Tutte le contraddizioni del reddito di cittadinanza rischiano di venire al pettine. Nessuno si sorprende del fatto – e questo è di per sé sconfortante – che a quattro mesi dal lancio della misura simbolo dei Cinque Stelle, nessuno degli oltre 895 mila percettori abbia avuto un colloquio di lavoro. Non è colpa loro, in verità. I ritardi si sono accumulati altrove. In primis, nella macchina infernale dei Centri per l’Impiego, che, da accordi, andavano riformati. I “navigator” non ci hanno messo piede e il “Patto per il lavoro”, propedeutico all’incrocio di domanda e offerta, non è ancora stato stipulato. Anche le Regioni, le cui competenze entrano in ballo nella fase-2, non sono state fulmini da guerra: il governatore della Campania De Luca, per citare l’esempio più clamoroso, non ha intenzione di avallare una nuova stagione di precariato e firmare la convenzione con l’Anpal per mettere i tutor sotto contratto. Anche le aziende, a cui sono stati promessi sgravi fiscali in cambio di assunzioni, brancolano nel buio. Più che politiche del lavoro, il reddito di cittadinanza sta svelando il suo volto più temuto: quello dell’assistenzialismo puro.

Il reddito di cittadinanza è partito da cinque mesi. Senza troppe vicissitudini, per la verità. Nei primi giorni, quelli più temuti, non si è registrata alcuna calca né alle Poste né ai Caf. E anche le card sono state rilasciate con una tempistica quasi perfetta. La Sicilia, come detto, è la seconda regione italiana per numero di richieste: delle 215.433 domande, 154.541 sono state accolte (una parte è stata respinta, una parte è ancora in fase istruttoria). Meglio ha fatto solo la Campania con 168 mila richieste accolte su un totale di oltre 240 mila. La città in cui il reddito va per la maggiore si chiama Napoli. Ma nei primi cinque posti trovano spazio anche Palermo e Catania.

Il capoluogo di Regione ha un tasso favorevole di risposta del 73% (in Sicilia inferiore solo a Enna, al 74%): sono state dichiarate ammissibili 46.502 domande su 63.691 presentate. Numeri da far impallidire chiunque, tranne Roma e Napoli, che si trovano in vetta alla graduatoria. Nel caso di Catania, invece, hanno avuto esito positivo 35 mila richieste (su quasi 50 mila). Seguono Messina con 24 mila (di cui 17 mila accolte), Trapani con 17.191 (12.985), Siracusa con 16.876 (12.022) e Agrigento con 16.767 (12.205). In linea generale, al 15 luglio 2019, sono un milione e quattrocentomila i richiedenti del reddito di cittadinanza (895 mila quelli che l’hanno ottenuto per davvero), anche se attorno alla singola domanda – la stima è dell’Inps – ci sono 2,75 membri familiari. Questo vuol dire che la misura del reddito minimo investe 3,85 milioni di persone, di cui 2,4 sono stati sin qui soddisfatti.

Sono numeri positivi, un primo passo per la lotta alla povertà (che per il ministro del Lavoro, complice il decreto dignità, ha i giorni contati). Anche se, come tutti i numeri, diventano relativi se si considera l’altra faccia della medaglia. Ossia: che fine faranno i percettori del reddito di cittadinanza? Il sussidio, più che diventare una forma di assistenzialismo, dovrebbe rientrare a pieno titolo nelle politiche attive del lavoro. Ma il reinserimento fin qui non c’è stato. All’appello, ad esempio, mancano i “navigator”. E senza di loro non si parte. Il concorsone che si è celebrato un mese fa a Roma (in tantissimi, fra gli iscritti, hanno preferito non presentarsi in Fiera) non ha avuto seguito. Nessuno dei 2.980 vincitori ha varcato le soglie di un ufficio.

Le competenze, in questa fase, passano alle Regioni: 16 di esse – manca la Campania, dove è in corso una “guerra” fra lo Stato e il governatore De Luca – hanno già firmato una convenzione con Anpal, l’agenzia per le politiche attive del lavoro, che si occuperà della formazione dei tutor. A Palermo il corso parte il primo agosto, ma le scrivanie vacanti – nei Centri per l’Impiego – non verranno riempite prima di metà mese. I contratti a tempo determinato dei “navigator” scadranno fra due anni, nel 2021. Il reddito annuo, lordo, è di 27.300 euro, più trecento euro mensili di rimborso spesa. Alla Sicilia spettano 429 figure professionali (125 a Palermo e 100 a Catania). Il loro compito sarà incrociare la domanda e l’offerta, stipulare il cosiddetto “Patto per il lavoro”, e dare ai percettori del reddito una reale possibilità di reinserimento professionale.

In ogni caso, la posizione dei “tutor” verrà ufficialmente certificata dopo quattro mesi e 200 ore d’attività lavorativa da parte di Anpal. La tempistica, tuttora in divenire, ha come effetto quello di rallentare l’operatività della fase-2. C’è gente che ha ottenuto il primo sussidio (fino a un massimo di 780 euro) ad aprile e ancora per qualche tempo potrà vivere di rendita. Non per pigrizia, ma perché manca un front office, qualcuno con cui avviare le pratiche. Le convocazioni dovrebbero cominciare a settembre, sebbene fossero previste a un mese dalle prime erogazioni del sussidio. I candidati, nel frattempo, potranno compilare il modulo della Did (la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro). La riforma dei Centri per l’Impiego, che secondo le stime di Di Maio sarebbe dovuta costare un miliardo per il primo anno, è ancora lontana da una piena realizzazione. Ma il vice-premier ha assicurato di aver firmato i decreti per il rafforzamento dei centri, che prevede uno stanziamento di 250 milioni di euro. All’interno dei Cpi siciliani lavorano già 1700 persone, di cui solo una parte è dotata di qualifica necessaria per affrontare la nuova onda d’urto del reddito di cittadinanza. E al di là dei 429 “navigator”, sono previste nuove assunzioni: 111 posti sono garantiti dalle misure del Jobs Act, 277 da un capitolo della Finanziaria dello scorso anno.

Ma non è ancora tutto dal pianeta Rdc. Le aziende che dovrebbero assumere i percettori del sussidio – la proiezione si sposta già a dopo l’estate – hanno segnalato delle anomalie nella circolare dell’Inps in cui vengono annunciati i decantati sgravi fiscali. Come ha spiegato Vincenzo Silvestri, presidente della Fondazione consulenti per il lavoro, “manca la piattaforma ministeriale su cui dovranno transitare le offerte di lavoro, condizione essenziale per poi poter procedere all’assunzione; manca la convocazione dei percettori del reddito da parte dei Centri per l’Impiego che devono profilarli e, quindi, non è possibile avviare i servizi di assistenza previsti dalla Legge che devono essere erogati dagli operatori del mercato del lavoro pubblici e privati; infine, mancano pure i navigator, ma questo è l’ultimo dei problemi. Più tempo passa – ha concluso Silvestri nella sua disamina – e meno vantaggioso sarà assumere questi soggetti, perché diminuirà temporalmente la dote a loro assegnata”. Da mesi si sollecita l’intervento del Ministero del Lavoro e dell’Anpal per “cristallizzare” le agevolazioni, anche nelle more che queste procedure siano concluse. Potrebbe essere un inizio.