Una docente di diritto, cresciuta nel mito di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con una passione vivida per la scrittura. L’ultimo libro di Stefania Auci si chiama “I leoni di Sicilia” ed è una grandissima rivelazione. Sarà tradotto in mezzo mondo (dalla Spagna agli Stati Uniti) ed è stato già opzionato per la trasposizione televisiva. Nelle oltre 400 pagine, la Auci ricostruisce la storia della famiglia Florio. Il primo, grande esempio di imprenditoria lungimirante. Giunti a Palermo alla fine dell’Ottocento – dalla Calabria – Paolo e Ignazio Florio cominciano con piccoli investimenti (una bottega di spezie, il commercio dello zolfo) che poco per volta diventeranno grandi. I Florio inaugurano una compagnia di navigazione, acquistano terreni e palazzi e con Vincenzo, figlio di Paolo, si danno al “food and beverage”, come lo chiameremmo ai giorni nostri: trasformano il Marsala, un vino da poveri, in un pregiato nettare e, a Favignana, imparano la conservazione del tonno (sott’olio e in scatola), garantendo un netto incremento della produzione. Due pionieri.

Confermando la tesi che accanto a un grande uomo c’è sempre una grande donna, la Auci garantisce una vetrina anche alle componenti femminili della famiglia Florio. “Le donne del mio romanzo – ha confermato in una recente intervista – sono accomunate dalla capacità di rialzarsi anche nei momenti più complicati. Sanno sempre ripartire e andare avanti, qualsiasi cosa sia successa. È stato così anche nella vicenda reale di Casa Florio perché le donne di famiglia erano veramente figure forti, indomabili. Magari rimanevano nell’ombra come era normale per il ruolo che la donna aveva nella società dell’Ottocento però erano punti fermi, imprescindibili”. La passione della Auci per la scrittura ha radici antiche: “Avevo dieci anni. Il primo quadernetto fu una fanfiction su Holly e Benji. Poi è venuto tutto il resto. Ho staccato per parecchi anni, in verità, durante il periodo dell’università e del mio lavoro in uno studio legale. Ma la scrittura è qualcosa di troppo forte, mi appartiene. Quindi, di nuovo, altre fanfiction. E poi il passo successivo, la scrittura in un mondo ‘mio’”.

Sull’edizione palermitana di Repubblica, la Auci ha raccontato il suo 19 luglio, giorno dell’anniversario – il ventisettesimo – della strage di via D’Amelio: “Ho un ricordo labile ma diretto di Borsellino. Un seminario sulla mafia al cineteatro Ariston. Era venuto per incontrare i ragazzi delle scuole, aveva parlato dell’importanza dell’istruzione e di come le indagini non sarebbero mai andate avanti se non si fosse scardinato il sistema culturale che vi era alla base della cultura mafiosa. Ora che sono docente – ha scritto nella sua testimonianza – so quanto conta l’educazione alla legalità, quanto è possibile far appassionare i ragazzi allo studio del diritto. Quanto i ragazzi abbiano voglia e forza di credere a un’idea”. Insegna all’istituto Paolo Borsellino, non sarà certo un caso.