Ex consigliera comunale a Grotte, nell’Agrigentino, fino al 2018, e per un periodo anche presidente del Consiglio. Segni particolari: moglie del segretario regionale dell’Udc, l’immarcescibile Decio Terrana. Serafina Marchetta è stata indicata nel listino di Renato Schifani in quota DC-Udc. In caso di vittoria, la sua presenza a Sala d’Ercole è blindata. All’Ars, nella prossima legislatura, potremmo così ritrovarci una coppia di coniugi che, forse, farebbe meno notizia degli uscenti Ruggero Razza ed Elena Pagana, convolati a nozze nel corso della legislatura: lui, delfino di Nello Musumeci, lei attivista grillina prima di convertirsi sulla via della Meloni. Ne rimarrà soltanto uno (forse): la Pagana si è ricandidata nel collegio di Enna, lo stesso in cui Sacra Romana Chiesa ha respinto l’assalto di Diventerà Bellissima all’Oasi di Troina; l’assessore, invece, si è preso un turno di stop e al termine della legislatura sparirà dalla scena, pur lavorando dentro il partito (FdI).

In Sicilia, sempre di più, la politica è un affare da famiglia. Senza voler azzardare paragoni troppo audaci, la presenza di Decio Terrana (candidato con la Dc, in quota Udc, ad Agrigento) e della moglie, è simile a quella di Silvio Berlusconi, che ha scelto un collegio uninominale blindato, a Palermo, per far tornare in parlamento la compagna Marta Fascina. Con cui condividerà le prossime gite a Roma (lui, da senatore). La scelta di piazzare la “quasi moglie” in Sicilia, sebbene la Fascina sia calabrese e abbia vissuto fra Napoli e Milano, è legata solo ed esclusivamente al nome. E alla forza riconosciuta a FI in Sicilia: ultimo feudo rimasto.

Ma per tornare ai discorsi di casa nostra, e restando in tema di poltrone, come dimenticarsi del caso scoppiato dopo le Amministrative di Palermo, quando Totò Lentini, che aveva ritirato la propria candidatura a sindaco in nome dell’unità del centrodestra, pretendeva la nomina di Paola D’Arpa, sua moglie, in giunta? Lagalla non acconsentì, e lasciò fuori la “sua” Alleanza Popolare, provocando le ire del deputato palermitano: “Mi hanno fottuto”, fu la prima reazione. Accompagnata dalla minaccia di rimescolare le carte alle Regionali. Non avverrà: Lentini, salutati gli Autonomisti, si è riaccasato in Forza Italia ed è candidato a Palermo. Per la moglie, storica dell’arte con due lauree, certamente passerà un altro treno.

Un’altra coppia dalle uova d’oro è quella composta dai fratelli Figuccia: Sabrina, da poco nominata assessore a Palermo, e Vincenzo che, sempre in quota Lega, aveva provato a spuntarla per un posto nel listino presidenziale. Ma Schifani voleva una donna e l’ha avuta: Marianna Caronia. La dinastia dei Figuccia’s però è una garanzia e affronterà la competizione elettorale a testa alta, forte di un seguito che non ha mai deluso. A Catania, sempre col Carroccio, regnano incontrasti Luca Sammartino e Valeria Sudano, compagni nella vita: l’uno capolista all’Ars, l’altra – che sogna già da sindaco – blindatissima alla Camera. Entrambi ex renziani ed ex Pd.

Tornando nel capoluogo, impossibile non notare la potenza dei Tamajo: accolto in Forza Italia da Miccichè, Edy (il figlio) ha fatto tutta la differenza del mondo alle Amministrative dello scorso 12 giugno. Il suo contributo è valso agli azzurri il sorpasso a Fratelli d’Italia all’interno della coalizione, più alcuni risultati di prestigio, come la presidenza del Consiglio (andata a Giulio Tantillo). Come ricompensa, è arrivato un assessorato per il padre Aristide, che si occuperà di istruzione, edilizia e manutenzione scolastica, mettendo a frutto il suo lavoro di funzionario dell’Ufficio scolastico regionale. Edy, che è candidato all’Ars, non dovrebbe avere alcun problema a ottenere la rielezione.

A Palermo, inoltre, ha scalato i vertici anche Andrea Mineo, giovane rampollo di casa Mineo: il padre Franco, classe ’58, è stato deputato all’Assemblea regionale, prima di essere coinvolto in controverse vicende giudiziarie. Il figlio, dopo un’intensa gavetta coi giovani di Forza Italia e una lunga esperienza da consigliere comunale, è il nuovo assessore al Patrimonio comunale e alla Transizione ecologica. Le ultime operazioni di un certo peso hanno riguardato anche Raffaele Lombardo, ex presidente della Regione siciliana, assolto di recente dall’accusa di corruzione: Matteo Salvini gli aveva proposto di candidarsi al Senato, ma lui ha rifiutato. I tempi per tornare alla politica attiva non sono ancora maturi. Ha preferito, piuttosto, ‘sistemare’ nel listino di Schifani il nipote Giuseppe, apprezzato assessore comunale a Catania. Ovviamente in quota Autonomisti. Al nuovo Mpa è approdato anche il movimento Ora Sicilia, capitanato da un altro figlio d’arte: si tratta di Luigi Genovese, che corre per la seconda legislatura a palazzo dei Normanni. Il padre Francantonio, ras di voti nel Messinese, ha temporaneamente abbandonato la politica attiva per alcuni guai giudiziari. E’ stato anche segretario regionale del Pd, oltre che deputato nazionale (anche di FI).

Si è esaurita, invece, la spinta di un’altra coppia: quella composta da Giusi Bartolozzi, deputato uscente alla Camera, e Gaetano Armao, vicegovernatore in carica e candidato alla presidenza della Regione (oltre che al Senato) con il Terzo Polo. Hanno pasteggiato per anni grazie alla fiducia di Silvio Berlusconi, che li ha accolti ad Arcore come “salvatori” (nel caso di Armao, come leader gli Indignati). Ora hanno scelto altre strade. La compagna, impegnata nel coordinamento della campagna elettorale del vice-Musumeci, non si è candidata ad alcun ruolo: né a Roma, tanto meno a Palermo. Osserverà da dietro le quinte le mosse del compagno, che in attesa di intraprendere la nuova esperienza con Calenda e dare l’assalto a palazzo d’Orleans, si gode gli ultimi giorni da vicegovernatore di un esecutivo di centrodestra. Contro il quale si appresta a duellare nei comizi. Certo che servirebbe uno bravo per capire come sono compatibili i due ruoli.