Le hanno provate davvero tutte gli ex sportellisti della Formazione professionale: nei giorni della Sea Watch, mentre i parlamentari del Pd salivano a bordo della ong per incontrare la capitana Carola Rackete e sincerarsi della condizione dei migranti, alcuni precari (siciliani), senza alcun sostegno al reddito, affittavano una barchetta e ormeggiavano a pochi metri dalle coste palermitane per “chiedere provvedimenti immediati ed essere reintegrati nel posto di lavoro”. Gli stessi ex sportellisti, per qualche giorno, hanno stazionato sotto il sole cocente di via Trinacria, a Palermo, sede dell’assessorato regionale alla Famiglia. Quello da cui – in parte – dipende il loro destino. Vorrebbero capire, dopo dieci anni d’attesa in cui sono rimasti fuori da tutto, che ne sarà di loro. Se l’albo a cui appartengono, di cui fanno parte 1800 formatori, andrà svuotato e come. Se potranno partecipare a un concorso per rientrare, almeno una parte, nella pubblica amministrazione.

Ad accendere i riflettori sul destino di questa gente – la Sicilia è una terra che se ne intende di precariato – è stata l’assunzione di 429 navigator (sono 2.980 a livello nazionale), vincitori di un concorso Anpal nemmeno così affollato, che nelle prossime settimane andranno a occupare le scrivanie e gli sportelli dei Centri per l’impiego. Dopo aver terminato un apprendistato che è in corso a Palermo e che potrebbe durare fino a metà settembre. Poi avranno l’ingrato compito di convocare i percettori del reddito di cittadinanza, profilarli, incrociare domanda e offerta di lavoro, e offrire loro una possibilità. Da aprile, mese in cui è stato attivato il dispositivo del governo attraverso un decreto, sono trascorsi quasi cinque mesi. I più fortunati, tra i beneficiari, se ne saranno rimasti con le mani in mano e l’assegno in tasca. Da un lato gente che si arde per avere un posto. Dall’altro chi, con 780 euro al mese nella migliore delle ipotesi, si gode le vacanze al mare. O si azzuffa, come nel caso di un paio di fratelli di Acireale (uno è stato fermato dai carabinieri, l’altro è finito in ospedale) per la gestione “esclusiva” della card.

Sono contraddizioni (per fortuna) non solo siciliane. E’ nell’Isola, però, che i percettori del reddito a fine luglio hanno già superato quota 300 mila (+50 mila rispetto a giugno). Siamo la seconda regione per numero di beneficiari, con Palermo sul podio delle città e Catania appena sotto, medaglia di legno. I palermitani che hanno ottenuto il sussidio, solo nell’ultimo mese, sono 26 mila. Mille, fin qui, le pratiche sospese su tutto il territorio regionale. I “furbetti” del reddito sono ancora troppo pochi rispetto al numero dei percettori. Si muovono in anticipo sui controlli e sulla giurisprudenza, hanno già studiato a tavolino le mosse. Qualcuno, però, si fa beccare: nell’operazione di Carini, che ha portato alla denuncia di 11 lavoratori in nero su 18 all’interno del ristorante “Il vecchio mulino”, uno degli abusivi percepiva il sussidio dello Stato. Fra i casi più eclatanti c’è un ragazzo che lavorava in nero nell’autolavaggio del padre e, oltre allo stipendio che il genitore gli passava sotto banco, disponeva di 700 euro al mese sulla card gialla erogata dalle Poste.

Le truffe poggiano su tre pilastri. Il primo, quello più abusato, è il cambio di residenza. Ragazzi che si staccano dal nucleo familiare per ottenere l’assegno a gratis, salvo continuare a vivere sotto lo stesso tetto di mamma e papà: “Solo a Palermo, nel mese di gennaio, ci sono stati oltre mille cambi di residenza” ha denunciato a “Repubblica” Carmine Lopez, comandante interregionale dell’Italia sud-occidentale della Guardia di Finanza. Fra i sistemi più utilizzati per frodare l’Inps e ottenere il reddito – non è una cosa che si vede soltanto nei film – c’è poi quello delle false separazioni. Negli ultimi quattro mesi, rispetto allo stesso periodo del 2018, a Palermo sono raddoppiate. E più che mettere in campo i finanzieri, servirebbe una squadra di investigatori privati per capire fino a che punto riescono moglie e marito a mentire sulla propria relazione di coppia. L’ultimo sistema, un pochino più ingegnoso e che richiede la complicità del datore di lavoro, è il licenziamento fittizio. Il datore non paga i contributi (e ci guadagna), mentre l’impiegato lavora in nero e si tiene le mani libere. Finché qualcuno non se ne accorge.

