Guai a dubitare delle infinite risorse regionali. I 7 miliardi e rotti di disavanzo maturati negli ultimi trenta esercizi finanziari – roba da far accapponare la pelle e far temere il peggio – sono soltanto una “finzione”. Ad analizzare gli ultimi investimenti della Regione, tanto generosi quanto superflui, ci si convincerebbe che l’assessore Armao è un mago della finanza e il governatore Musumeci un nobile benefattore. O forse non è così. A ben vedere gli ultimi bilanci lacrime e sangue – con l’analisi della Finanziaria 2020 vincolata a un giudizio di parifica che la Corte dei Conti tarda a emettere sull’ultimo Consuntivo – non si spiegano (fermo restando che il governo è legittimo proprietario delle proprie scelte) i 14 milioni investiti per la riqualificazione di tre borghi malandati di epoca fascista, voluti da Mussolini in persona; e fanno ancora più impressione – c’è dietro la tiritera dell’incremento turistico – i 3 milioni per organizzare ad Ambelia, dietro casa di Musumeci, la Fiera internazionale del cavallo; e gli 11 milioni donati alla Rcs Sport di Urbano Cairo per far transitare alcune tappe del Giro d’Italia in territorio siciliano.

Passi per il Giro, ma l’ultima notizia – ripescata a livello nazionale anche da “Il Fatto Quotidiano” – ha davvero dell’incredibile. Nei giorni in cui Musumeci e Armao, rispondendo a una missiva del presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, consigliavano “prudentemente” di escludere dal “collegato bis” tutte le leggi di spesa, si aprivano le buste con le offerte di quattro differenti aziende: oggetto della gara d’appalto, la “vestizione” completa di uscieri, portieri e autisti in forza alla Regione. Novecentonovantasette dipendenti devono rifarsi il look. Come? Con due kit, estivo e invernale, ognuno dei quali composto da un paio d’abiti dal valore di 560 euro (la base d’asta). Quindi, calcolatrice alla mano: ogni singolo abito costa 280 euro, vestire un usciere ne costa più di mille. La gara, nel complesso, vale un milione e centosedici mila euro.

Le offerte, giunte col criterio dell’aggiudicazione al ribasso, si scostano ma non di troppo. Ad eccezione di un’azienda che ha presentato l’offerta col maggior ribasso (-37%), le altre oscillano fra le 917 mila euro e il milione tondo tondo. Occhio, però: non vale il detto “minima spesa, massima resa”. La Regione, infatti, ha fissato i paletti-qualità. Per gli uomini, le divise sono formate da giacca e pantaloni (di lana per il kit invernale, di cotone per l’estate) con l’orlo antiusura, camicia in cotone cento per cento, cravatta blu in pura seta e spilla “in lega metallica, colore oro raffigurante la Trinacria con fermo posteriore”. Sul lato sinistro del petto della giacca, “dovrà essere apposto (cucito) il logo in stoffa ricamato raffigurante il gonfalone della Regione Siciliana”. E i bottoni “dovranno riportare le iniziali della Regione siciliana (RS)”. Per le donne, la divisa prevede gonna, giacca, un foulard, camicia e spilla. Non si sgarra.

Della gara – e questo è un infame scherzo del destino – si sta occupando la Centrale Unica di Committenza siciliana. Che non va più bene per l’approvvigionamento di beni e servizi di Asp e ospedali, ma nel campo dell’ “alta moda” resiste. E qui tanto vale aprire una parentesi. Fra i capricci, in tempi di vacche magre, confezionati dal duo Musumeci-Armao c’è l’affidamento degli appalti della sanità a una centrale di committenza lombarda, l’Aria, al fine di stoppare sul nascere l’incremento della spesa sicula. Pare che la Cuc siciliana non sia al passo coi tempi. Idem per gli appalti dell’informatica che la Regione ha ceduto, questa volta, alla Liguria dell’amico Giovanni Toti, fuoriuscito di Forza Italia ma potenziale alleato – sia di Musumeci che di Armao – in future competizioni elettorali. Pare, però, che questa cessione di sovranità sia costata anche in termini di diritti di intermediazione: circa 40 milioni di euro. Direbbero i benaltristi che quei soldi potevano andare altrove: e finanziare, ad esempio, le associazioni antiracket, rimaste fuori dall’ultimo “collegato”, o i teatri siciliani, sempre più con le pezze al sedere. Punti di vista.

