Fra Cateno De Luca e Totò Cuffaro c’è un vuoto enorme da riempire. Da un punto di vista caratteriale è quasi impossibile: alla vigilia delle Regionali se ne sono dette di ogni e, nonostante la furia della giustizia si sia abbattuta su entrambi (in maniera diversa), non potrà la piétas ricucire il divario. Sotto il profilo politico, invece, sembra quasi che giochino la stessa partita, ma da angolature diverse. Vorrebbero guadagnare spazio al centro e renderlo di nuovo agibile, dando una casa a tutti coloro che si apprestano a fare i bagagli da Forza Italia dopo la scomparsa di Berlusconi. Ognuno vive la politica e la ricerca del consenso con le proprie sfumature: garibaldine quelle di De Luca, che promette la guerra a Schifani privandolo della via d’accesso al Teatro Antico di Taormina; più assennate quelle di Totò, affettuoso come un tempo ma decisamente morigerato nel concedere fiducia. Ha espulso con effetto immediato dal partito un dirigente dell’ASP di Palermo accusato di corruzione.

Un punto di contatto fra i due è certamente la figura di Matteo Renzi: l’ex governatore di Raffadali l’aveva immaginato come punto di riferimento per la sua Democrazia Cristiana (di cui è appena diventato segretario nazionale) e ancora oggi, dopo qualche gioco di sponda con Davide Faraone, non ha perso la speranza di includerlo in un ragionamento più ampio per le prossime Europee; anche se, e in questo interviene il sindaco di Taormina, Scateno gli avrebbe già sfilato l’imprimatur della regia. In una intervista rilasciata qualche giorno fa a ‘La Stampa’, infatti, De Luca ha dichiarato di aver incontrato l’ex premier per proporgli una lista comune, un nuovo Terzo polo: “Lui è bravo, ma non mi faccio fregare. Con me lo “stai sereno” non funziona”.

De Luca e Cuffaro hanno piani diversi che non s’incroceranno mai. A meno che non sia lo stesso Renzi, a cui tutti riconoscono le abilità politiche, a chiedere una tregua. Ma Davide Faraone, segretario regionale di Italia Viva, ha già deciso da che parte stare: “La sua idea di abbracciare il Ppe in Europa – ha detto riferendosi all’amico Totò – va contro la nostra collocazione nel gruppo liberale Renew Europe che è l’ago della bilancia rispetto alla visione di un’Europa delle Nazioni cara a Giorgia Meloni. Il progetto di Cuffaro è quello di un centro alleato stabilmente con la destra, che non ha nulla a che fare col moderatismo”. Se è per quello che De Luca è poco avvezzo al termine. Il suo è un regionalismo spinto, d’assalto, ma come i renziani “non condivide il progetto di autonomia differenziata di Calderoli appoggiato da Renato Schifani”. Come base di partenza sembra un po’ fragile, ma il sindaco di Taormina, in questa ricerca certosina di visibilità a livello nazionale, ha messo tutto nel conto.

Anche le profonde incoerenze che potrebbero caratterizzare il suo percorso. In Sicilia, alla vigilia delle Regionali, ha rifiutato i compromessi e le offerte peggiori (compreso il ruolo di vicepresidente e assessore all’Economia in quota centrodestra); ora invece va alla ricerca di un matrimonio d’interesse “per superare lo sbarramento del 4%. Non c’è amore di mezzo”. De Luca chiede di organizzare un taxi – ha invitato anche Calenda e Letizia Moratti a salirci su, ed è molto amico di Micciché  – per arrivare a eleggere un paio di parlamentari europei, mentre alle Politiche è riuscito a fare da solo, spingendo ‘Sud chiama Nord’ all’1 per cento a livello nazionale ed eleggendo un paio di parlamentari. “Il mio sogno è arrivare a fare il partito del Sud”.

Cuffaro, in questo, è molto più “democratico”. Anche lui ha interesse ad eleggere un parlamentare a Bruxelles (può già contare su Francesca Donato) per sdoganare la Dc in maniera definitiva e convincere anche i più riottosi (Gianfranco Rotondi?) a dargli credito. Ma lo dice coi toni rassicuranti che servono ad aprire porte, anziché chiuderle. L’obiettivo è individuare un contenitore che si riconosca nei valori del Partito Popolare Europeo, e metterci dentro tutti: le vedove di Berlusconi, i moderati di Lupi, i cespuglietti di centro, i renziani (magari). E ovviamente la Dc Nuova, che in questi giorni ha compiuto un anno di vita (dalla vittoria di Lagalla a Palermo, cui Cuffaro ha contribuito eleggendo tre consiglieri comunali): l’obiettivo dell’ex governatore siciliano è “riportare nel dibattito pubblico la dottrina sociale della Chiesa, un qualcosa che emoziona moltissimo le persone”. Ma anche “la possibilità di dare un voto ideologico, non più ai partiti personali che si avvicendano da oltre 30 anni”. Da qui l’ultima scommessa: “Siamo una grande famiglia di democristiani: un partito libero, aperto, plurale e democratico. Adesso dobbiamo stare ulteriormente attenti, perché potrebbe esserci un allargamento della nostra famiglia e allora dobbiamo essere severi e puliti, se lo saremo tra quattro anni stravinceremo dappertutto”.

Il valore aggiunto alla campagna elettorale sarebbe la sua candidatura. Ma Totò, riabilitato lo scorso febbraio dal Tribunale di Sorveglianza dopo aver scontato cinque anni a Rebibbia per favoreggiamento, ha detto di non pensarci nemmeno. Ha voluto metterci la faccia, e al contempo mandare avanti gli altri. Consapevole del suo ruolo di allenatore e confidente, ma soprattutto delle scorie mediatiche che deriverebbero dalla sua esposizione mediatica. Ergo: fare un passo di lato, per farne due avanti. De Luca no, non ci pensa nemmeno. Ha già rivendicato il ruolo di capolista nel collegio Isole e in quello dell’Italia meridionale, dalla Campania in giù. Non rinuncia all’etichetta di capopopolo. “Il seggio sarà la mia incoronazione”, ha detto. L’ennesima rampa di lancio verso il traguardo più ambito: diventare sindaco di Sicilia.

Ci aveva provato l’estate scorsa, da solo contro tutti: pupi e pupari. Ma assorbita la sconfitta e il malore accusato per lo stress, si è rimesso in moto a un ritmo incessante: nella sua attività da oppositore all’Ars (più unico che raro); nel tentativo di costruire ponti a livello nazionale; nell’ennesima campagna elettorale affrontata in prima persona e senza risparmiarsi mai. La sua forza è non corrodersi mai. Piuttosto è abile a far corrodere i suoi avversari. Com’è accaduto a Schifani, che dopo aver appreso dell’apertura dell’assessore Scarpinato alle sue proposte per la gestione dei grandi eventi a Taormina, s’è inalberato e promette scintille in fase di rimpasto.

Cuffaro e De Luca, senza esserne consapevoli fino in fondo, si sono ritrovati alleati alle ultime Amministrative. Come a Ragusa, dove hanno contribuito alla vittoria di Cassì al primo turno, o a Piazza Armerina, dove non hanno potuto impedire la sconfitta di Di Seri al ballottaggio. In maniera silente, affidandosi ai propri colonnelli sui territori, hanno sostenuto candidati e programmi comuni. Adesso ognuno di loro aspira a prendersi un pezzo di elettorato smarrito. Con le proprie tattiche e con le proprie strategie. E col carisma che di certo non difetta.