I candidati sono pregati di allinearsi al cancelletto di partenza: la corsa a segretario del Pd sta per cominciare. Scadono il 28 febbraio i termini per presentarsi al via della seconda campagna congressuale negli ultimi due anni. La precedente, culminata il 23 dicembre 2018, con l’autoproclamazione di Davide Faraone (oggi capogruppo al Senato di Italia Viva), si è conclusa con un tonfo terribile e la decisione, da parte di Roma, di commissariare il partito siciliano. E di affidarlo alle cure di Alberto Losacco, parlamentare di Brindisi vicinissimo a Dario Franceschini. Areadem, la corrente del Ministro dei Beni culturali, è la stessa di Giuseppe Lupo e Teresa Piccione, che all’ultima tornata elettorale avevano osato sfidare Faraone (prima di ritirarsi a un passo dai gazebo); e che oggi torna clamorosamente in auge grazie a Anthony Barbagallo. Sul nome dell’ex assessore al Turismo (con Crocetta), catanese, sembrano aver trovato la quadra i big del partito regionale.

Franco De Domenico, che nei prossimi mesi potrebbe abbandonare l’Ars per far posto al renziano Pippo Laccoto (pende una causa in tribunale), è stato il promotore di una petizione che ha raccolto ottanta firme, tra deputati nazionale (il più illustre è l’ex rettore di Messina, Pietro Navarra) e amministratori locali, che vedono in Barbagallo il candidato più autorevole alla guida del Pd: “Con la sua storia di impegno politico al servizio del territorio e con la sua riconosciuta esperienza accumulata in questi anni – si legge nella nota – è in questo momento la figura più adatta a tirare fuor dalle secche il Pd siciliano e a dare speranza e futuro ad una comunità politica che con grande spirito di militanza e voglia di partecipazione avverte oggi, più di ieri, la necessità di un rinnovato impegno per la politica e il territorio”. Ma, attraverso Buttanissima, arriva anche l’endorsement di Antonello Cracolici: “Se Barbagallo è quello giusto? Credo di sì, ha tutte le caratteristiche. E’ un deputato regionale, ha fatto il sindaco, e, vista l’età, è ancora pieno di energie”.

Insomma, sembra quasi fatta. L’avvocato, 44 anni, giunto alla sua seconda legislatura a palazzo dei Normanni, si è messo in luce durante l’ultimo tesseramento online. Da Catania, dove sono state “staccate” circa un terzo delle tessere, è arrivato un contributo fondamentale al raggiungimento dei 15 mila iscritti (il dato non è ancora ufficiale). A Barbagallo viene riconosciuta un’ottima capacità di aggregazione, e di stare alla larga dai problemi e dalle logiche dei campanili, che hanno logorato il partito fino a farlo implodere. Il deputato, al di là delle voci che si rincorrono, non ha ancora mosso le sue pedine, ma lo stesso Losacco, parlando con Livesicilia, ha ammesso che i due candidati alla segreteria potrebbero essere l’ex assessore regionale e Antonio Ferrante, responsabile Cultura del partito e fin qui l’unico a ufficializzare la propria discesa in campo.

Da fonti ufficiali, Ferrante è anche l’unico a lagnarsi per questo regolamento che “appare confuso, incoerente e per certi aspetti paradossale”. Tra le anomalie, viene segnalato “l’obbligo di depositare, in due battute, oltre mille firme per la candidatura al (congresso) regionale senza la minima indicazione sul come raccoglierle trattandosi, come dice il commissario, di singole iscrizioni online. Bussare al citofono di ogni siciliano per chiedere se si è tesserato al Pd credo richieda un po’ più dei dieci giorni previsti per il deposito della candidatura”.