L’altro spreco certificato della Regione deriva dalla sua passione per lo sport. Dopo aver donato i primi 3 milioni e mezzo a Rcs Sport, la mega galattica azienda diretta da Urbano Cairo (nella cui orbita ruotano Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport), per organizzare il Giro ciclistico di Sicilia dopo 42 anni di assenza – la scarsa presenza di pubblico sulle strade dovrebbe porre qualche interrogativo agli organizzatori – un’altra prebenda da 6,5 milioni è finita in tasca a Rcs per far partire il Giro d’Italia del 2021 dalla Sicilia, che già il prossimo anno ospiterà tre tappe della corsa rosa. Una decina di milioni in tutto. “Se tutto questo ha un costo? Coi fichi secchi non si va da nessuna parte” rispose Musumeci a dei cronisti un po’ troppo impiccioni. “Ma vogliamo puntare sul ciclismo come evento di promozione del territorio”. La cifra, non al risparmio, è stata decisa dall’ex assessore al Turismo, Sandro Pappalardo, in base a uno studio effettuato dall’Università di Catania che ha analizzato i benefici del Giro sull’Isola durante il suo ultimo passaggio (nel 2018). Benedetti quei soldi, allora.

Dal mondo dello sport, quello dell’ippica stavolta, è arrivata l’ennesima fregatura. E riguarda la Fiera del Cavallo organizzata con sventolio di bandiere e rulli di tamburi, lo scorso maggio, nella tenuta abbandonata di Ambelia. Scusate: abbandonata un piffero. Prima di ospitare la rassegna di cui Musumeci si è detto “il regista” – Ambelia è a metà fra i comuni di Scordia e Militello Val di Catania, il regno del governatore – la tenuta è stata rimessa completamente a nuovo. Con un investimento che ha coinvolto sei assessorati, dieci dipartimenti, il governo nazionale e tre milioni di euro. Di cui una parte corposa, 632 mila euro, per un intervento di riqualificazione dell’area; 97 mila per il ripristino della copertura del Baglio Branciforti; 1,18 milioni per i lavori di manutenzione straordinaria (in accordo con l’Anas) della strada consortile di Ambelia; oltre 150 mila euro in pubblicità (finanziata da Turismo e Attività Produttive). E via discorrendo. In totale fanno tre milioni. E non è detto che siano gli ultimi. “Ambelia resterà un modello, un punto di riferimento, una strategia operativa collaudata e vincente e, in quanto tale, da riproporre ogni volta che sarà necessario” ha promesso Musumeci.

Tra quelle che oseremmo definire mosse “poco opportune” rientra il finanziamento da 14 milioni – ci penserà l’Esa a offrire la progettualità a titolo gratuito – per riqualificare (ecco che torna la parolina magica) alcuni borghi abbandonati, come Borgo Borzellino e Borgo Lupo, vecchi agglomerati di epoca fascista dove oggi vivono appena una settantina di persone. Secondo il presidente della Regione, l’operazione ha un duplice scopo: “Il recupero di uno straordinario patrimonio di architettura rurale appartenente alla storia contadina della nostra Isola, che rischia di scomparire del tutto; e la restituzione a territori poveri dell’entroterra di tre strutture da destinare ad attività compatibili col contesto, a cominciare dall’agriturismo o dal turismo rurale”. Tutto fa sviluppo.

Lo fa un po’ meno, e somiglia tanto a un vezzo dal tempismo sospetto, la stabilizzazione di 70 precari della Spi, l’ormai nota Sicilia Patrimonio Immobiliare, una società in liquidazione dal 2017 e il cui personale finirà in pancia alla Regione. Altri soldini da tirar fuori. Per la cronaca: Sicilia Patrimonio Immobiliare è la società creata dalla Regione, mista pubblico-privata, che avrebbe dovuto incaricarsi di realizzare il censimento del patrimonio immobiliare dell’Ente oltre un decennio fa. Quello inaccessibile, e costato pressappoco 110 milioni di euro. Il grillino Antonio De Luca, qualche tempo fa, ha chiesto di avere i nomi dei dipendenti dell’epoca e, se è il caso, di ascoltarli in commissione Antimafia per capire dov’erano ai tempi dello scandalo. L’invito è ancora valido.