Il procuratore aggiunto di Palermo, Sergio Demontis, e i sostituti Maria Pia Ticino e Andrea Fusco, hanno spedito l’avviso di conclusione delle indagini relativo all’inchiesta sui dati falsi Covid, che a marzo dello scorso anno aveva messo a soqquadro l’assessorato alla Salute della Regione siciliana, con tre arresti e l’iscrizione dell’assessore Razza nel registro degli indagati. I pm, come riferito da Live Sicilia, confermano l’impostazione accusatoria: sulle piattaforme informatiche regionali e ministeriali, nei mesi scorsi, sono stati caricati dati falsi sul monitoraggio dell’epidemia Covid in Sicilia. La Procura sostiene la tesi del “disegno criminoso”.

A ricevere l’avviso sono l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, l’ex dirigente generale del Dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico Maria Letizia Di Liberti (inizialmente finita ai domiciliari, da qualche settimana ha ripreso servizio alla Regione) e il direttore del Servizio 4 dello stesso Dasoe, Mario Palermo. Gli altri indagati sono Salvatore Cusimano, dipendente dell’assessorato regionale al Lavoro e nipote della Di Liberti; Emilio Madonia, dipendente di una società privata che si occupava della gestione del flusso dei dati sul Covid; Roberto Gambino, dipendente dell’Asp di Palermo e distaccato al Dasoe.

Per tutti l’accusa è di falso in concorso. Soltanto per la Di Liberti e Madonia si aggiunge la contestazione di avere indotto in errore, trasmettendo dati falsi, il ministero della Sanità e l’Istituto superiore di Sanità che classificarono la Sicilia a rischio basso e non moderato nella settimana dal 14 al 20 dicembre. Secondo l’accusa sarebbero “non veritieri” i dati caricati in più giorni fra ottobre 2020 e gennaio 2021. Alterato era il numero dei tamponi eseguiti, quello relativo ai nuovi positivi al Coronavirus e i dati sui ricoveri nei reparti ordinari e nelle terapie intensive degli ospedali siciliani. Non ha rilevanza penale, invece, la conversazione in cui Razza fa riferimento a una spalmatura dei morti in giornate differenti: il numero è sbagliato ma non incide sulla classificazione cromatica dell’Isola.

Ma a contestare la permanenza di Razza in giunta è Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia all’Ars: “Al di là del rilievo penale, sul quale altri giudici dovranno pronunciarsi, le accuse della Procura della Repubblica di Palermo nei confronti dell’assessore Razza e dei suoi più stretti collaboratori confermano un fatto, in sé moralmente più grave dell’ipotesi di reato. Quello cioè che sulle piattaforme informatiche del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità furono caricati dati falsi sul Covid. Di fronte a questa certezza, non può che indignare il tradimento del patto di lealtà con i Siciliani rispetto alla tutela della loro salute. Indignazione che va ben oltre il “disegno criminoso” di cui parla la Procura. Qualunque cosa decisa di fare Razza, da oggi moralmente non è più l’assessore alla salute di alcuno”.

Critiche anche dal Movimento 5 Stelle: “Le indagini della Procura della Repubblica confermano l’esistenza di un ‘disegno criminoso’ dei responsabili della sanità in Sicilia dietro il caricamento dei dati nelle piattaforme informatiche del Ministero della Salute – scrive il capogruppo Nuccio Di Paola -. Cosa di cui noi abbiamo sempre avuto il forte sospetto e che abbiamo a più riprese evidenziato anche prima dell’apertura delle indagini. Non a caso avevamo chiesto di audire il Comitato Tecnico Scientifico in Commissione Salute, proprio per farci spiegare come fosse stato possibile il miracoloso aumento del 50% di analisi di tamponi molecolari, schizzati da 5.000 al giorno a 7.500, senza che fossero stati potenziati i servizi di analisi siciliani, in quel periodo in grosse difficoltà. Ora, al di là del fatto se si andrà a processo o meno, le risultanze delle indagini attestano una condotta moralmente inaccettabile dei vertici della Sanità siciliana. Musumeci e i siciliani ne prendano atto”.

Razza in una nota fa presente che “l’avviso di conclusione delle indagini è un atto a garanzia della difesa. Da una prima lettura delle contestazioni sembrerebbe che le indagini abbiano consentito di accertare che non c’è mai stata una valutazione erronea sulla fascia di collocazione della nostra Regione da parte del ministero, come originariamente ipotizzato, che nessuna ‘zona rossà è stata rinviata e occultata”. “Oggi vengono in evidenza alcune discrasie – aggiunge – sul form giornaliero che, come mi è sempre stato spiegato, venivano recuperate settimanalmente e che, pertanto, non hanno determinato alcuna incidenza sul quadro epidemiologico. Su queste lavoreremo con i consulenti tecnici anche perché permane una divergente valutazione con l’Ufficio del pubblico ministero sul computo dei dati, che non potevano a nostro avviso essere considerati a cadenza giornaliera, come previsto e come nei fatti operato da tutte le altre Regioni. Speriamo di poterlo adesso ulteriormente chiarire nel corso della fase di difesa che si apre con l’avviso notificato, mantenendo la stessa ottica di rispetto dell’attività degli inquirenti e di confronto tra tesi giuridiche divergenti che abbiamo seguito sino a ora”.