In precedenza anche Giuseppe Lupo, capogruppo dem all’Ars, e Nello Dipasquale, deputato regionale zingarettiano, avevano invocato “primarie aperte”. Ma ha prevalso un’altra soluzione, e nessuno ha voglia di mettersi di traverso. “Ho sempre sostenuto che le primarie non ammazzano nessuno – spiega anche oggi Dipasquale -. Ma se si va verso una candidatura unitaria, o che coinvolga la stragrande maggioranza del partito, avrebbe poco senso celebrarle”. Lusinghiero anche il giudizio su Barbagallo: “E’ un collega che conosco dalla scorsa legislatura, e non ho nulla da eccepire sulle qualità personali e politiche. Se si andrà in questa direzione, non ci sarà alcuna difficoltà da parte mia ad aderire”.

Se da un lato viene avanzata la richiesta di correggere il regolamento, allo scopo di “restituire dignità e valore agli organi di partito”, dall’altro Cracolici esulta: “Mesi fa è stata approvata la modifica dello Statuto nazionale. La Sicilia è la prima regione che arriva a congresso dopo quella modifica. Il fatto che siano i tesserati a scegliersi il segretario mi pare una cosa di buonsenso”. Anche perché, al di là di gaudiose processioni ai gazebo, la formula delle primarie, secondo l’ex assessore all’Agricoltura, “non è stata altrettanto efficace sul piano politico, perché inevitabilmente le dinamiche si sono ridotte allo scontro fra nomi che ha determinato un esasperato correntismo. Il fatto che si renda più fluida la possibilità di eleggere un segretario, che sia anche l’ispiratore di una linea politica a cui gli iscritti possano chiedere conto, mi pare un modo più ordinato di fare funzionare un partito. D’altronde, l’amministratore di un condominio lo eleggono i condomini…”.

Il Pd però non si ridurrà a un condominio. Gli iscritti, infatti, potranno eleggere i 300 componenti dell’assemblea regionale (presentazione delle liste entro il 16 marzo). Che stavolta dovrebbero essere un po’ meno. Il nuovo regolamento, infatti, stabilisce che il 20% dei delegati sarà costituito da non iscritti, anche se non è ancora chiaro il criterio di selezione. Arriveranno da movimenti (magari anche le sardine), associazioni e territori che vogliono condividere l’esperienza politica e programmatica del Partito Democratico, finendo per contaminarsi solo in parte. E’ questa l’apertura verso l’esterno, e pazienza se qualcuno dovesse rimanere deluso: stavolta non si torna indietro. “E’ stato un percorso difficile, impegnativo per tutti – ha sottolineato il commissario Losacco -. Mi auguro che ci sia grande senso di responsabilità, grande partecipazione e soprattutto grande rispetto per quello che sarà l’esito del congresso”. Non saranno ammessi Aventini di sorta, tanto meno battaglie a suon di carte bollate.

Il processo di normalizzazione del Partito Democratico culminerà poi con le elezioni Amministrative del 24 maggio. L’assetto da proporre nei comuni, le eventuali alleanze civiche o col Movimento 5 Stelle, meritano un approfondimento ulteriore. Compresi i rapporti fra opposizioni al governo Musumeci. Pd e Cinque Stelle, dopo l’estate e la formazione di un nuovo governo a Roma, avevano cominciato a muoversi sulla stessa lunghezza d’onda. Opposizione nuda e cruda, che aveva creato non pochi grattacapi al centrodestra, falcidiato nei numeri. La strenua resistenza di Pd e Cinque Stelle aveva portato, ad esempio, alla bocciatura dell’articolo 1 del ddl sui rifiuti, che da quel momento non sarebbe più tornato in aula. Anche se in generale, su alcuni temi, le affinità sono venute meno: dai vitalizi, argomento sul quale i grillini si sono opposti in modo feroce alla proposta di taglio avanzata dal Pd, passando per la legge anti-inquinamento che il M5s, di recente, ha votato insieme a Forza Italia, con l’astensione del Partito Democratico. I rapporti – dovessimo usare un gergo amoroso – sono e restano occasionali. Ognuno va avanti per la propria strada e con la propria identità. L’elezione del segretario potrebbe suggerire una rotta nuova anche a Sala d’Ercole.