A Palermo tiene banco Orlando. Non i rifiuti accatastati sui marciapiedi, ma Orlando. Non le scuole al freddo e al gelo, ma il “professore” in passerella. Non l’illuminazione pubblica fatiscente, ma il sindaco perbenista e presenzialista. Anche quando si sposta – è stato a Roma per alcuni incontri istituzionali – Leoluca trova il modo (e il tempo) per far parlare di sé. Questo 2019, poi, è all’insegna della notorietà. L’uscita di ferro contro Salvini gli ha consegnato la ribalta nazionale. Non che i suoi concittadini, a partire dai più critici fra cui Fabrizio Ferrandelli, ne siano particolarmente entusiasti: “Il sindaco fa bene a centrare l’attenzione sui migranti – spiega, a sorpresa, il leader dei Coraggiosi – ma a me piacerebbe che utilizzasse la stessa energia, la stessa enfasi e la stessa passione per ciò che attiene a tutti i diritti di cittadinanza. Non solo quelli che gli danno popolarità e una tribuna nazionale”.

E’ l’antipasto di una gustosa chiacchierata, in cui Ferrandelli apre persino al confronto. I due non si amano tanto e non duellano da circa un anno, in Consiglio comunale, quando Orlando si presentò per l’ultima volta dopo i rilievi mossi del Mef (il Ministero dell’Economia) sui conti del Comune. Ma anche quello è un ricordo vago: “Appena io finii di parlare, si alzò e se ne andò via. Non l’abbiamo più rivisto” spiega Ferrandelli. Che in questi giorni ha provato a svegliarlo da un torpore amministrativo che il primo cittadino non si scrolla di dosso. A meno che dall’altra parte della barricata non compaia Matteo Salvini.

Ferrandelli, al posto di Orlando anche Lei avrebbe chiesto ai suoi dirigenti di sospendere gli effetti di una Legge dello Stato?

“Chi, come me, viene da una storia di “diritti”, sposa le linee generali, cioè la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. E’ in essa che mi riconosco. Sono tra quelli che pensano che chiunque viva su un territorio ha il diritto di farlo serenamente, perché i diritti seguono la persona e non il luogo”.

L’iscrizione all’Anagrafe è una battaglia che condivide?

“Qui stiamo parlando di persone che vivono già a Palermo, non di navi piene che devono sbarcare. Faremmo bene a sottrarci al dibattito politico generale e confrontarci sugli atti amministrativi locali che si devono compiere per salvaguardare i diritti di cittadinanza. Ma garantire i diritti di cittadinanza non è soltanto garantire l’iscrizione all’anagrafe, ma tutti i diritti di cui è portatore chi vive su questo territorio, che sia egli straniero o palermitano. Ogni cittadino ha diritto a vivere in una città pulita, illuminata, sicura, in cui viene garantita la mobilità del trasporto pubblico locale. Tutta una serie di questioni di cui il sindaco e il Consiglio comunale sono primi garanti”.

Sta dicendo che il sindaco non ne è più garante?

“La posizione di Orlando rischia di essere strumentale. Tu declami un principio dell’accoglienza rispetto al quale possiamo trovarci d’accordo tutti, ma dal punto di vista tecnico e amministrativo non stai fornendo certezze amministrative innanzi tutto ai tuoi uffici. Siccome Fabrizio Ferrandelli, oltre a essere un politico che si occupa di questioni generali, è anche un consigliere comunale, vorrebbe prima dare certezza ai cento ufficiali di stato civile dipendenti del Comune di Palermo, di non incorrere in procedimenti penali o amministrativi.  Ha ragione l’Anci a chiedere un’interlocuzione con il governo nazionale perché nessuno dei sindaci agisca contra legem. E’ quello che ho provato a fare anche io con la mia richiesta al presidente del Consiglio: una seduta a cui partecipassero il sindaco, il responsabile dell’avvocatura e il dirigente capo dell’Anagrafe per chiarire la controversia. Ma Orlando come al solito non si è presentato”.

Cosa ci guadagna da uno contro in eurovisione con il Ministro Salvini?