I casi sospetti su cui stanno indagando le forze dell’ordine – tra cui i carabinieri del Nil (Nucleo ispettorato del Lavoro) e reparti territoriali della Guardia di Finanza – sono circa 4 mila, anche se “il numero è destinato ad aumentare in modo esponenziale” fa sapere un agente della polizia municipale di Palermo che fa parte del gruppo dei controlli amministrativi. “Per verificarli tutti subito ci vorrebbe l’esercito. Ma questo non vuol dire che resteranno impuniti”. Saranno puniti più avanti, se va bene.

L’altra questione rovente, come accennato, è quella che riguarda i navigator. Il rischio è che questa platea di tutor – per la Sicilia si prevede un investimento di circa 60 milioni in due anni da parte del governo nazionale – rischiano di gonfiare l’esercito dei precari. Perché? Il loro contratto è a termine (aprile 2021) e l’ente per cui lavorano adesso, la Regione, ha diritto di prelazione ma nessun vincolo ad assumerli. Ipoteticamente, dopo aver speso venti mesi della propria vita, a 1.700 euro al mese più i rimborsi, a cercare un lavoro a qualcun altro, sono gli stessi navigator che rischiano di ritrovarsi a mani vuote. Come gli ex sportellisti di oggi, seppur con una laurea in tasca (pre-requisito fondamentale per accedere alle selezioni dello scorso giugno a Roma).

Intravedendo questo pericolo all’orizzonte, il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha scelto di non firmare la convenzione con l’Anpal e rinviare sine die l’assunzione dei 471 tutor che sarebbero serviti ai Centri per l’impiego di Napoli e città limitrofe. “Tra due anni in Campania i navigator inevitabilmente daranno vita a un comitato di lotta per precari navigator, che inevitabilmente verranno sotto le finestre della Regione Campania con tanto di tamburi, trombette e pippe varie per essere stabilizzati. Siccome questo percorso è già scritto, noi navigator non ne vogliamo” ha detto De Luca. Provocando la reazione stizzita dei ragazzi vincitori di concorso, che hanno anticipato il picchetto di un paio d’anni e si sono presentati sotto Palazzo Santa Lucia, sede della Regione Campania, per un coro di proteste. Nei Cpi campani lavorano 500 operatori (contro i 1.700 di quelli siciliani) e per il momento non ne arriveranno altri. Anche se il direttore dell’Inps, Pasquale Tridico, ha provato a rassicurare il governatore ribelle: “So per certo, perché ho partecipato alla stesura della Legge, che ci sono a bilancio le risorse per la stabilizzazione dei navigator dal 2021”, anche se nel decreto non esiste alcun accenno a stabilizzazioni future. Quindi, qualcuno mente.

In Sicilia, dove l’assessore Scavone, braccio destro di Raffaele Lombardo, viene considerato molto disponibile al dialogo e all’ascolto – ha ricevuto gli ex sportellisti e ne ha invitato una delegazione a Roma al Ministero per lo Sviluppo Economico – ha annunciato un piano di rilancio dei Centri per l’impiego: nei prossimi mesi, oltre all’arrivo dei 429 navigator, verranno avviate delle selezioni per ulteriori 388 posti con cui ampliare l’organico. Le mansioni, ovviamente, saranno diverse. “Siamo qui perché vorremmo riprenderci una dignità lavorativa – ha spiegato la portavoce degli ex sportellisti, Adriana Vitale, al picchetto di via Trinacria – L’unica cosa che ci conforta è essere nei pensieri dell’assessore Scavone, che dall’inizio ci ha dimostrato di avere a cuore la nostra vicenda. Noi vogliamo fare il concorso, basta che riconoscano titoli e anni di servizio. Siamo stati riqualificati con risorse pubbliche e abbiamo servito la Pubblica amministrazione per 15 anni. Vogliamo metterci in gioco, speriamo che per una volta la possibilità di farlo. Cosa che non è accaduta con il concorso dei navigator. Di Maio ci ha umiliato. Un anno fa ci aveva detto che avrebbe provveduto alla nostra riqualificazione. Adesso, invece, siamo vecchi e da buttare. Non abbiamo alcun sostegno al reddito e prendersi beffe di noi ci è sembrato francamente troppo”.