Mai come in queste ore il destino della Sicilia è legato alle decisioni che si prendono a Strasburgo. Il presidente Musumeci e l’assessore all’Economia, Gaetano Armao, hanno costruito la Finanziaria (da 1,3 miliardi di euro) su un’ipotesi accattivante, ma pur sempre un’ipotesi: cioè che l’UE acconsenta alla rimodulazione dei fondi comunitari e permetta a Palazzo d’Orleans di fronteggiare la crisi con quelle risorse (del Fondo Sociale Europeo e del Fondo Europeo di Sviluppo regionale), originariamente destinate ad altro. Non c’è ancora una risposta, solo convenevoli. Eppure c’è chi, come Raffaele Stancanelli, auspica una conclusione in tal senso: “In una situazione di crisi eccezionale – spiega il deputato di Fratelli d’Italia, che ieri ha partecipato alla plenaria dell’europarlamento da Catania – l’unico obiettivo che un governo, sia esso nazionale che regionale, si deve porre è di utilizzare immediatamente le risorse e farle arrivare sul territorio. Se si aspetta di capire cosa succederà fra un anno o due, si rischia di fare tardi”.

Onorevole, sarà realmente possibile provvedere alla riprogrammazione dei fondi europei senza alcun intralcio burocratico? Procedere all’erogazione immediata di prestiti a famiglie e imprese, come ha intenzione di fare la Regione, presuppone procedure semplificate.

“Mi auguro di sì. Questa è stata una delle prime iniziative adottate dal gruppo di Fratelli d’Italia al parlamento europeo: cioè richiedere la non necessità del co-finanziamento nazionale e regionale per l’utilizzo dei fondi europei. Dalla commissione è arrivato il via libera. Si sono liberate delle risorse e al netto del burocratese, dei lacci e dei lacciuoli, vanno usati immediatamente”.

Si tratta di risorse sottratte ad investimenti. Ovunque la si tiri, la coperta rimane corta.

“La prima cosa da considerare, oggi, è l’indispensabilità dell’intervento. Siamo in una fase emergenziale senza precedenti. Bisogna velocizzare”.

In Sicilia siamo stati bravi a parare i colpi del Coronavirus, o soltanto fortunati?

“Il virus è arrivato con 15-20 giorni di ritardo, per cui la Sicilia è stata in condizione di attrezzarsi in maniera positiva. Se da un lato possiamo considerarci fortunati per aver evitato il disastro delle regioni del Nord, dall’altro possiamo dire che il sistema ha risposto”.

Però siamo lenti a immaginare la fase-2.

“E’ chiaro che la riapertura non dipende da noi, ma dal parere degli esperti e del comitato scientifico. E’ altrettanto ovvio che un governo, in questa fase, debba già preparare le misure più opportune in modo che, non appena si potrà riaprire in sicurezza, riesca a farle decollare”.

L’economia siciliana è già molto provata. Cosa bisogna fare per rimettere in modo il sistema produttivo dell’Isola?

“Credo che analizzare la questione da un punto di vista regionale sia limitante. All’inizio della crisi, l’ex direttore della Banca centrale europea, Mario Draghi ha detto con grande chiarezza che sarà indispensabile immettere denaro pubblico per le imprese, le famiglie, i lavoratori autonomi, farlo circolare. Non denaro in prestito, bensì denaro “vero” da mettere in tasca a chi sta soffrendo di più. Guardi cosa accade in Germania, in Austria, in Gran Bretagna o negli Stati Uniti. E’ necessaria una grande boccata d’ossigeno. Non lo dico io che non faccio l’economista, ma un uomo come Draghi che negli anni è stato il sostenitore dell’austerity”.

Che tipo di approccio, secondo lei, hanno avuto Musumeci e il governo regionale con questa emergenza. Il presidente della Regione è arrivato a chiedere il controllo dell’esercito, mediante il riconoscimento dell’articolo 31 dello Statuto.