“Credo che Orlando viva con impaccio, fatica e talvolta persino imbarazzo, il ruolo politico all’interno del quale si ritrova. L’amministrazione quotidiana della quinta città d’Italia richiede fatica e il sedere incollato alla sedia, per occuparsi anche delle questioni meno nobili. Lui ha dimostrato di vivere in maniere stanca e frustrante persino l’esperienza di cambiare le lampadine di una strada. I grandi temi della politica invece lo esaltano. Uno decide cosa rappresentare anche in base alle proprie vocazioni. Se decidi di rappresentare la politica locale, ti candidi alle Amministrative sapendo che sarai sottoposto a una fatica quotidiana. Se vuoi occuparti di linee di principio e di cose nazionali, ti candidi a qualcos’altro. Altrimenti rischi anche le brutte figure”.

Tipo?

“Pur avendo le somme in bilancio, alle cooperative che si occupano di migranti non vengono pagate le rette da settembre 2017. E poi, se proprio vuole attaccar briga col governo nazionale, c’è un’altra questione dirimente: quella dei 10 milioni in meno appostati per Palermo nell’ultima legge Finanziaria, che rischiano di scomporre ulteriormente un Bilancio di previsione già fragile. Occuparsi di questi temi vuol dire, per caso, andare contro i diritti di qualcuno?”.

Quali sono i tre problemi più urgenti di Palermo?

“Glieli dico in ordine sparso. Il primo è l’assenza di un piano di mobilità sostenibile che tiene dentro le esigenze di mobilità pubblica e privata. Andrebbe messo in rete ciò che esiste e ri-programmare il resto”.

Il secondo?

“La gestione dei macroservizi attraverso le società controllate. Il Comune non sa che obiettivi perseguire nei vari settori. Prendete l’esempio dei rifiuti: la macchina non si è innovata. C’è solo un’azienda che ha cambiato nome (da Amia a Rap), ma che presenta i guasti gestionali di sempre. Non esiste una visione complessiva che preveda la differenziata porta a porta, i “rifiuti zero”, i termovalorizzatori. Non c’è traccia di un piano industriale e non si fanno investimenti. La stessa cosa vale per l’illuminazione pubblica. Sebbene la società sia sana da un punto di vista economico-finanziario, non esiste progettualità e non ci sono investimenti mirati. Per questo ci ritroviamo con le lampade spente e impianti vetusti da dieci anni. Si campa alla giornata”.

E l’ultimo?

“L’incapacità di gestire il settore delle attività produttive per l’assenza di regolamentazione. I pochi che decidono di investire sono scoraggiati ad andare avanti, perché non c’è alcuna certezza della tempistica amministrativa e di iter procedurali certi. Conosco realtà produttive cittadine che si sono visti annullare quattro Sca (le segnalazioni certificate di agibilità). Ma è uno scherzo o cosa? Parliamo di attività che hanno richiesto un forte impegno finanziario e danno lustro alla città…  Tutte queste cose impattano sui diritti di cittadinanza: sia per chi arriva dall’Africa che per chi vive a Palermo. La qualità della vita è pessima. Non sono io a dirlo ma le statistiche. I diritti di cittadinanza vengono negati dall’incapacità amministrativa di un sindaco che pensa alle passerelle, al taglio dei nastri, alla vanità personale e all’appetito politico piuttosto che alla realtà”.

Assieme al movimento dei Coraggiosi sta abbracciando il progetto di + Europa. Cosa prevede questo sodalizio?

“Voglio subito far notare che non stiamo confluendo in un partito, ma lo co-fondiamo. Infatti il 27 gennaio, a Milano, ci sarà il primo congresso di + Europa. E’ una formazione politica trasversale, in cui si ritrovano le istanze territoriali dei Coraggiosi, la moderazione del gruppo di Tabacci, il liberalismo di Della Vedova, le battaglie per i diritti dei Radicali. In tanti mi hanno rinfacciato questa cosa, ma io prediligo la trasversalità rispetto alle appartenenze. Sono figlio di una realtà post-ideologica, che crede che le persone debbano mettersi insieme non sulla base di un contenitore ma del suo contenuto”.

Potrebbero darle del trasformista…

“Ho sempre vissuto i contenitori come contenitori, e non come recinti. Se i contenitori non sono più in sintonia con le idee, si butta il contenitore, non le idee. Per i Coraggiosi questo è un percorso di sublimazione, con cui trovano una dimensione nazionale oltre che locale. La cosa che mi ha convinto a fare questo passo è il fatto che + Europa, in Parlamento Europeo, abbia aderito all’Alde (il gruppo di liberali e democratici) anziché agli schieramenti tradizionali. Può essere la casa di chi non ha più fiducia nei partiti tradizionali e nei loro dirigenti, ormai logori, e di chi non vuole consegnarsi mani e piedi al sovranismo e al populismo”.