Non sarà soltanto il battesimo forzista di Caterina Chinnici (previsto un panel con la “collega” Rita Dalla Chiesa per parlare di lotta alla mafia), ma anche e soprattutto l’incoronazione di Re Schifani. L’appuntamento di venerdì e sabato prossimi a Milano, che dovrebbe segnare il ritorno in campo di Silvio Berlusconi (probabile un videomessaggio registrato dal San Raffaele), sarà un turning point anche per il nuovo corso di Forza Italia in Sicilia. Dove gli azzurri, da sempre radicatissimi, hanno cambiato indirizzo: mettendo da parte la spinta vulcanica e a tratti un po’ eccessiva di Gianfranco Micciché, per fare spazio ai toni democristiani e rassicuranti di Renato Schifani, che nel frattempo s’è inventato il partito “inclusivo”.

E’ questa la novità. Mentre Micciché battagliava assieme alla Boldrini (e contro Salvini) sul molo di Catania per accogliere i profughi della nave Diciotti, attirandosi le ire dei colleghi di coalizione, Schifani sta facendo man bassa di voltagabbana della politica, alla ricerca disperata di nuovi orizzonti e collocazioni. Come nel caso di Giancarlo Cancelleri, fervente grillino, che nel mezzo del cammin s’è ritrovato ad abbracciare quella “famiglia di valori” che Forza Italia è sempre stata, ma di cui lui – evidentemente – non s’era mai accorto, fino a sputacchiarci sopra. Un acquisto imbarazzante (più per FI che per l’ex sottosegretario) che non sarebbe mai andato in porto senza la mediazione e il perdono del presidente della Regione, che nel frattempo ha affidato le sorti del suo nuovo giocattolino alle mani sapienti di Marcello Caruso. La sua ombra, in pratica.

Cancelleri? “Un avversario con stile”, secondo il governatore. Che ha cancellato d’emblée le affermazioni sul partito affiliato alla mafia, e sul suo coinvolgimento negli atti del processo Montante che esponeva la Sicilia al rischio di rimanere senza guida. Acqua passata. Così come il giustizialismo dell’ex grillino, cui è bastata l’ammissione di essersi sbagliato per avere un accesso privilegiato nel regno dei giusti (e dei garantisti). Oggi quel che conta è mostrare il proprio peso, e non c’è modo migliore di una bella campagna acquisti. Schifani, scelto da Fratelli d’Italia per diventare presidente della Regione, sta vivendo una fase di estremo ‘movimentismo’ fino a indisporre gli alleati, che vedono nella gestione di Forza Italia – ottenuta da Schifani dopo aver sgomitato a lungo e minacciato esodi in massa – un motivo di distrazione rispetto all’attività di governo. Eppure, per Forza Italia, rimasta spoglia del suo leader (Berlusconi è costretto a centellinare le apparizioni pubbliche), questa sovraesposizione del presidente siciliano è una manna dal cielo. Almeno fin quando non arriverà a nuocere ad Antonio Tajani, la cui svolta meloniana ha soppiantato il resto del partito (dalla Ronzulli in giù).

Tra Schifani e il riconoscimento di un ruolo nazionale – il presidente della Regione siciliana, assieme ai colleghi governatori, parlerà alla convention milanese sabato mattina – c’è pur sempre l’ingombrante presenza del Ministro degli Esteri, che è intervenuto durante la kermesse del Politeama per dare un saluto “all’amico Giancarlo”, ma poco dopo è andato oltre, sfoderando un colpo da novanta: Caterina Chinnici. L’europarlamentare, candidata a Palazzo d’Orleans con la casacca del Pd, ha optato per uno switch grazie agli ottimi rapporti con Tajani, e non mancherà di evidenziarlo neppure all’appuntamento di venerdì pomeriggio (alle 17). Chissenefrega della patente di berlusconismo, della coerenza, delle battaglie identitarie, dei voti chiesti e ottenuti con un altro simbolo. E’ probabile che il rapporto coi dirigenti siciliani di FI, come già accaduto con quelli del Pd, sia pari a zero anche stavolta. E che la Chinnici torni a interessarsi delle battaglie nostrane solo alla vigilia della prossima campagna elettorale per le Europee, fra meno di un anno, quando avrà bisogno di confermare il seggio a Strasburgo.

La platea adorante del Cav. sta cambiando connotati. Capita di trovarci dentro gente e politici di ogni estrazione. Nonostante il partito, di per sé, stia operando sempre più a destra, almeno a livello nazionale, finendo per appiattirsi nella dimensione meloniana. In Sicilia, però, questo processo non si è ancora definito. Nonostante l’indubbia lealtà di Schifani a Fratelli d’Italia. Lo dimostrano le scaramucce fra Marco Intravaia, deputato di FdI, e Stefano Pellegrino, capogruppo azzurro all’Ars, dopo il passaggio in azzurro di Giancarlo Cancelleri. Lo testimoniano le frequenti punture di Manlio Messina ai danni del governatore, che è costretto a tenersi tutto dentro (specie dopo lo scandalo di Cannes) per evitare che esploda la bagarre. Anche sulle questioni relative alla sanità, specie sulle proroghe ai precari Covid, sono emerse posizioni discordanti, con il partito della Meloni in prima linea per attaccare l’assessore Volo, nominata da Schifani e per questo sua fedelissima (anche se si tratta di una ‘tecnica’).

L’allargamento di Forza Italia, che prova a esercitare la sua capacità attrattiva agli homeless della politica, sembra dare un po’ di fastidio ai detentori del primato, quelli abituati a comandare con la forza dei numeri e del blasone, e al netto delle competenze o della capacità di amministrare. Sembra che questa competizione interna fra FI e FdI possa avere l’effetto di nuocere sul governo siciliano, già alle prese con parecchie scosse d’assestamento (a cominciare dalla situazione di Mimmo Turano, assessore leghista già sfiduciato) e proiettato a un rimpasto inevitabile dopo le Amministrative. Sembra che tutto questo, almeno nell’immediato, al presidente Schifani importi poco. L’obiettivo è allargare il recinto, accogliere, prosperare. Dare continuità a un progetto che parte dal 15 per cento e che, alle prossime elezioni, non potrà sfigurare neppure in ambito locale. La coerenza viene dopo, e il buon governo – purtroppo per i siciliani – pure.