Una nuova spolverata di assistenzialismo condisce le feste dei beneficiari del reddito di cittadinanza. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’osservatorio dell’Inps del 6 dicembre, le domande accolte erano 1 milione e 66 mila a livello nazionale, 184.522 in Sicilia (seconda regione dopo la Campania). Ma la novità più importante non riguarda il numero di chi, attraverso la fase-2 coordinata dai Centri per l’Impiego, ha ottenuto un lavoro (qui i numeri divergono, anche se l’Anpal ha stabilito che sono circa 18 mila), bensì un emendamento alla Legge di Stabilità, fatto approvare dai Cinque Stelle in commissione Bilancio al Senato, che prevede l’opportunità, per i percettori che trovano “lavori brevi”, di non uscire dal “programma di protezione”. In questi casi, non vale più la regola della decadenza. Subentra, piuttosto la sospensione.

Come prescritto dalla nuova norma, infatti, l’erogazione dell’assegno è sospesa per la durata del contratto di lavoro a breve termine. Il beneficio viene “congelato” e torna a disposizione di quei cittadini che, ultimata la prestazione lavorativa, torneranno nel precedente stato di disoccupazione e inoccupazione, rispettando però i requisiti per poter accedere alla misura. Secondo la senatrice Antonella Campagna, prima firmataria dell’emendamento, l’obiettivo è incoraggiare “i percettori di reddito di cittadinanza ad accettare le offerte di lavoro loro proposte, non a rifiutarle perché non le reputano convenienti e temono di perdere il beneficio”. Come il cane che si morde la coda. E in ogni caso, la modifica parla chiaro: “La prestazione decade laddove il superamento del valore del reddito familiare sussista anche dopo il 31 dicembre dell’anno in cui si è verificato”. Serviranno controlli ancora più serrati da parte dell’istituto di previdenza, per impedire false attestazioni della propria condizione economica.

Nel frattempo, sono aumentate le posizioni “decadute” per perdita dei requisiti o tentativi di truffa: l’ultimo report, in Sicilia, parla di 8 mila cessazioni, duemila in più rispetto al precedente. Mentre le domande respinte in partenza ammontano a 51 mila. I nuclei famigliari che percepiscono l’assegno mensile sono 157.948 (con una platea di 433 mila persone coinvolte), mentre la media dell’assegno erogato è il secondo d’Italia: 570 euro (quello nazionale è di 484). Dato che si abbassa un po’ considerando i guadagni di chi è destinatario della pensione di cittadinanza, che ricevono un’integrazione di poco superiore alle 220 euro. E’ naturalmente Palermo la provincia con il maggior numero di domande accolte (54.956 per 139 mila beneficiari), seguita da Catania con 43.232. Il maggior numero di domande, oltre il sessanta per cento, arriva dalle Regioni del Sud.

Il dato certamente più preoccupante, su cui aleggia un alone di mistero, è quello relativo alle assunzioni. Detto che i Cinque Stelle hanno sempre considerato il reddito di cittadinanza una politica del lavoro in fieri, e non una mera forma di assistenzialismo, questa dovrebbe produrre nuova occupazione. E invece, su questo fronte, i risultati latitano. Il ritardo nell’avvio della fase-2, con i Centri per l’Impiego che solo a settembre hanno iniziato le convocazioni dei percettori per il colloquio professionalizzante e la sottoscrizione del Patto per il lavoro, certamente incide. Ma non a tal punto da giustificare un così basso numero di assunzioni, che il direttore nazionale di Anpal (Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro), Domenico Parisi, indica in 18 mila persone.

Non è d’accordo, e lo ha detto durante un convegno sulla Legge di Bilancio, a Palermo, il presidente della fondazione Consulenti per il lavoro, Vincenzo Silvestri: “Sui 2 milioni di soggetti coinvolti, solo 700 mila sono occupabili e quasi la metà di questi presenta enormi problemi sociali; ma ai 200 mila già convocati dai Centri per l’impiego è stato fatto solo il profilo, mentre per firmare il Patto per il lavoro saranno riconvocati nel 2020. Infatti, in attesa che sia realizzata la banca dati informatica unica per l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro, ancora non è operativo l’Assegno di ricollocazione, cioè la ‘dote’ con cui pagare i servizi per l’inserimento occupazionale. Non è esatto, quindi, affermare che già 18 mila percettori di Reddito sono stati assunti: si è scoperto che sono soggetti con precedenti esperienze lavorative, che per lo più ora hanno trovato un impiego autonomamente e presso datori di lavoro che non hanno neppure potuto beneficiare dell’incentivo perché è stato sbloccato solo adesso”. Un ragionamento profondo che riporta alle considerazioni iniziali: “Il Reddito di cittadinanza, misura sociale che non riesce ancora a trasformarsi in misura di politica per il lavoro”.

A conferma di questa tesi, ormai accentuata, è il fatto che la stessa Anpal, a poche ore dalla conferenza stampa annunciata per rendere finalmente ufficiali i dati delle assunzioni, ha scelto di cancellarla. Senza un’apparente motivazione, ma solo in virtù di un ragionamento avviato col Ministero del Lavoro, che oggi è retto dalla catenese Nunzia Catalfo, del Movimento 5 Stelle. In questi giorni la conferenza della Regioni ha incontrato il Ministro e le ha confermato una certa preoccupazione per il fatto che la ricerca del lavoro per i beneficiari del reddito è ferma, nonostante l’assunzione di navigator (400 in Sicilia) avrebbe dovuto agevolarla: “Servono procedure condivise e uniformi, implementando anche l’infrastruttura informatica con un sistema operativo unitario. Occorre lavorare sul potenziamento dei centri per l’impiego”. Il percorso che porta i percettori dal sussidio al lavoro, infatti, non è consequenziale: serve un percorso di formazione per rendere i profili appetibili alle aziende, o, viceversa, stipulare patti con gli enti locali per impiegarli nei progetti socialmente utili.

In Sicilia la situazione occupazionale, reddito o non reddito, è a tinte fosche. Secondo l’ultima elaborazione dell’Osservatorio economico di Unioncamere regionale, aggiornata allo scorso 30 settembre, sono attive 467.447 imprese che occupano un milione e 92 mila addetti, e nel terzo trimestre il saldo tra imprese nate e cessate è positivo per 1.017 unità. Ma le attività tradizionali sono in sofferenza. A parte l’agricoltura che dà lavoro a 129.021 siciliani e che mostra un saldo positivo di 446 aziende, e il settore del noleggio auto e agenzie di viaggi nel quale sono occupati 56.276 soggetti con 60 nuove attività, tutti gli altri comparti tradizionali registrano un collasso nel numero di aziende. L’unico segnale di forte vitalità è dato dalle imprese innovative e tecnologiche (Ricerca, Servizi alle imprese, Retail e informatica, e così via), che da solo impiega già 43.035 unità, soprattutto giovani laureati e diplomati, e che ha chiuso il terzo trimestre 2019 con un saldo attivo di ben 2.186 nuove realtà imprenditoriali.

La disoccupazione giovanile, in Sicilia, è schizzata verso l’alto. Secondo una recente classifica della commissione Europea (riferita al 2018), l’Isola è in fondo alla classifica (tra 450 regioni europee) dell’occupazione dei giovani a tre anni dal conseguimento del diploma: ne lavora appena il 27%, un dato persino più preoccupante rispetto al 31% del 2017. Secondo l’Istat, inoltre, la Sicilia nel 2018 ha perso 5.608 laureati di 25 anni, quella che nel documento di economia e finanza regionale (il Defr) è stata definita “una devastazione di capitale umano”. A quanto pare, irreversibile.