“In presenza di una crisi così improvvisa e lancinante, criticare il comportamento di questo o quel personaggio lascia il tempo che trova. Non è il momento di fare polemica, ma di stare tutti uniti. Normalmente non mi addentro nelle decisioni del governo, ma in questo caso bisogna dare risposte immediate. Indipendentemente dalle singole richieste”.

Questo clima di concordia è mancato però a livello nazionale, dove il premier Conte si è beccato ripetutamente con Salvini e Meloni.

“Un premier che chiede concordia nazionale non può andare in televisione, per una conferenza stampa istituzionale, e usare quel palcoscenico per attaccare le opposizioni. Mi è parso un intervento fuori dalle righe. Entrando nel merito, spero che fra una settimana, alla riunione del Consiglio Europeo, Conte rimanga coerente con le sue idee e rinunci ad attivare il Mes”.

A proposito di Mes. Il fondo Salva-Stati non piace a voi di Fratelli d’Italia. Eppure garantirebbe subito del cash.

“Il Mes è uno strumento che, se venisse utilizzato oggi, sarebbe un primo passo per perdere l’indipendenza economica, finanziaria e di bilancio da parte degli stati nazionali. Il documento firmato il 9 aprile dall’Eurogruppo (dai 19 ministri delle Finanze dell’area Ue), sostiene che le risorse del fondo Salva-Stati si possono utilizzare per l’emergenza sanitaria senza condizionalità. Ma la verità è un’altra: qualora uno Stato non riuscisse a soddisfare il rimborso dei crediti per come vengono concessi, magari in seguito al cambiamento di alcune condizioni economiche, si finirebbe per abdicare ai massimi organi dell’Ue: il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea e la commissione europea. Non ce lo possiamo permettere”.

Perché?

“Non siamo contrari per una questione ideologica, ma di concretezza. In un momento di grande difficoltà c’è il rischio che il debito pubblico passi dal 135% al 160%. E chi impedirà alla commissione europea di intervenire e aggiustare l’economia italiana secondo logiche soltanto loro? Nel documento approvato dall’eurogruppo – cito testualmente – si dice che ‘la linea di credito sarà disponibile fino alla fine della crisi di Covid-19’. E che ‘successivamente, gli Stati membri dell’area dell’euro rimarranno impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell’UE’”.

L’incertezza europea si riflette, a cascata, sugli stati nazionali e sulle regioni. Secondo lei è stata lenta l’Europa nel cogliere i segni della crisi?

“Lentissima. Quando sembrava che l’epidemia colpisse solo l’Italia ha chiuso i confini. Solo quando ci si è accorti che si trattava di una pandemia ha cominciato a ragionare. Ma di soldi ancora non se ne sono visti. Il fatto che la presidente Von der Leyen, presidente della Commissione, si sia scusata con il nostro Paese è la dimostrazione che si è commesso un errore. Lo dico da europeista convinto: la gestione della situazione economico-finanziaria post Covid-19 ha fatto alienare le simpatie di una grossa fetta di popolazione italiana ed europea nei confronti di questa istituzione. Salvare l’Europa non vuol dire salvare queste regole, ma un’idea più grande di comunità”.

A causa degli effetti del Coronavirus, l’Italia rischia di perdere fra i 9 e 10 punti di Pil. Per la Sicilia andrà addirittura peggio. Come si fa ad alleggerire il disastro ?

“Io ritengo che la priorità sia immettere in circolazione grandi risorse da far arrivare alle imprese e a coloro i quali hanno perso tutto. La seconda è fare ripartire i lavori pubblici. Nei momenti di crisi, in varie epoche, l’Italia e altri Paesi sono riusciti a superare le difficoltà con l’attivazione dello strumento dei lavori pubblici. Significa mettere in circolazione decine e decine di miliardi già finanziati, ma il governo nazionale deve decidersi a sburocratizzare tutto. In questo modo, non solo si avrebbero risorse fresche, ma si darebbe lavoro e si creerebbero quelle infrastrutture che sono il tallone d’Achille di buona parte del Sud e della Sicilia. Risolveremmo tre problemi in un colpo solo”.