a difendere villa Abela sono quelli che non si sono riscaldati più di tanto (o sono rimasti freddi, ghiacciati) sulla vicenda del Maniace. Mentre quelli che stanno facendo le barricate per il Maniace sostanzialmente se ne fregano di villa Abela. E per fare giustizia potrebbe essere invocato ancora il TAR.